Ho la percezione che le facoltà di quest’Ateneo siano ammalate di lascivia. Ascolto e vedo e leggo continue attestazioni e rivendicazioni di grande libertà intellettuale, spesso con divergenze sostanziali e addirittura, udite udite, propositive. E poi però alla resa dei conti, tutte queste bellissime iniziative si riducono a paventate tattiche, a strategie di equilibrio, a momenti di richiamo alla propria numerosità, al proprio peso in quanto cifra. Cioè io alzo la voce quando si avvicinano i momenti decisivi, così tu detentore del potere sai che devi darmi qualcosa. Dicasi politichetta, né più e né meno quella a cui siamo stati abituati dai più alti e nobili vertici della nostra evolutissima democrazia.
Francamente, sono deluso più da chi non si è candidato avendo qualcosa di compiuto e sensato da dire, piuttosto che da chi è già in carica e non ha fatto nulla di soddisfacente o da chi è stato spinto nella corsa in quanto “uomo di”.
E non avrei mai immaginato che il dopo-Latteri potesse essere così uguale al pre-Latteri e al durante-Latteri, se non addirittura più cupo e tornacontista.
Quando mi sono iscritto a questa Università, credevo – forse con troppa ingenuità – di poter trovare un ambiente migliore rispetto alla governance d’attitudine lobbistica di cui la nostra amministrazione comunale è da anni incontrastato baluardo. Invece è addirittura peggio, perché i percorsi che conducono all’illusoria concordia sono tanto più unanimi quanto più frazionata in faide è la comunità accademica.
Inviato da: Pirru, 9 giugno 2008 16:16
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