In queste settimane via Crociferi e la scalinata Alessi sono state prese dassalto dagli studenti dellIstituto darte, che sfrattati dal Collegio dei Gesuiti hanno vegliato sulla loro scuola
Gli studenti: «Finalmente anche per noi un posto dove studiare»
Dopo l’annuncio del reperimento della nuova sede, è iniziato ufficialmente il trasloco da via Crociferi al viale Vittorio Veneto per gli iscritti e il personale dell’Istituto d’Arte di Catania.
Gli studenti, intanto, come impiegano il loro “tempo libero”? Paradossalmente a scuola. Nella loro ormai ex scuola; anzi, sui gradini, ad osservare ogni movimento, restando idealmente vicini al loro Istituto e facendo gruppo. Un gruppo che è stato saldo per tutta la durata delle proteste e che continua ad esserlo anche in questo momento di transizione.
Tra i molti ragazzi in attesa di iniziare l’anno scolastico, Claudia Lombardo – quest’anno iscritta al primo – ci ha raccontato come ha vissuto con i suoi compagni di “scalinata” questo strano settembre.
Dovendo fare un bilancio complessivo sullo stato d’animo che ha caratterizzato questo periodo così difficile, cosa diresti?
«La situazione è stata disastrosa sin dall’inizio. Ci ha pesato molto ma, soprattutto, ha pesato ai nostri genitori che non riuscivano a capacitarsi di ciò che stava accadendo. Il clima era sempre teso e tutti ci sentivamo a disagio per l’instabilità e l’insicurezza nella quale ci avevano fatto sprofondare».
Si è tanto discusso sul diffuso malcontento che si è generato quando avete saputo che la nuova sede sarebbe stata quella della scuola “Brancati” di Librino. Perché tanto disappunto?
«Il problema non era solo il modo in cui arrivare in un quartiere così lontano dal centro e neanche il dispiacere di andare a scuola in un quartiere come quello di Librino. Il problema più grande era un altro. La Provincia ci avrebbe dato due plessi. Uno era quello in cui c’era la “Brancati” e, nonostante fosse piccolo, poteva pure andare. L’altro edificio era assolutamente inagibile. Era diventato una vera e propria discarica; non c’erano porte e quindi dovevamo entrare dalle finestre; i muri erano imbrattati di sangue. Era veramente schifoso».
Vista la situazione come vi siete mossi? Cosa avete fatto per evitare quel trasferimento e ottenere una sede più confacente alle vostre esigenze?
«Ovviamente noi abbiamo organizzato molti cortei di protesta che, però,sono valsi a poco. Quando abbiamo bloccato la viabilità nella zona dei Quattro Canti ci hanno obbligato ad andarcene, altrimenti non avrebbero fatto partecipare la Preside alle riunione nelle quali si decidevano le nostre sorti».
Vedendo che i cortei non funzionavano non avete pensato a qualcosa di più incisivo?
«Certamente. Abbiamo pure tentato di coinvolgere Striscia la notizia, ma nonostante le incessanti telefonate, purtroppo non abbiamo avuto nessuna risposta. Qualche giorno prima di sapere della nuova sede stavamo organizzando un’occupazione dell’ex Collegio. Ci avevano detto che così facendo probabilmente saremmo passati dalla parte del torto, ma noi volevamo provare lo stesso. Poi, però, abbiamo appreso della nuova sede e abbiamo rinunciato».
Quale stato il contributo dei vostri genitori in tutto ciò?
«I nostri genitori ci hanno sempre sostenuto e invogliato a lottare, partecipando con noi ai cortei. Ma, anche loro, consci del fatto che la protesta in piazza non dava alcun frutto, hanno deciso di agire per vie legali. Hanno raccolto una quota ciascuno e si sono fatti assistere da un avvocato. È stato proprio questo ad evitarci la “Brancati”».
Ora sembra che la situazione sia destinata a stabilizzarsi. Voi che ne pensate della nuova scuola? Come vi proiettate al vostro nuovo anno scolastico?
«La nuova scuola ci piace. La Provincia l’ha affittata per due anni; dopo forse ci trasferiranno in una sede vicino all’Istituto Aeronautico, ma questo è ancora un grosso punto interrogativo. La nuova scuola ha duecento aule e sono tutte grandi, comunque in grado di ospitare gli ingombranti macchinari dei nostri laboratori. Ora siamo tutti più sollevati anche se all’inizio avevamo paura di rischiare l’anno a causa delle assenze forzate. Tuttavia la Preside ci ha promesso che non accadrà una cosa del genere, assicurandoci in ogni caso il sei politico. Ovviamente dovremo procedere più velocemente con i programmi delle materie e, forse, vedremo accorciate le nostre vacanze. Però siamo contenti che finalmente anche noi avremo un posto, una scuola, in cui ritornare a studiare».