Le escursioni dell'associazione Marecamp di Aci Castello sono una suggestiva occasione di incontro con i cetacei, nonché utili per la ricerca. «Ci scelgono solo stranieri, ci piacerebbe rivolgerci ai catanesi», dice l'esperta Clara Monaco. Guarda video e foto
Gli eco-tour nel mare di Catania in cerca dei delfini Biologa: «Ogni esemplare ha dieci foto e un nome»
«Divertirsi guidando il gommone o osservando gli animali, senza dimenticare che il mare è un habitat da tutelare». È questa la regola d’oro alla base degli eco-tour organizzati nel golfo di Catania dall’associazione Marecamp di Aci Castello. Fondata dal 2001, riconosciuta dal Coni e dalla Regione Siciliana, il sodalizio è un connubio equilibrato tra sport e natura: da una parte c’è Dario Garofalo, campione mondiale di endurance, medaglia d’oro al valore atletico, tecnico della nazionale giovanile per due anni e discendente da quattro generazioni di pescatori; dall’altra ci sono i biologi marini che si autofinanziano per fare ricerca sui cetacei locali e che curano la parte legata alla componente ambientale, di educazione al mare e di divulgazione scientifica.
«Se un campione pilota di motonautica come Dario, abituato ad andare in mare a velocità elevate, ha imparato a rispettare questo ambiente – sorride la biologa marina, Clara Monaco – allora io credo che possano farlo tutti». È lei una delle responsabili del progetto Osservazione e conservazione dei delfini nel Golfo di Catania. «Uscite in mare alla ricerca dei delfini ha una doppia missione: conoscerli ma anche informare – ci tiene a precisare a MeridioNews la biologa – sui comportamenti da tenere per evitare di disturbarli o causare loro danni fisici che portano agli spiaggiamenti». Poche regole ma chiare: non avvicinarsi troppo, non procede a velocità elevate, non urlare, non fischiare, non provare a toccarli. «Il delfino, pur non essendo un animale offensivo – precisa Clara – pesa comunque 600 chili ed è un animale selvatico potenziale portatore di malattie. Dunque, queste precauzioni fanno bene sia agli animali che a noi».
Ogni eco-tour dura circa due ore. Si parte dalla sede dell’associazione, ad Aci Castello, «quando siamo ancora sulla terraferma – illustra la biologa – fornisco tutte le informazioni sul golfo, sull’area marina protetta e sul codice di buona condotta da tenere durante l’osservazione. Poi – continua – attraversiamo la strada e saliamo sul gommone. Durante il viaggio rispondo a tutte le curiosità e fornisco i binocoli per guardare meglio da lontano. In caso di avvistamento, noi non seguiamo i delfini ma sono loro che si avvicinano per curiosare nei dintorni della barca. A quel punto – aggiunge – impongo il silenzio e faccio le spiegazioni sottovoce». Al 90 per cento questo tipo di escursione è scelto da turisti stranieri, soprattutto francesi, tedeschi e olandesi. «Gli italiani non sono comunque quasi mai locali – sottolinea – invece a noi piacerebbe molto poterci rivolgere ai catanesi che con il fai-da-te non sono educati e spesso, con il loro modo di fare sbagliato, sono la causa degli spiaggiamenti».
Nata come associazione per motonautica e attività sportive in mare, Marecamp ha inglobato le tematiche ambientali con l’esperienza dei biologi marini che ne sono parte attiva. Il ricavato degli eco-tour, oltre a dare alle persone disabili la possibilità di fare esperienze sportive e naturalistiche gratuite, serve per aiutare i ricercatori locali nella raccolta dei dati essenziali per censire balene e delfini del golfo catanese, monitorandone lo stato di salute. «Sono otto le specie presenti – descrive Clara – tra queste c’è anche il delfino comune, specie inserita nella lista rossa degli animali da tutelare, e questo mese l’abbiamo avvistato già due volte anche con un cucciolo». Poi anche balenottere e capodogli, tursiopi e stenelle striate.
Oltre all’accompagnamento, le escursioni servono per raccogliere dati scientifici. «Nel nostro catalogo ancora in itinere abbiamo una trentina di esemplari di tursiopi – spiega la biologa marina esperta di delfini – Ognuno di loro viene identificato in base alla pinna che è un po’ quello che per noi sono le impronte digitali». Con un minimo di dieci foto, all’animale viene dato un numero e un nome e viene inserito nel catalogo. «Ci sono delfini avvistati molti anni fa che continuiamo a vedere e che cataloghiamo come residenti, di altri abbiamo potuto stabilire le amicizie – continua – perché stanno spesso insieme, mentre altri che hanno accanto i cuccioli abbiamo capito che sono sicuramente delle femmine».