Nel documento che i carabinieri consegnano ai pm etnei, si leggono chiaramente le parole che l'allora titolare del Bilancio utilizza nel dialogo con l'imprenditore di Simei Gianluca Chirieleison. Ecco tutti i particolari della tentata concussione e la cronistoria che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per l'ex assessore
Girlando, i dettagli dell’inchiesta e le intercettazioni Azienda non pagata per punire consigliere Messina
Un cellulare che registra parole pesanti, una delibera lasciata a morire con i soldi che avrebbero potuto salvare un’azienda, e un assessore che si dimette per evitare, forse, una richiesta di misura cautelare. La vicenda legata alla tentata concussione aggravata a carico dell’ex titolare del Bilancio, Giuseppe Girlando, fa emergere una brutta storia in cui a farne le spese sono stati, alla fine, i lavoratori della Simei spa, la società che gestiva la pubblica illuminazione per conto del Comune di Catania. Ora fallita e in forte crisi economica durante i fatti al centro dell’inchiesta, nonostante fosse creditrice di circa quattro milioni di euro da parte dell’ente.
Per capire la vicenda bisogna analizzare i fatti dell’ultimo anno. A partire dal gennaio del 2016, quando la giunta vota una delibera per abbattere il debito milionario nei confronti dell’Ati di cui fa parte la Simei, diretta da Gianluca Chirieileison, ma anche l’Enel come capofila. Nel documento, l’avvocatura e gli uffici responsabili inseriscono una bozza della transazione in cui è specificato che la somma da versare a Simei dovrà essere divisa in tre parti. Una prima tranche, di circa un milione di euro, da pagare entro 60 giorni dalla firma della transazione, e altre due da versare contestualmente all’approvazione del bilancio 2016-2018. Un testo che, però, non verrà mai mandato ad Enel e che, appunto, rimane arenato negli uffici di Palazzo degli Elefanti.
Lo stallo dura a lungo, un periodo di tempo durante il quale il direttore di Simei cerca in tutti i modi di entrare in contatto con i responsabili politici dell’approvazione, per chiedere lumi sugli inspiegabili ritardi. Chirieleison prova prima di tutto con la giunta, attraverso lo stesso Giuseppe Girlando, unico indagato per questa vicenda, e il vicesindaco Marco Consoli che, secondo il nucleo investigativo dei carabinieri, ha sempre difeso il suo collega Girlando, addossando le colpe dei ritardi su Uccio Russo, membro dell’avvocatura del Comune.
Chiamate e messaggi che, se da un lato denotano l’interesse dell’imprenditore per lo stato di salute della sua impresa, dall’altro mettono in mostra una politica poco attenta, che rimanda e passa la responsabilità ai suoi uffici tecnici. Infine, dopo una lunga attesa, Chirieleison viene contattato dall’ex assessore per un incontro, che avviene nel febbraio del 2016, nello studio di palazzo dei Chierici. E durante il quale il direttore accende il registratore del proprio cellulare. Le parole utilizzate da Girlando, riportate all’interno dell’informativa che gli uomini dell’Arma consegnano alla procura, sono chiare: il dilungarsi dei tempi sarebbe un modo per punire il consigliere Manlio Messina, amico fraterno di Chirieleison, che proprio in quel periodo stava disturbando l’iter di approvazione della delibera sulla società Sostare, fortemente voluta dall’amministrazione. Ed è un Girlando infuriato quello registrato da Chirieleison, che senza mezzi termini fa capire all’imprenditore di essere stanco dell’atteggiamento di Messina e che il pagamento alla Simei non si sbloccherà fin quando il consigliere non smetterà di mettersi in mezzo all’operato della giunta.
La circostanza viene confermata dallo stesso Manlio Messina che, prima intercettato e poi interrogato, afferma che nello stesso periodo Girlando gli chiese di essere più accondiscendente nei confronti della delibera Sostare, minacciando che, in caso contrario, avrebbe messo mano a una vicenda a lui cara. Il riferimento, secondo gli investigatori, è chiaramente alla Simei. Dalla documentazione emerge inoltre il comportamento del Comune che, forse per tergiversare, convoca l’Enel l’1 marzo del 2016, senza avere però una bozza dell’atto transattivo. Ed è così che il 26 aprile dello stesso anno, l’avvocato Uccio Russo manda una mail a Girlando e chiede perché si stia perdendo ancora tempo, affermando di aver già espresso parere favorevole.
Nel frattempo Enel, che ancora non ha ricevuto nulla dagli uffici, entra in possesso della bozza della transazione scaricando il testo dal sito del Comune, ma si accorge che rispetto alla cifra pattuita mancano le somme dell’Iva e per questo motivo chiede chiarimenti agli uffici. Tutto, però, è ormai monitorato dai carabinieri che, dopo la consegna del file contente il dialogo tra Chirieleison e Girlando, hanno avviato un’indagine a 360 gradi, intercettando tutti gli attori coinvolti nella storia. Si arrivata al momento della risposta e il Comune invia una nuova bozza della transazione all’Enel, cambiando però una piccola ma fondamentale clausola. Ed è qui che, stando all’accusa, si sarebbe consumato il tentativo di concussione.
Nel nuovo testo vengono inserite le somme dell’Iva, ma viene cancellato il riferimento al pagamento della prima tranche entro i 60 giorni dalla transazione, e si subordina l‘intera somma all’approvazione del bilancio 2016-2018. Perché? La modifica non è stata pattuita con i diretti interessati e i carabinieri si chiedono chi sia stato ad apporla. L’email di risposta a Enel viene inviata il 10 maggio dall’ingegnere Corrado Persico, responsabile della segreteria amministrativa. Ma lo stesso Persico, consegnando la nuova bozza agli uomini dell’Arma il 12 maggio, dirà di non aver deciso lui la modifica. Tuttavia, in una telefonata con Roberto Giordano, direttore generale della Ragioneria comunale, ascoltata dai carabinieri, a uscire fuori come responsabile di quel decisivo cambiamento è proprio il nome di Giuseppe Girlando.
Infine, se si dovesse arrivare a processo, dal Comune di Catania trapela la notizia che l’ente potrebbe costituirsi parte civile.