Due intimidazioni nel giro di poche notti, entrambe rivolte alle saracinesche di due panifici. E a Gela si torna a pensare al conflitto tra ribassisti e lealisti, le due categorie che nel 2012 si fronteggiarono in merito al prezzo medio. Già allora ci furono delle intimidazioni, a cui seguì l'accordo: due euro e cinquanta al chilo
Gela, spari contro due panifici in 48 ore Si teme il ritorno della guerra del pane
Tornano i colpi di pistola alle saracinesche di alcuni panifici e a Gela si torna a temere la «guerra del pane», che nel 2012 vide più esercenti raggiunti da proiettili con chiaro scopo intimidatorio, per impedire ribassi eccessivi. Tra i panificatori gelesi esiste da anni una sorta di cartello, o di accordo commerciale di non belligeranza, per vendere il cibo da forno a un prezzo minimo.
Ieri notte a essere preso di mira è stato il negozio Ventura, in corso Salvatore Aldisio, in pieno centro storico. Indaga la polizia, che potrebbe rifarsi alle immagini di videosorveglianza degli altri esercenti commerciali. La notte prima, fra mercoledì e giovedì, altri tre colpi di pistola sono stati esplosi contro L’Arte del Pane, nel quartiere periferico Settefarine. In questo caso le indagini sono condotte dai carabinieri. Gli inquirenti non escludono che i due episodi siano collegati fra loro.
Attualmente il prezzo base di un chilo di pane – che serve da metro di valutazione per tutti i derivati – è di due euro e cinquanta. Un accordo raggiunto proprio all’indomani del conflitto sorto tra ribassisti e lealisti, durato alcuni mesi con aspri scontri verbali. Al culmine delle polemiche a essere colpiti da alcuni colpi di pistola, nell’ottobre 2012, fu prima la saracinesca del panificio San Giacomo – tra i rappresentanti dei ribassisti – e successivamente il garage del più grande panificio della città, quello di Gaetano Marinetti che a lungo è stato presidente dei panificatori della Confartiginato di Gela nonché massimo sostenitore dei realisti.
Ancor’oggi le posizioni tra le categorie rimangono le stesse di allora: i ribassisti sostengono che, specie in tempi di crisi, è necessario abbassare i prezzi; i lealisti invece spiegano che non si può scendere al di sotto di determinate soglie senza ricorrere al lavoro nero e all’evasione fiscale.