Gela, l’acqua del Comune venduta da autobotti private «Impiegato dava chiavi in cambio di 400 euro al mese»

Nella Gela assetata di questo fine agosto, provata duramente dalla crisi idrica che nelle ultime settimane ha messo interi quartieri in ginocchio, c’è anche chi con l’acqua aveva deciso di farci i soldi, in maniera illecita naturalmente, rubando di fatto il prezioso liquido da una colonnina di approvvigionamento del Comune con la complicità di un dipendente pubblico.

La scoperta è stata effettuata dagli uomini del locale comando della guardia di finanza che questa notte hanno fatto scattare le manette per Rosario Moscato, 52 anni, dipendente comunale, e Gaetano Cassarà, 43 anni, proprietario di un’autobotte. L’ordinanza di custodia cautelare è stata eseguita stamane all’alba dopo che il gip ha adottato i provvedimenti richiesti dalla Procura. Entrambi sono finiti agli arresti domiciliari.

Stando alle indagini a ideare il sistema sarebbe stato proprioCassarà, uno dei tanti padroncini delle autobotti, attività che in città ha un mercato piuttosto diffuso. L’imprenditore avrebbe stretto un accordo con il dipendente comunale Moscato, grazie al quale poteva sistematicamente andare a rifornire la propria autobotte in maniera fraudolenta presso il punto di approvvigionamento comunale situato a valle di Montelungo, alla periferia ovest della città.

Cassarà, dopo aver dato un compenso in denaro al dipendente infedele, rivendeva l’acqua agli ignari cittadini. Secondo l’accusa Moscato, attualmente in servizio al settore Lavori pubblici, in virtù di un suo precedente incarico nel settore Ambiente, risalente a diversi anni addietro, avrebbe continuato a disporre illegittimamente delle chiavi necessarie a poter sbloccare l’erogazione idrica nei punti di sbocco comunali. Un sistema collaudato che secondo gli inquirenti potrebbe essere andato avanti per anni portando nelle tasche dei due complici notevoli guadagni. Secondo i magistrati il dipendente comunale avrebbe ricevuto un compenso di 400 euro mensili per la sua disponibilità.

L’indagine, partita casualmente a seguito di alcune intercettazioni telefoniche riguardanti altre indagini, inquadra il periodo compreso tra febbraio e aprile di quest’anno. Sono 25 gli episodi contestati. L’attività illecita andava avanti alla luce del sole, in un punto della città dove vedere autobotti che si riforniscono non è affatto insolito. Questa situazione avrebbe consentito ai due di proseguire indisturbati nella loro attività per diverso tempo. Secondo elementi investigativi raccolti durante le intercettazioni i due soggetti erano anche alla ricerca di un’arma da fuoco, verosimilmente per compiere azioni delittuose a carattere intimidatorio a carico di qualche dipendente o dirigente troppo zelante. Ecco perché viene loro contestata anche l’accusa di detenzione di arma comune da sparo, non ancora però ufficialmente ritrovata.

I due indagati, per comunicare tra loro, utilizzavano una sorta di alfabeto Morse. «A ogni squillo – dice Giuseppe Gradillo, capitano della Finanza e comandante del Gruppo di Gela – corrispondeva un comando. Bastava un certo numero di squilli per fare in modo che gli interessati si trovassero in un determinato punto, lontano da occhi indiscreti e senza che vi fosse comunicazione telefonica tra loro. Gli episodi – continua Gradillo – avvenivano sempre al di fuori dell’orario lavorativo di Moscato. Abbiamo il sospetto che tale sistema andasse avanti da almeno quattro anni».

Lo stesso procuratore che in questi mesi, con gli uffici della Procura, sta portando avanti anche un’altra indagine che vede coinvolti dipendenti e dirigenti comunali sulla presunta cattiva gestione del servizio integrato di raccolta rifiuti, stende un’ombra inquietante sul Palazzo di Città: «Il Comune – afferma – è ancora permeabile alla criminalità. Faccio riferimento anche ad altri procedimenti e altri dipendenti nei confronti dei quali viene esercitata l’azione penale».

Conferma le tesi del procuratore il comandante della Finanza. «È riduttivo legare questa attività criminosa esclusivamente alla crisi idrica – dice il capitano Gradillo – ritengo che un illecito di questo tipo sia maggiormente favorito dove c’è un problema di funzionalità dell’amministrazione comunale. È più che altro – conclude – un problema legato all’inefficienza dei singoli settori del Comune».


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