In conferenza stampa il procuratore Fernando Asaro ha corretto alcuni dettagli della tragedia che erano emersi in questi giorni. La madre avrebbe tentato il suicidio strangolandosi col flessibile della doccia, ma è stata fermata dal marito. «La tutela della dignità umana supera il diritto all'informazione», ha precisato
Gela: bimbe morte per asfissia, non c’era candeggina Procura: «Nessun ravvedimento da parte della donna»
Sarebbero morte per «asfissia meccanica violenta» e non per aver ingerito a forza la candeggina, le due bambine di 7 e 9 anni che il 27 dicembre sono state uccise dalla madre a Gela, in un’abitazione del centro storico. È quel che emerge dalla conferenza stampa indetta questa mattina, dopo tre giorni di indagini, dal procuratore Fernando Asaro. Per la donna è scattata la convalida dell’arresto e quindi la custodia cautelare in carcere. L’accusa è di omicidio aggravato per essere stato commesso contro un discendente.
Il procuratore ha sostanzialmente confermato la ricostruzione della tragedia fatta dai giornalisti in questi giorni, chiarendo quei particolari errati che nella confusione sono stati dati. «Non c’era un balcone, anche perchè l’abitazione è al primo piano, e quindi la donna non ha tentato di gettarsi – ha detto Asaro – così come le bimbe non sembrano aver ingerito candeggina. Nella ricostruzione che abbiamo fatto, il marito torna alle 13 dopo una giornata di lavoro fuori città, mezz’ora in anticipo rispetto al previsto e con la spesa in mano. Saluta un vicino e apre la porta di casa, dove trova le due bimbe ormai cadaveri. A questo punto l’uomo urla attirando così le attenzioni del vicino. In bagno la donna stava tentanto il suicidio, provando a strozzarsi col flessibile della doccia e tagliandosi con un coltello».
Sono gli unici particolari che il pubblico ministero fa trapelare, mantenendo poi uno stretto riserbo sulle relazioni personali della donna che «non hanno rilievo dal punto di vista penale. Da rispettare – ha continuato Asaro – oltre al naturale segreto istruttorio, c’è un principio costituzionale come la dignità umana, che supera il diritto all’informazione. Possiamo solo dire che nessun elemento faceva pensare a risvolti del genere, alla furia che si è scatenata. Dal punto di vista psichiatrico è ancora presto per definire se ci fosse capacità di intendere e volere. E non abbiamo riscontrato ravvedimento».
Un agire «in punta di piedi» confermato anche dal comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Gerardo Petitto e dal maggiore Antonio De Rosa, comandante del reparto territoriale di Gela. È stato proprio lo stesso marito a salvare la moglie che, in un orario compreso tra le 9 e le 13, ha ucciso le due figlie. La donna è ricoverata al reparto di Chirurgia (e non Psichiatria, come si è detto in un primo momento) dell’ospedale Vittorio Emanuele, dove è stata tenuta sotto osservazione dai militari in una stanza senza finestre e nelle prossime ore verrà trasferita in carcere.