Gasolio agricolo, maxi-truffa da 75 milioni Rivenduto a prezzo pieno nei distributori

Rivendevano gasolio agricolo e carburante destinato all’estero a prezzo pieno in alcuni distributori della rete stradale e in altri rifornimenti abusivi. Tutto grazie alla complicità di depositi e società compiacenti, che firmavano false attestazioni e fatture, emesse da una società cartiera campana.  Questa l’accusa con cui all’alba di oggi la Guardia di finanza ha eseguito in totale 29 misure cautelari di cui 14 arresti domiciliari e quindici provvedimenti di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, nonché il sequestro preventivo di 25 impianti di distribuzione stradale di carburante ubicati tra le province di Catania, Ragusa, Siracusa ed Enna. L’operazione, denominata Nespola, ha coinvolto oltre 150 finanzieri del comando provinciale di Catania, a conclusione di un’indagine coordinata dalla procura distrettuale della Repubblica etnea che ha coinvolto più di cento persone. L’ammontare delle imposte evase sugli oltre 1milione e duecentomila litri di carburante stimati, ammonta tra tasse iva e accise a oltre 75milioni di euro. 

Tra i 14 arrestati, Sergio Leonardi era a capo dell’organizzazione e gestore di fatto di un distributore stradale di Catania e principale artefice dell’opera di convenzionamento dei distributori ossia di ricerca sul mercato di operatori commerciali compiacenti, che si avvaleva della collaborazione di Eugenio Barbarino, titolare della ditta Petrol service, di Alessandro Primo Tirendi, titolare della Tiroil srl di Catania. Damiano Sciuto, cognato di Leonardi, gestiva formalmente i distributori stradali per la realizzazione del secondo sistema di frode messo in atto con la società cartiera campana Gisape, amministrata effettivamente da Giuseppe Savino. Tra gli arrestati anche Giuseppe Forte, pensionato catanese, che agiva da broker nel settore operando, tra l’altro, con l’ausilio del figlio Salvatore. Francesco Tomarchio, all’epoca dei fatti dipendente di un’azienda che si occupava della manutenzione di impianti, era invece esperto nella manomissione del conta litri delle colonnine dei distributori di carburante: la contraffazione dei contatori si rivelava essenziale per eludere i controlli fiscali. 

Per i 15 indagati è stata applicata la misura dell’obbligo di presentazione, tra questi vi è anche una figura di spessore criminale quale quella di Salvatore Messina, organico al clan Cappello di Catania, attualmente detenuto presso il carcere di Caltanisetta, particolarmente attivo nella distrazione dagli usi consentiti del gasolio agricolo nonché nella ricerca di illeciti canali di approvviggionamento del carburante.

La Guardia di finanza ha rilevato, dato il volume di carburanti stimabile in oltre un milione e 200mila litri, la sottrazione a tassazione di oltre 45 milioni di euro in materia di imposte dirette, Iva per circa 30 milioni di euro, accisa per circa 4 milioni di euro e Irap per oltre 1,5 milioni di euro. Le accuse vanno dall’associazione a delinquere finalizzata al contrabbando di prodotti petroliferi immessi nel mercato nazionale in evadendo le imposte e l’Iva, l’utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, falso ideologico, frode in commercio e turbata libertà del commercio.

Le indagini, portate avanti dal nucleo di polizia Tributaria di Catania, hanno fatto emergere due sistemi di frode attraverso i quali i componenti dell’associazione criminale si rifornivano del carburante di “contrabbando”. Il primo rappresentato dall’utilizzo di gasolio agricolo, che è sottoposto a tassazione agevolata, prelevato da un deposito compiacente di Scordia, gestito dalla Gp carburanti dei fratelli Mauro e Augusto Pillirone. Su dei falsi libretti per Utenti macchine agricole venivano annotati di volta in volta i prelievi di carburante agevolato, poi venduto ad autotrasportatori attraverso rifornimenti abusivi effettuati in zone di sosta e capannoni. Queste aree venivano gestite in assenza di qualsiasi precauzione antincendio e in spregio a ogni norma di sicurezza, con rischi elevatissimi per l’incolumità di coloro che si trovavano a maneggiare il prodotto ovvero in transito nell’area. 

Un secondo canale illecito di approviggionamento del gruppo criminale prevedeva il prelievo del prodotto petrolifero direttamente da raffinerie, siciliane e campane, tramite le società Comeco srl di Siracusa e la Petrol service sas di Catania, e lo rivendeva senza l’applicazione dell’Iva al 21 per cento. Ciò era possibile redigendo false dichiarazioni d’intento emesse dalla società cartiera campana Gisape srl, sconosciuta al Fisco e amministrata formalmente da tale Luigi Barbato, in realtà già titolare di un salone da parrucchiere. Secondo le false dichiarazioni il prodotto era fittiziamente destinato all’estero in esenzione di imposte. In realtà il carburante non lasciava mai il territorio siciliano, dove veniva prontamente messo in consumo attraverso i canali ufficiali di vendita utilizzando distributori stradali di carburanti prevalentemente localizzati a Catania e in provincia che lo rivendevano ai normali prezzi di cartellino agli ignari consumatori finali.


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