Garibaldi? Lo spiego in podcast

Un radiodramma sulla Rivoluzione Americana o sul Risorgimento. I romanzi di Calvino e quelli John Fante spiegati via podcasting. E, a mo’ di tesina, un videotrailer da portare all’esame di Stato. Così la lezione diventa un format. Un nuovo modello didattico, alternativo e innovativo, che cerca di coniugare l’apprendimento degli studenti con i mutamenti tecnologici; le pagine di storia, matematica e letteratura con gli strumenti del web 2.0, (audio, video, blog) oggi a disposizione degli insegnanti. Senza trascurare l’influenza dei media televisivi e radiofonici.

È l’orizzonte cui guardano gli insegnanti che hanno partecipato a Torino, il 18 maggio, al primo convegno nazionale di studio sul tema “Il format della lezione. I linguaggi del Web 2.0 per la scuola e il mobile learning”. I docenti si chiedono se è possibile continuare a praticare la professione di insegnante, dalle scuole elementari all’università, senza rimettere in discussione i tradizionali compiti. E quali format, derivati dall’esperienza concreta delle scuole, sono oggi disponibili e possono essere presi a modello di una ricerca.

I modelli didattici. In una scuola media milanese, ad esempio, si sta lavorando a una capillare formazione dei docenti, al fine di progettare dei video sintetici (un format che condensa in pochi minuti alcuni concetti essenziali attraverso la drammatizzazione e la sceneggiatura di episodi concreti), su specifici argomenti di carattere scientifico. “I format proposti hanno fatto largo uso delle tecniche di Croma Key – racconta Cesare Benedetti, professore e responsabile del progetto scolastico Videocamera – grazie alle quali è possibile creare dei personaggi che appaiono a schermo e spiegano argomenti scientifici come la scomparsa di alcune specie animali o concetti di architettura. Pillole di lezioni video prodotte dagli allievi sulla scia dei modelli documentaristici, ma erogati attraverso il podcasting”. Un altro lavoro è quello svolto da Alberto Pian, insegnante di italiano e storia presso l’IIS Bodoni Paravia di Torino; pioniere del podcasting didattico in Italia; in questo caso si va dalla “lezione su John Fante per capire come si analizza un testo, come si ricavano delle riflessioni, come si possono stabilire dei collegamenti ad altri autori e testi”, alla “stesura spontanea di hit parade di autori, testi, brani significativi e tematiche”.
In poco tempo, come ha sottolineato uno studente, viene rivisto il programma svolto e si stabilisce con questo un rapporto personale. Ma c’è anche la possibilità di ripassare gli argomenti trattati. “La classe viene divisa in gruppi – spiega Pian – ogni gruppo ha un tema e un foglio preimpostato per realizzare una ipotetica trasmissione, suddivisa in quattro parti: il messaggio di benvenuto, un testo di partenza sul quale devono essere esplicitate due riflessioni, una sezione che prevede di collegare altri tre testi di autori diversi e una chiusura della trasmissione. Quindi si registra immediatamente il risultato del lavoro, cioè un episodio radiofonico creato sul momento. E il prodotto piace moltissimo”.

A entusiasmare gli insegnanti è la partecipazione attiva degli allievi alla costruzione di un processo di apprendimento. Inoltre, gli esempi discussi durante il convegno hanno mostrato come la lezione fornisca ai ragazzi oltre ai contenuti anche un metodo di lavoro e di ricerca.
Si aprono perciò scenari completamente diversi dal modello tradizionale secondo il cui “format” si riduce a: spiegazione – assegnazione di un compito – interrogazione. “Questo approccio, anche in una materia considerata, a torto, molto teorica e simbolica come la matematica, può essere rimesso in causa” sostiene Ornella Robutti, docente all’università di Torino. “Per questo – dichiara – una ricerca della Facoltà di Matematica sta studiando il modo di insegnare e apprendere la materia filmando le lezioni di insegnanti e allievi delle scuole elementari e superiori per ricavare dati utili ai fini di un approccio costruttivo e pratico”.

Quali prospettive. D’altra parte, secondo alcuni dati presentati al convegno, entro il 2009 il 50 per cento dei corsi universitari dell’Unione europea sarà erogato online e l’80 per cento degli studenti prediligerà il mobile-learning. La scuola e l’università non possono dunque restare fuori da questa dinamica. Ma a quale prezzo? C’è il rischio di una sorta di spettacolarizzazione e banalizzazione dei contenuti ?
“Niente affatto – risponde Romeo Perrotta, fondatore della prima radio universitaria italiana a Siena – i format delle radio ‘didattiche’ sono soprattutto il frutto di lunghe e attente riflessioni, di una accurata progettazione”. Insomma conta mantenere un collegamento attivo fra gli studenti e i contenuti del sapere. “Parlare di format e riferirsi ai format radiofonici e televisivi, dunque, non vuol dire fare il verso ai media – continua – né svilire l’insegnamento, ma aiutare gli insegnanti a ridefinire in modo attivo e concreto il ‘clock’ della lezione con la partecipazione diretta degli studenti”. E poi i lavori audio e video trasmissibili via podcast e internet, “offrono agli studenti strumenti di padronanza linguistica, comunicativa e progettuale che oggi è molto difficile ottenere con i sistemi tradizionali”.

Semmai i problemi per i docenti sono altri: “Il primo è che le istituzioni, universitarie e scolastiche, difficilmente comprendono che si può uscire dai tradizionali schemi e quindi non hanno ancora capito che queste attività andrebbero supportate sul piano finanziario e tecnologico – sottolinea Enrica Salvatori, professoressa di storia medievale, all’Università di Pisa e prima docente universitaria a registrare le sue lezioni in aula e a erogarle via podcasting – ; il secondo problema è che ancora troppi docenti hanno paura dell’e-learning, non pensano alle lezioni come a qualcosa che può uscire dagli spazi della propria aula”. Mentre serve condividere esperienze e risorse “per stimolare un mutamento ormai necessario – dicono i prof – perché, questa forse la lezione di fondo, i cambiamenti non possono che essere incoraggiati dal basso”.

(articolo di Tullia Fabiani – da Repubblica.it)


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