Perché raccontare la realtà? Domanda ricorrente che in molti si pongono anche aldilà del festival. E raccontarla significa portare storie vere? Non necessariamente – potrebbe essere la risposta – perché raccontare significa anche trascendere la realtà in modo soggettivo, metaforico, surreale… Una commistione di realtà e immaginazione, finzione. Nel documentario In Fabbrica, per esempio, Francesca Comencini, operando su un materiale storico, che le è stato sottoposto, ha ricostruito un ruolo sociale pur sempre in maniera soggettiva e personale.
Francesca Comencini – classe 1961 – figlia di Luigi e sorella di Cristina, è una regista e sceneggiatrice che si è fatta apprezzare nel panorama cinematografico: vince con Pianoforte nel 1984 il “Premio De Sica”, miglior opera prima alla Mostra del cinema di Venezia. Lavora con il padre sia scrivendo insieme a lui Un ragazzo di Calabria nel 1987, sia come suo aiuto-regista per il rifacimento del famosissimo Marcellino pane e vino nel 1991. Autrice di documentari,ricordiamo il suo Elsa Morante, nel 2001 realizza Le parole di mio padre, ispirato a La coscienza di Zeno di Italo Svevo. Nello stesso anno raccoglie materiale per il duro reportage sugli scontri di Genova che diventerà Carlo Giuliani, ragazzo presentato al Festival di Cannes. Tra i film più riusciti c’è anche Mi piace lavorare. Mobbing, forse lo è un po’ meno A casa nostra, incentrato sul lavoro nero.
Coi ritmi frenetici di un treno in corsa come lo è un festival, per chi non ha potuto imbarcarsi in quell’aliscafo diretto a Salina, non resta che raggiungere di volata i tanto attesi ospiti via telefono. Finalmente dopo tante chiamate sentiamo l’agognato “Pronto…”. Ci risponde al volo tra un boccone veloce e la proiezione (a minuti) di un documentario che le piacerebbe tanto vedere. Nostra intenzione è non farglielo perdere.
Le è stata dedicata (insieme ad altri) la sezione “Finestra sul presente” durante la quale è stato proiettato il documentario In Fabbrica (2007): 74′ sul lavoro operaio, figura in risalto negli anni ’80. Poi tramontata, ora rimessa a fuoco dai media a causa dell’asprezza del precariato. Perché (e come) toccare una tematica così delicata?
‹‹Mi sono sempre occupata del settore lavoro e forse mai come in questo momento abbiamo sentito il bisogno di parlarne e di sentirne parlare, soprattutto per i giovani. Mettendo a confronto “l’ieri” con ”l’oggi”››.
La prima parte de In Fabbrica diremmo sia prettamente “didattica”, però poi sceglie di inserire la voce fuori campo anziché le didascalie, e aggiunge nell’ultima parte del materiale girato ex-novo, troppo breve per spiegare al meglio i cambiamenti del ruolo dell’operaio ai giorni nostri. Sembra quasi che stonino questi elementi con l’impostazione didattica iniziale…
‹‹C’è da dire che mi è stato commissionato (e prodotto) dalla Rai e il materiale da visionare fu davvero tanto. Volevo poi assolutamente introdurre con i filmati d’archivio anche uno squarcio sul presente. So di non essere stata esaustiva. Ma è stato il prezzo da pagare per un racconto storico così vasto››.
Se a casa non avesse respirato aria di cinema cosa pensa le sarebbe piaciuto fare?
‹‹(Pausa) Non le so rispondere. Tenderei a dire: sempre questo lavoro, perché ho voluto farlo aldilà della mia famiglia. Sì ho collaborato con mio padre, ma mantenendo un mio stile. Anzi… quando ero piccola, mi teneva lontana dal cinema, non ha mai voluto che andassi sui set. E’ stato un buon educatore, e non posso negare che i suoi insegnamenti siano serviti. C’è sempre stato un rapporto di valore molto profondo con lui››.
Che clima ha trovato al SalinaDocFestival?
‹‹Di fermento al Festival e frizzante in tutta l’isola. A parte lo scenario meraviglioso che accomuna le isole Eolie, a me, sembrerà banale, piacciono il verde e la campagna di Salina. E poi la sua semplicità e il suo essere ancora un po’ fuori dal mondo, dalla moda del momento… Splendida››.
Allora ci vorrebbe un film ambientato qui…
‹‹Magari!!! Per ora non mi è possibile››.
Le piacerebbe se qualcuno la definisse la sorella seria di Cristina o la farebbe sorridere?
‹‹(Ride) Io sono io››.
E la prossima volta, magari, vedremo questo “Io” in un “vis à vis” per non accontentarci di sentirlo tra rumori e fruscio. La Comencini: sta iniziando il film…
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