Dal 2005 al 2010 gli enti di formazione Anfe, Iraps, Anfes e Issvir, riconducibili a Giuseppe Saffo e il nipote Francesco Cavallaro, hanno ricevuto finanziamenti pubblici per 58 milioni di euro. Nove milioni sarebbero finiti proprio nelle loro tasche, grazie a quello che i magistrati definiscono «uno dei più grandi marchingegni truffaldini che operava in Sicilia». Servizi e beni venivano comprati a prezzi maggiorati dalle imprese delle rispettive mogli. Truffa mai emersa grazie a funzionari corrotti e la cui sede fisica era il lido Le Palme della playa. Si indaga anche su parenti di politici
Formazione, scoperta truffa da 9 milioni Sistema con finte società e funzionari collusi
Avrebbero creato società fittizie riconducibili a loro stessi o a familiari per usufruire dei finanziamenti destinati alla formazione professionale facendo finire nelle loro tasche nove milioni di euro. Con le accuse di peculato, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione, falso e frode fiscale, la guardia di finanza ha smantellato un’associazione a delinquere formata da dieci membri che aveva a capo Giuseppe Saffo, titolare del lido Le Palme di Catania, e il nipote Francesco Cavallaro. Quattro gli enti di formazione coinvolti, tutti con sede a Catania: Anfe provinciale (Associazione nazionale famiglie emigrati), Iraps (Istituto di ricerche e applicazioni psicologiche e sociologiche), Anfes (Associazione nazionale famiglie emigrati siciliani) e Issvir (Istruzione, servizi, sport, volontariato, italiano e regionale). Tra i progetti rregolari spiccano quelli denominati Asparago, Equal, Giovinezza e vittoria, Formazione e occupazione.
In cinque anni, tra il 2005 e il 2010, Saffo e Cavallaro avrebbero ricevuto complessivamente 58 milioni di euro per organizzare 115 corsi di formazione, 112 dei quali risultati irregolari. Il tutto grazie anche alla collaborazione di un funzionario della Regione in servizio all’ispettorato provinciale del lavoro di Catania, Rosa Maria Trovato, e alla totale assenza di controlli di secondo livello da parte della Regione. Le forze dell’ordine hanno messo in atto il sequestro preventivo dei beni per un valore di tre milioni 700mila euro. «Abbiamo fatto luce su uno dei più grandi marchingegni truffaldini che operava in Sicilia», afferma il sostituto procuratore Giuseppe Gennaro.
Quella che i magistrati portano oggi a conoscenza dell’opinione pubblica è solo la punta dell’iceberg. L’indagine continua e il mondo della formazione resta col fiato sospeso. Il sostituto Michelangelo Patanè parla di 41 imputazioni per peculato, 21 per truffa aggravata, 10 per fatture false, e ancora dichiarazioni fraudolente, riciclaggio, associazione a delinquere e corruzione. Le persone denunciate a vario titolo sono 52 in totale, ma i nomi ancora non si conoscono. Politici coinvolti? «Ci sono protettorati in corso di accertamento – spiega Gennaro – tra cui parenti di alcuni politici, ci sono persone importanti che hanno sollecitato contratti di insegnamento e ci sono questi insegnanti che potrebbero non aver insegnato molto».
Con l’operazione di oggi, denominata Pandora, per Saffo e Cavallaro è scattato l’arresto. Sono stati invece disposti i domiciliari per le mogli dei due, Concetta Cavallaro e Manuela Nociforo, titolari delle società da cui gli enti di formazione dei mariti compravano beni e servizi a prezzi maggiorati. Domiciliari anche per Eleonora Viscuso, tesoriere dell’Ente, Domenico La Porta, definito una sorta di factotum di Saffo, il funzionario regionale Rosa Maria Trovato, e gli imprenditori compiacenti Giuseppe Bartolotta e Biagio La Fata.
«La filosofia alla base del sitema era drenare soldi pubblici», spiegano senza mezzii termini i magistrati. Lo si faceva in famiglia. Di qualunque bene l’ente avesse bisogno – dalla risma di carta ai computer nuovi, fino persino all’acquisto del vitto per i partecipanti ai corsi – Saffo e Cavallaro si rivolgevano a ditte esterne: Gestioni globali s.r.l., LP Servizi, General Service, Ma.Co s.r.l., tutte di proprietà delle consorti Concetta Cavallaro e Manuela Nociforo; e alle ditte compiacenti Aelleartegrafiche, Service informatica. Di conseguenza il prezzo lievitava, fino anche a triplicare. Ad esempio, precisa Gennaro, «gli imputati hanno fatturato 827 mila euro di cancelleria inesitenti».
Per essere sicuri che fossero proprio le imprese di famiglia ad aggiudicarsi questo servizio, si falsificavano le gare d’appalto. Si inserivano, come prescrive la legge, tre offerte, tra cui quella vincente in partenza. Peccato che le altre due ditte non sapessero di aver presentato un’offerta. Era poi la funzionaria dell’ispettorato del lavoro, Rosa Maria Trovato, a chiudere entrambi gli occhi sulle macroscopiche irregolarità. In cambio, precisano i magistrati, avrebbe ottenuto l’assunzione di un figlio in uno degli enti di formazione. Ma c’è un secondo livello di controllo che è venuto a mancare, quello dell’assessorato regionale alla Formazione a Palermo. «Da sette anni questa vigilanza non esiste e non si capisce perché – spiga Gennaro – se si fosse accertato che il rendiconto di qusti enti era fasullo, non avrebbero ricevuto altri finanziamenti l’anno successivo, invece sono andati avanti per moltissimo tempo».
La sede centrale del sistema di frode, secondo gli inquirenti, era il lido Le Palme, alla playa di Catania, il cui titolare, Saffo, è anche presidente regionale del sindacato italiano balneari. Dalle indagini emergerebbe che dipendenti formalmente assunti presso l’ente di formazione e pagati con soldi pubblici, avrebbero invece lavorato concretamente nello stabilimento. Alcuni partecipanti ai corsi – che non hanno mai ricevuto il rimborso spese – avrebbero invece cucinato pasti serviti poi tra le sedie a sdraio del lido. «Gli imputati hanno comprato ville e macchine lussuose con i soldi destinati alla formazione dei giovani – ha concluso Gennaro – Stiamo cercando in tutti i modi di capire come sono stati spesi e dove sono finiti i restanti 50 milioni di euro elargiti dalla comunità europea, dallo Stato e dalla Regione».