Formazione, lo Ial Sicilia promette battaglia

La revoca dell’accreditamento che ha toccato lo Ial Sicilia provocherà la chiusura, per sempre, del più grande Ente di formazione in Sicilia? Neanche per sogno, annunciano i dirigenti. Da qui una battaglia a colpi di ricorsi e smentite tra Ente e Regione siciliana.

La vicenda, di per sé già complessa, si inasprisce ulteriormente per via degli effetti provocati dalla notifica dei decreti di revoca delle 32 sedi operative, dislocate nelle nove province siciliane, e per il contenzioso che ne scaturirà. Non è nostro compito attribuire responsabilità o ricercare colpevoli, intendiamo, invece, capire come si è arrivati a questa decisione, spinti dalle segnalazioni dei lettori che sperano di comprendere qualcosa in più. Proviamo di seguito a ricostruire, per quanto possibile, gli ultimi eventi.

Intanto diciamo che lo scopo degli ispettori del dipartimento Lavoro pare sia finalizzato a verificare come lo Ial Sicilia (ma vale anche per tutti gli altri Enti) abbia speso il finanziamento relativo all’attività formativa del 2011. Dall’Ente ci fanno sapere che, attraverso la documentazione prodotta, è emersa la correttezza della gestione finanziaria. Un dubbio va evidenzito: ma il rapporto tra ente e lavoratore non è di natura privatistica? La Regione siciliana che interesse ha?

Uno dei presupposti che comporta la revoca dell’accreditamento, secondo quanto previsto dal decreto assessoriale n.1037 del 2006, è l’accertata posizione debitoria nei confronti dell’amministrazione regionale contestata e non oggetto di controdeduzioni. Ma le retribuzioni non pagate, per effetto del mancato ricevimento del finanziamento corrispondente da parte dell’assessorato regionale alla Formazione, rientrano in questa casistica? Come può un Ente senza finalità di lucro ovviare al pagamento degli stipendi senza avere il finanziamento? Più di un dubbio quindi permane.

Ma torniamo alla vicenda in sé. I decreti dirigenziali firmati dalla dottoressa Anna Rosa Corsello, dirigente generale ad interim del dipartimento regionale Istruzione e Formazione professionale, nel revocare l’accreditamento di ciascuna sede operativa, dispongono che l’Ente “non potrà espletare attività di orientamento e/o formazione professionale riconosciuta nell’ambito della Regione siciliana”. Quindi, le sedi operative indicate nei provvedimenti dirigenziali dovrebbero essere chiuse. In tal caso allievi e personale dipendente (circa 860) che dovrebbero fare?

Dall’Ente ci fanno sapere che ha già formalmente chiesto al dipartimento al ramo di potere proseguire comunque le attività fino alla scadenza delle stesse, allo scopo di garantire la continuità dell’attività formativa a tutela degli allievi e dei lavoratori e in attesa delle determinazioni degli organismi giudicanti che saranno interpellati con specifici ricorsi. Richiesta comprensibile e responsabile, che appare anche fondata, per evitare che si abbatta sui lavoratori un contenzioso dagli esiti incerti.

Cosa farà l’assessorato a tal proposito? Se dovesse autorizzare la prosecuzione delle attività formative si rimangerebbe quanto dichiarato nelle premesse in ciascun provvedimento di revoca e cioè che: “l’organismo (Ial) non più ritenersi affidabile a causa delle emerse gravi carenze nelle attività gestionali in materia di formazione professionale”. Se dovesse negare la prosecuzione, si aprirebbe una fase caotica con allievi senza corsi (lesione del diritto allo studio) e dipendenti senza lavoro e senza garanzia reddituale. E questa la rivoluzione di Crocetta? Vogliamo sperare di no! E poi la celerità con la quale l’amministrazione regionale è giunta alla determinazione di revocare l’accreditamento allo Ial ci incuriosisce. Forse perché non eravamo più abituati a tale vitalità. Una burocrazia che ha deciso battendo tutti i record di velocità. Un procedimento, quello attuato dagli uffici regionali, talmente rapido da lasciare spazio, a nostro avviso, a qualche interrogativo.

Ci scuserà il presidente della Regione siciliana, ma non eravamo più abituati a questa efficienza della burocrazia. Colpisce la motivazione addotta a giustificazione dei presupposti del carattere d’urgenza nella procedura di revoca. Nelle considerazioni riportate in ciascun provvedimento dirigenziale è scritto che “l’emanazione del relativo provvedimento può prescindere dalla comunicazione dell’avvio del procedimento, secondo quanto previsto dalla giurisprudenza amministrativa consolidata in materia (che significa?), in virtù, peraltro, delle dichiarazioni rese dal legale rappresentante dello Ial Sicilia in data 16 gennaio 2013 agli ispettori dell’Ispettorato provinciale del Lavoro di Palermo, nonché delle dichiarazioni rese allo stesso Ispettorato dai lavoratori dell’Ente”. Questo significa, in buona sostanza, l’impossibilità per l’Ente di poter ricorrere avverso la convalida della diffida così come previsto dal decreto legislativo n.124/2004. L’amministrazione sostiene di aver agito con correttezza e nel rispetto delle norme.

Presumiamo che sarà un giudice a decidere chi ha ragione. E poi, il carattere di urgenza e la tempestività alla quale si fa riferimento trovano giustificazione in un generico riferimento alla giurisprudenza consolidata. È chiaro che non siamo difensori di nessuno né ambiamo a conoscere la verità dei fatti. Ripetiamo, il nostro sforzo è quello di aiutare il lettore a comprendere gli accadimenti che non sembrano essere proprio fluidi. Pertanto, qualche ulteriore considerazione appare plausibile. Proviamo a fare la ricostruzione dei fatti sulla scorta di quanto riferitoci dai vertici dell’Ente.

Tutto ha inizio il 2 gennaio scorso con l’ispezione avviata dai funzionari dell’Ispettorato provinciale del lavoro di Palermo. Ufficio che provvede a trasmettere, il successivo 6 gennaio, all’Ente interessato, la diffida accertativa per crediti patrimoniali, con richiesta di specifica documentazione, in applicazione degli articoli 12 e 13 del decreto legislativo n.124 del 23 aprile 2004. Attraverso il citato provvedimento, “la direzione territoriale del lavoro di Palermo ha diffidato il datore di lavoro a corrispondere ai prestatori di lavoro gli importi netti risultanti dagli accertamenti effettuati relativi alle competenze dei mesi di gennaio, febbraio, marzo e aprile del 2012 entro il termine di 30 giorni dalla ricezione della stessa diffida”.

La documentazione viene trasmessa il 7 gennaio agli uffici dell’Ispettorato. Successivamente, il 16 gennaio,il legale rappresentante dello Ial Sicilia si reca nei locali degli accertatori, convocato per rendere dichiarazioni. A questo si aggiunge, poi, l’esito degli accertamenti effettuati dal dipartimento regionale del Lavoro di Trapani, dal quale si evince che l’Ente ha omesso di corrispondere a n.70 dipendenti le retribuzioni relative ai mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile e maggio del 2012 per un totale di 356 mila e quattrocentosessantatre euro.

Inoltre, dall’accertamento è emersa l’omessa corresponsione a n.33 lavoratori della retribuzione e della tredicesima mensilità relative al mese di dicembre 2010 per un importo complessivo di 119 mila duecentosette euro. L’Ente ha dichiarato di avere le carte in regola perché i mancati pagamenti non sono stati il frutto di un atto volontario ma la conseguenza del minor finanziamento ottenuto dall’amministrazione regionale. Nello specifico, per le mensilità relative al 2010, contestate dagli ispettori, l’Ente è ancora in attesa di ricevere l’integrazione al finanziamento. Previsione rimasta tale a causa del “papocchio” provocato dall’azione politico-amministrativa del famigerato trio delle meraviglie LAC (Lombardo, Albert, Centorrino).

Durante il Governo presieduto dall’allora presidente, Raffaele Lombardo, il Piano regionale dell’offerta formativa (Prof) del 2011 ha subito una drastica riduzione della copertura del finanziamento da 220 a 196 milioni di euro decurtando, agli Enti formativi, almeno il 6 per cento del finanziamento complessivamente decretato. Somme mai più restituite con l’aggravio che questi si sono ritrovati a dovere pagare non più 12 mensilità al proprio personale, ma addirittura 17, per effetto dell’allungamento del Piano formativo fino al maggio 2012. Un vero e proprio “pasticcio retributivo” targato Mario Centorrino, nella veste di assessore regionale alla Formazione e Ludovico Albert, nel ruolo di dirigente generale al ramo super esperto (di cosa non si è capito) con il super avallo di Raffaele Lombardo.

Risultato? Danni su danni. Eppure proprio le organizzazioni sindacali (con esclusione della Uil) avevano aderito all’accordo della “buona formazione” voluto dal trio LAC. Oggi la Cisl rischia di pagare indirettamente (per l’elevato numero di lavoratori iscritti) il perverso disegno lombardiano e pidiessino sulla formazione professionale.

Non possiamo non essere solidali con i lavoratori dello Ial Sicilia per l’accaduto. Loro non sono colpevoli. Gli stessi, in un comunicato diffuso alla stampa, hanno espresso il sostegno agli amministratori dell’Ente e l’impegno a concordare con i vertici tutte le iniziative utili per difendere i diritti dei lavoratori e la correttezza dei comportamenti degli amministratori.

Il presidente Crocetta ha dichiarato più volte alla stampa, e in occasioni pubbliche, che intende tutelare i lavoratori degli Enti definanziati. Ci dica oggi – e non domani – come intende fare. Metta da parte dichiarazioni, proclami e slogan e dimostri quali provvedimenti adotterà da subito per salvaguardare il personale, al quale nessuna colpa può imputarsi, e gli allievi che vedono calpestato il diritto allo studio. Democrazia significa anche dare la possibilità all’Ente di dimostrare le proprie ragioni, salvaguardando contestualmente il personale dipendente.

Il governatore lo farà? Sono trascorsi tre giorni e ancora non si hanno indicazioni al riguardo. Eppure i primi a soffrire sono stati proprio i lavoratori licenziati a fine 2012 dal Cefop in Amministrazione straordinaria e per i quali Crocetta aveva assunto l’impegno di tutelarli in qualsiasi modo. Sono trascorsi tre mesi senza alcuna novità. Non ci sembra questo il passo giusto per fare pulizia. Appare più una carneficina ciò che registriamo. Quella ‘macelleria sociale’ più volte rinnegata dal presidente, ma fino ad oggi mai evitata.

 


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