Formazione, chiesti 11 anni di carcere per Genovese Lui si difende: «Sono in pace con la mia coscienza»

Sono arrivate nella tarda mattinata di oggi le richieste dell’accusa nel processo Corsi d’Oro 2 sullo scandalo del sistema della formazione professionale. Dopo tre giorni di requisitoria, il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e il sostituto procuratore Fabrizio Monaco hanno chiesto 11 anni di reclusione e 15mila euro di multa per Francantonio Genovese. Il deputato è accusato di associazione per delinquere, riciclaggio, peculato, frode fiscale e truffa. I pubblici ministeri hanno chiesto anche la condanna a sei anni di reclusione per le sorelle Chiara e Elena Schirò, mogli, rispettivamente, di Genovese e di Francesco Rinaldi, deputato all’Ars, anche lui imputato nel processo. E per quest’ultimo è di cinque anni e mezzo la condanna sollecitata dai due magistrati.

«La richiesta di condanna mi amareggia ma non mi sorprende – commenta Genovese -, è coerente con le iniziative assunte e con le posizioni tenute sin dal nascere delle indagini e che hanno contraddistinto l’intero percorso processuale, fino al punto di impedirmi, ancora oggi, di esercitare il mandato parlamentare, pur a fronte di una presunzione di innocenza che la nostra costituzione considera essenziale».

Era il 17 luglio 2013 quando scoppiava lo scandalo Formazione professionale a Messina e tre enti – Lumen, Aram ed Ancol – finivano al centro dell’indagine condotta dalla sezione di polizia giudiziaria della polizia e dalla Guardia di Finanza. La procura da tempo aveva acceso i riflettori sulla galassia degli enti di formazione professionale. Otto mesi dopo, nel marzo 2014, la procura chiedeva la custodia cautelare per Genovese. Cominciava così l’iter parlamentare che ha portato alla richiesta di arresto, prima alla giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio, in base all’articolo 68 della Costituzione, e dopo alla Camera che a maggio del 2014 votò il via libero all’arresto di Genovese. Un periodo durato complessivamente circa 19 mesi. 

Il processo intanto è andato avanti fino a oggi. Queste le altre richieste di condanna avanzate dai magistrati del pool reati economici della procura coordinato da Ardita: 8 anni per Elio Sauta, ex consigliere comunale; 2 anni e 2 mesi per Salvatore La Macchia, allora capo di gabinetto dell’assessore regionale Mario Centorrino; 6 anni per Roberto Giunta; 3 anni e 2 mesi per Domenico Fazio; 6 anni per Elena e Chiara Schirò; un anno e otto mesi per Giovanna Schirò; 7 anni per il commercialista Stefano Galletti; 4 anni per Giuseppina Pozzi; 3 anni per Liliana Imbesi; 2 anni e sei mesi per Concetta Cannavò; 6 anni e 8 mesi per Natale Lo Presti; 6 anni e sei mesi per Graziella Feliciotto, moglie di Sauta; 3 anni e 8 mesi per Carmelo Capone; 3 anni e 8 mesi per Natale Capone; un anno ed otto mesi per Orazio De Gregorio; sei mesi per Paola Piraino; 2 anni e 4 mesi per Francesco Buda; 4 anni per Salvatore Natoli; 3 anni per Antonio Di Lorenzo; 3 anni e otto mesi per Carmelo Favazzo.

L’accusa ha chiesto la concessione delle attenuanti generiche soltanto per La Macchia e la Cannavò e l’assoluzione dal reato di associazione a delinquere per Giovanna Schirò e Natoli. La Procura di Messina chiede anche sanzioni pecuniarie per gli enti della formazione professionale per una cifra complessiva di un milione di euro per otto società.

Genovese, nel comunicato che ha reso noto in risposta alla richieste di condanna, si è quindi lasciato andare a un’accalorata difesa: «Mi sarei atteso – scrive – che magistrati da me denunciati e nei cui confronti pende procedimento innanzi altra Procura della Repubblica si fossero astenuti. Mi sento, comunque, in pace con la mia coscienza. Fieramente. Fiero genitore e marito. Fiero figlio di una mamma che tutti chiamavano signora Angelina. Fiero figlio di un papà senatore in diverse legislature. Fiero nipote di uno zio più volte ministro. Fiero deputato. Fiero ex Sindaco di Messina. Fiero ex parlamentare della Sicilia. Fiero avvocato. Fiero di molti, moltissimi amici impegnati nella polis e nelle Istituzioni. Fiero della mia storia personale, professionale, imprenditoriale, politica. Fiero di essere persona seria, leale, generosa ed onesta. Professo innocenza. Rivendico innocenza. Grido innocenza. Quella innocenza – conclude – che, sono certo, sarà infine dimostrata».

Simona Arena

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