Formazione 2: privatizzare i dipendenti e regionalizzare gli Enti?

da Fabrizio Russo
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Gent.le Direttore,

credo che le ho già manifestato, sia pur a mezzo telefonico, il mio più totale disaccordo in merito all’articolo pubblicato dal buon Giuseppe Messina in data 2/2 gennaio in riferimento agli Enti inadempienti ed al ruolo della pubblica amministrazione regionale.

La questione del rispetto del contratto collettivo di lavoro e sopratutto degli articoli dello stesso che fanno riferimento all’erogazione delle spettanze è questione troppo importante, direi decisiva per l’intero mondo della formazione professionale siciliana per non provare a esprimere una riflessione pubblica attraverso le pagine del vostro giornale.

Confesso che, leggendo l’articolo, mi è subito venuto in mente tutta la discussione, anzi meglio dire, il pandemonio che per mesi ha investito tutto il mondo della formazione, in riferimento agli obblighi, da parte degli Enti, di attestare/produrre il Durc. La vicenda del Durc, infatti, non solo fa il paio con la questione dell’erogazione delle spettanze, ma ne è persino speculare.

In quella circostanza, infatti, fior di politici e fior di sindacalisti si avventurarono in dotte disquisizioni intorno all’ipotesi che gli Enti non dovessero attestare il Durc. La tesi principale mi pare di ricordare fosse che gli Enti, in quanto associazioni no profit, non dovessero attestare il Durc.

Tesi che è rimasta solo un’ipotesi.

Tali dotti Soloni, infatti, scoprirono poco tempo dopo che non c’era trippa per gatti e che la legge è uguale per tutti, anche per gli Enti della formazione professionale siciliana.

Ricordo che mi stupii molto invece che nessuno si scandalizzò, né si domandò come mai tutte le aziende siciliane no- profit – onlus comprese – già da anni attestassero il Durc alle amministrazioni pubbliche regionali, mentre nella formazione professionale siciliana tale norma fu applicata con grave e notevole ritardo.

Perché fu consentito tutto questo? Perché fu consentito che centinaia di lavoratori subissero il danno di contributi mai versati oppure versati con notevole ritardo? Consiglio al mio amico Messina una bella indagine giornalistica su queste vicende per capire come mai è stata consentita una omissione cosi grave verso Enti che pure ricevevano milioni di euro.

Veniamo alla questione delle spettanze. L’amico Messina sostiene che il provvedimento dell’assessore rischia addirittura di essere dannoso per i lavoratori. La tesi è quella di sempre. Come fanno gli Enti a pagare i lavoratori se a loro volta non sono stati pagati dalla pubblica amministrazione regionale?

Tesi quasi ovvia se, nel frattempo, il settore della formazione professionale siciliana non fosse stato investito dal pensiero unico della privatizzazione. In sostanza, secondo questo pensiero gli Enti niente altro sono che soggetti privati distinti e distanti dalla pubblica amministrazione regionale.

“Finanziamo progetti e non lavoratori”. Questo è lo slogan principale del pensiero unico. Ergo, i lavoratori della formazione professionale siciliana altro non erano che dipendenti di aziende private. Stralciando, ma solo in via amministrativa, in questo modo anni di legislazione regionale in materia di formazione professionale.

Si è trattato di una furbata da parte del Governo regionale precedente, quello di Raffaele Lombardo, che aveva scelto la formazione professionale come terreno per ostentare una politica di riforme di moralizzazione che invece non è mai esistita.

Se non ricordo male, anche per onorare la verità, il Governo di Raffaele Lombardo ha avviato le politiche di privatizzazione della formazione professionale siciliana, ma ha trovato quasi subito molti sostenitori e moltissimi che infine si sono rassegnato. Ma in cosa è consistita tale privatizzazione?

Un’ulteriore precarizzazione dei lavoratori, il ricorso massiccio di strumenti quale la Cassa integrazione in deroga tanto utilizzata quanto abusata, ma sopratutto licenziamenti di massa ai sensi della legge 223.

Ora, caro Giuseppe Messina, se gli Enti in quanto “aziende private” possono utilizzare gli strumenti di cui sopra, cioè estranei alla cultura consolidata della formazione professionale siciliana, per quale motivo non dovrebbero ottemperare agli obblighi contrattuali in materia di pagamento delle spettanze? Oppure dovremmo continuare ad assistere silenziosi ad Enti che hanno pagato il Durc e non invece le spettanze ai lavoratori?

Tutto questo non è invece, caro Giuseppe, dannoso per i lavoratori? In quanto aziende” private” gli Enti non dovrebbero né potrebbero derogare al pagamento delle spettanze, al di là delle responsabilità e dei ritardi della pubblica amministrazione regionale. Cioè dovrebbero avere proprio quella autosufficienza economica che l’amico Giuseppe Messina sembra addirittura aborrire. Caro Giuseppe, perche no?

Voglio infine ricordare che il pagamento delle retribuzioni non è un’opinione, ma più concretamente un obbligo non solo previsto dal Contratto nazionale di lavoro collettivo, ma anche da leggi nazionali e da una giurisprudenza tanto diffusa quanto consolidata.

Le pubbliche amministrazioni, qualora si determinassero casi di inadempienza verso i lavoratori da parte di aziende con la quale le stesse intrattengono rapporti quali appalti, concessioni, etc ne rispondono in solido. Tutto ciò con buona pace del certo non rimpianti dottor Ludovico Albert e assessore Mario Centorrino, che teorizzavano il disimpegno della pubblica amministrazione regionale a partire dai più elementari e doverosi controlli. Follie di un tempo che, per fortuna, è finalmente passato.

Oggi non posso che apprezzare l’operato del Governo regionale, dell’assessore e del dirigente regionale che fanno giustizia in materia di ruolo e compito della pubblica amministrazione regionale. Tutti dovrebbero apprezzare questa svolta. Anche lei, dottor Messina.

Oppure dobbiamo concludere che l’unico risultato della privatizzazione della formazione professionale siciliana sia stato solo quello di privatizzare i dipendenti e regionalizzare gli Enti? Cioè l’esatto contrario di quello che occorrerebbe alla pubblica amministrazione regionale per chiudere una storia infinita di sprechi di risorse pubbliche.

 

 

Lasciamo a Giuseppe Messina il compito di rispondere nei dettagli tecnici all’amico fabrizio Russo. Noi ci concediamo solo qualche considerazione.

Il fascino della democrazia risiede anche nel fatto che ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni. Ben vengano le tesi di Fabrizio Russo che, in ogni caso, arricchiscono il dibattito attorno a un settore centrale della vita pubblica siciliana.

Il richiamo alla “vita pubblica”, da parte nostra, non è secondario. Perché riteniamo che l’istruzione e la formazione professionale debbano restare pubbliche.

La privatizzazione della formazione professionale è stato un errore che, come era prevedibile, ha fatto scempio dei diritti dei lavoratori. E, se non ricordiamo male, non comincia con il Governo Lombardo, ma al tempo in cui il ruolo di assessore regionale al Lavoro era ricoperto da Raffaele Stancanelli.

Per quanto ci riguarda, la formazione professionale siciliana deve tornare pubblica, buttando fuori tutte le società private che, in molti casi, coincidono, guarda caso, con interessi diretti di politici, sindacalisti, ex parlamentari ed ex sindacalisti.

In un sistema in cui la formazione professionale è sostenuta interamente con i fondi pubblici – e ancora oggi è così, visto che è pagare interamente con i fondi europei (ammesso che i fondi europei destinati da Bruxelles vengano impiegati per la formazione: cosa di cui dubitiamo, perché a nostro modesto avviso, già da qualche anno, una parte di questi fondi è stata utilizzata per finalità diverse, secondo noi con la connivenza dell’Unione Europa) – la vera anomalia è rappresentata dalla presenza dei privati.

Detto questo, il Governo regionale, invece di perdere ancora tempo con ‘rotazioni’, ispezioni e menate varie, farebbe bene:

1) a verificare se le risorse del Fondo sociale europeo sono state spese in Sicilia e come sono state impiegate;

2) e a gettare fuori i privati dal settore.

Siamo certi che l’amico Fabrizio Russo sarà d’accordo con noi.

g.a.

 


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