Finite le elezioni ritornano i problemi

Il tentativo in atto è quello di trasferire il risultato delle elezioni amministrative sullo scenario politico. Esercizio in parte legittimo, in parte forzato. Dimenticando che, a livello nazionale, il dato eclatante è la disaffezione degli elettori verso le urne. In Italia, in media, un elettore su due non è andato a votare. In Sicilia non ha votato, sempre in media, un elettore su tre.

Trattandosi di elezioni amministrative – e dunque contrassegnate anche da fatti locali – il dato non dovrebbe fare gioire il mondo politico. Ma dubitiamo che la politica del nostro Paese possa preoccuparsi più di tanto della gente che non va a votare.

In questo momento, la vera emergenza della politica è la difesa della ‘casta’. Qualche giorno fa abbiamo dato notizia di una bizzarra sentenza della Corte Costituzionale che tutela le pensioni d’oro, ovvero le pensioni che assegnano ai ‘fortunati’ oltre 90 mila euro all’anno. Queste mega-pensioni non si toccano. Ridurle per ‘risanare’ il Paese è incostituzionale. Mentre l’Imu, che toglie i soldi dalle tasche a chi già non arriva a fine mese è costituzionale.

Anche la politica difende i propri privilegi. Non a caso, dopo le elezioni politiche, abbiamo assistito a un attacco mediatico senza precedenti al Movimento 5 Stelle, accusato, di fatto, di aver messo in discussione i privilegi della ‘casta’ politica. A cominciare dalle retribuzioni dei parlamentari e dal finanziamento pubblico dei Partiti, ripristinato in barba al referendum popolare che l’ha abolito.

Certo, l’attacco mediatico che il Movimento 5 Stelle di Grillo ha subito non giustifica i risultati elettorali deludenti di questa forza politica. E il fatto che ieri, su tre ballottaggi, i grillini abbiano conquistato due Sindaci (Pomezia e Assemini) non fa venire meno l’esigenza, in questa forza politica, di una rivisitazione non tanto della linea di opposizione a quello che resta un regime, quanto della gestione interna.

Non ci sono dubbi sul fatto che, in Italia abbia vinto il centrosinistra. Ma come ha scrive Il Fatto quotidiano, vince “nel vuoto delle urne”, con il 50 per cento degli elettori che non vanno a votare, stanchi, almeno in parte, di andare dietro alle promesse non mantenute del Cavaliere Silvio Berlusconi.

In Sicilia lo spoglio delle schede è andato patologicamente a rilento. Sarà bene scoprire il perché di tale ritardo. Come abbiamo già scritto, nella nostra Isola l’astensione non ha raggiunto i livelli elevatissimi di altre città italiane. In Sicilia il centrodestra, che sembrava in rimonta, annaspa. Vince il centrosinistra. Ma vince, soprattutto, la vecchia politica.

Qualche giorno prima del voto il presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha promesso un Piano straordinario di 50 milioni di euro di Cantieri scuola. Clientelismo populista in perfetto stile democristiano. Mentre tre parlamentari del Pd promettevano chissà quale radioso futuro ai 23 mila precari degli enti locali dell’Isola. Altro assistenzialismo. Altre vecchie pratiche democristiane.

In Sicilia non è andato bene il Movimento 5 Stelle. I grillini non hanno confermato i grandi risultati ottenuti alle elezioni regionali e nazionali. In ogni caso, il dato non è generalizzato. In alcune realtà sono andati male. In altre realtà – come, ad esempio, a Ragusa – hanno tenuto la posizione.

Il risultato, lo ribadiamo, non è positivo. Ma non è nemmeno da buttare. Anzi. In tanti Comuni siciliani ci saranno consiglieri comunali grillini. In tutti i Comuni il Movimento comincia, piano piano, a radicarsi. Portando un modo di fare politica che mette al centro l’interesse concreto dei cittadini. Questo è un fatto positivo.

I 14 parlamentari regionali dell’Ars stanno lavorando bene. Sono in prima fila in importanti lotte sociali, dalla battaglia contro l’istallazione del Muos di Niscemi all’opposizione al folle elettrodotto di Terna nella Valle del Mela, in provincia di Messina; dalla battaglia contro la dissennata corsa alla ricerca forsennata di idrocarburi alla discussione aperta sul ruolo delle raffinerie.

Poi c’è anche la battaglia per l’Autonomia siciliana: per l’applicazione dell’articolo 37 dello Statuto. Una battaglia politica tradita dal Governo di Rosario Crocetta che, come tutti i suoi predecessori, ha trovato opportuno ‘calare’ la testa a Roma.

Detto questo, forse anche in Sicilia il Movimento 5 Stelle dovrebbe aprirsi un po’ di più alla società siciliana, dialogare di più non soltanto con la gente – questo già lo fa – ma anche con i tanti soggetti che compongono il quadro sociale.

In ogni caso, la Sicilia che si ‘sveglia’ dopo il voto è la stessa: una Regione senza risorse finanziarie rubate da Roma. Con importanti articoli del proprio Statuto ancora da applicare. Con i Comuni al dissesto finanziario (tra qualche giorno il nuovo Sindaco di Catania, Enzo Bianco – che poi tanto nuovo non è, visto che ha già fatto il Sindaco della città Etnea negli anni ’80 e negli anni ’90 del secolo passato – ci dirà che il Comune è al dissesto e che i sui predecessori sono stati un disastro). Con la spada di Damocle del Muos che incombe. Con il mare di Gela inquinato. Con cinque raffinerie che avvelenano l’ambiente. Con l’elettrodotto di Terna che avanza sulla testa di migliaia di cittadini. Con oltre 100 mila precari, frutto di una politica fallimentare, che attendono un’impossibile stabilizzazione nelle pubbliche amministrazioni dell’Isola. Con un’opacità pressoché totale che avvolge il business delle energie alternative. Con i rifiuti non raccolti per le strade. Con la gestione dell’acqua che, in Sicilia, rimane nelle salde mani dei privati.

Insomma, la Sicilia è ancora tutta lì, da cambiare. Con un Governo che, fino ad ora, ha prodotto solo promesse e clientele.

 


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Il tentativo in atto è quello di trasferire il risultato delle elezioni amministrative sullo scenario politico. Esercizio in parte legittimo, in parte forzato. Dimenticando che, a livello nazionale, il dato eclatante è la disaffezione degli elettori verso le urne. In italia, in media, un elettore su due non è andato a votare. In sicilia non ha votato, sempre in media, un elettore su tre.

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