Finanziaria, impugnativa dietro l’angolo

Se non sorgeranno intoppi, entro oggi la manovra approvata nei giorni scorsi da Sala d’Ercole dovrebbe arrivare negli uffici del commissario dello Stato per la Sicilia. L’esame di Bilancio e Finanziaria, come sempre avvenuto negli ultimi anni, si annuncia difficile. Forse più difficile rispetto al passato: anche rispetto all’anno passato, quando sotto la ‘scure’ del Commissario dello Stato sono cadute oltre 80 norme.

Che cosa potrebbe succedere? Di tutto e di più. Perché come hanno notato molti osservatori – compresa la nostra redazione – la manovra approvata quest’anno dal Parlamento siciliano è pessima, sotto tutti i punti di vista. Per certi versi, peggiore di quella dello scorso anno.

Intanto, va precisato che parliamo della Finanziaria, visto che il Bilancio, quest’anno piuttosto ‘anoressico’, non dovrebbe essere toccato. Nella Finanziaria sono finite, invece, tutte le voci che, di solito, vanno in Bilancio. Una scelta dettata dal fatto che soldi ‘veri’, quest’anno, scarseggiano.

Così i soldi ‘veri’ sono stati appostati nel Bilancio per far funzionare la ‘macchina’ regionale (stipendi, pensioni e, in generale, spese obbligatorie). Mentre nella Finanziaria – per finanziare interi settori e clientele – sono stati appostati soldi in parte veri e in parte frutto di entrate fantasiose, se non fittizie.

Rispetto all’impugnativa dell’anno scorso – che, ricordiamolo, è stata tutto sommato ‘classica’ – quest’anno l’impugnativa del Commissario dello Stato potrebbe riservare una novità assoluta nella storia dell’Autonomia siciliana. Vediamo di illustrare che cosa potrebbe succedere.

Di solito ad essere impugnate sono le spese. Quest’anno, invece, oltre alle spese, c’è il rischio che ad essere impugnate siano anche le entrate della Finanziaria. Ora, quando vengono impugnate le spese, la manovra viene alleggerita e, com’è noto, la legge viene pubblicata senza le parti impugnate, ricorrendo allo stratagemma dell’ordine del giorno, votato dall’Ars, che riapprova la legge senza le parti ‘cassate’ dall’ufficio del Commissario dello Stato.

Quest’anno, invece, come già accennato, ad essere seriamente a rischio, oltre ad alcune spese, ci sono le entrate. Che significa questo? Semplice: che se le entrate impugnate supereranno, in valore, le spese la Finanziaria non verrà alleggerita ma, al contrario, appesantita. Perché alcune voci della stessa Finanziaria verrebbero a trovarsi prive di copertura finanziaria.

Se si dovesse verificare un’ipotesi del genere – e la cosa non è affatto remota – per pubblicare la legge sulla Gazzetta Ufficiale non basterebbe più il semplice passaggio d’Aula con l’ormai canonico ordine del giorno. Mancando la copertura finanziaria di alcune voci, la manovra dovrebbe tornare in Aula per essere, di fatto, rivista in alcune parti. Tutto questo dovrebbe essere fatto molto in fretta, perché a maggio, in assenza di bilancio, si potrebbe configurare la “persistente violazione dello Statuto” e lo scioglimento anticipato dell’Ars (che significherebbe anche Governo di Rosario Crocetta a casa).

Da cosa nasce la nostra ipotesi di un’impugnativa nella quale le entrate bloccate potrebbero superare le spese? Dai fatti accaduti durante il dibattito sulla Finanziaria. I nostri lettori ricorderanno che una bella mattina abbiamo titolato un nostro servizio dando per scontata – senza punto interrogativo – l’impugnativa della Finanziaria.

Scrivendo questo non ci siamo inventati nulla. Quando abbiamo dato per scontata la Finanziaria impugnata girava già la voce di un documento ‘riservato’. Una lettera che sarebbe stata scritta dai vertici burocratici dell’Ars, indirizzata ai vertici dell’assessorato regionale all’Economia. In questa lettera, per dirla con parole semplici, i vertici burocratici di Sala d’Ercole avrebbero messo in guardia i vertici dell’assessorato, sottolineando il fatto che questi ultimi stavano esagerando nel prevedere entrate fantasiose.

A questo punto, ci aspettavamo che l’assessore all’Economia, Luca Bianchi, e il suo staff riducessero la ‘vena fantastica’ in ordine all’individuazione delle entrate. Invece, con nostra sorpresa, abbiamo notato che la ‘vena fantastica’ di Bianchi & company non era venuta meno e, anzi, era cresciuta.

Un autorevole esponente di un Partito – non ha importanza se di maggioranza o di opposizione, anche perché, dopo l’accordo romano tra Pd e Pdl, non è facile capire chi, all’Ars, si trova all’opposizione – ci ha spiegato che quest’anno, grazie, appunto, all’accordo tra Pd e Pdl, gli uffici del Commissario dello Stato avrebbero guardato con accondiscendenza alla Finanziaria. Tesi che non ci ha convinto.

Vediamo, adesso, quali potrebbero essere le parti della manovra impugnate. Intanto – come abbiamo scritto più volte nei giorni scorsi – non risulta molto convincente l’avere ‘spalmato’ in tre anni, a partire da quest’anno, il ‘buco’ di un miliardo di euro, a valere sul consuntivo 2012.

Ciò significherebbe che, il prossimo anno, la Regione partirebbe con oltre 300 milioni di euro di debiti in uno scenario finanziario nel quale solo un miliardo vola via per precari e forestali. Più il debito di oltre 300 milioni di euro accumulato per il 2015.

Poiché l’ammanco di un miliardo di euro, a fine anno, è ormai un ‘classico’, già a partire dal prossimo anno il ‘buco’ potrebbe attestarsi oltre il miliardo e 300 milioni di euro. Cifra non più controllabile. Da qui la possibilità che il Commissario dello Stato impugni questo passaggio della manovra.

Poi c’è il mutuo di 360 milioni di euro acceso con la Cassa Depositi e Prestiti, ma non ancora contratto. Di fatto – è inutile girarci attorno – è un mutuo per pagare la spesa corrente. Autorizzato dall’ex Ministro dell’Economia, Grilli. Che dirà il nuovo Ministro, Saccomanni?

Una delle parti ‘fantasiose’ delle entrate è rappresentata dalla ‘valorizzazione’ del demanio marittimo. Da questa e da altre voci Governo e Ars si attendono chissà quali entrate. E’probabile che il Commissario dello Stato non sia così ottimista e ‘cassi’ questa parte della manovra.

C’è, poi, la trovata bizzarra per le isole degli arcipelaghi siciliani. Nella testa dei nostri governanti, chi si recherà nelle isole Eolie, nelle Egadi, nelle Pelagie, a Pantelleria e a Ustica e non dormirà in tali luoghi dovrebbe pagare 5 euro. Ve l’immaginate i siciliani che vanno a Panarea e pagano 5 euro solo per mettere piede nell’isola? Idem per Favignana, Ustica eccetera eccetera.

Di fatto, questo balzello, non colpirebbe i turisti, che di solito nelle isole siciliane vanno per passare qualche giorno, ma i siciliani, che invece ci vanno anche per mezza giornata, magari con le proprie imbarcazioni. E poi, dov’è finita la libera circolazione delle merci e delle persone? Anche questa parte, insomma, è a rischio di impugnativa.

Anche la parte del rinnovo dei contratti ai precari non è salva del tutto. Con l’applicazione del Fiscal Compact da parte dello Stato (50 miliardi di euro all’anno che lo Stato italiano dovrebbe immolare sull’altare dell’Unione Europea per i prossimi 20 anni), la Regione ha subito, quest’anno, uno scippo di 800 milioni di euro. Una cifra enorme.

Questo prelievo forzoso impone di guardare al precariato siciliano in termini di andamento tendenziale. Che significa questo? Che il prossimo anno, essendo il precariato tutto a carico della Regione, la spesa potrebbe diventare insostenibile.

Su questo punto è bene essere ancora più chiari. Fino a quando interveniva lo Stato in favore del precariato, la storia poteva andare. Ma adesso lo Stato non solo non interviene, ma toglie, ogni anno, soldi alla Regione per pagare il Fiscal Compact. E sarà così fino a quando l’Italia si ostinerà a rimanere nell’euro.

Ciò significa che tutto il costo del precariato è a carico dei cittadini siciliani – famiglie e imprese – che pagano le tasse.

Ma gli stessi cittadini siciliani, pur essendo tartassati da imposte e tasse, non arrivano più a pagare il costo del precariato. Di conseguenza, già a partire dal prossimo anno, per mantenere i precari bisognerebbe aumentare la pressione fiscale sulle famiglie siciliane e sulle imprese dell’Isola. E questo non sembra possibile, perché i consumi delle famiglie sono ai minimi storici e le imprese o sono già chiuse o stanno per chiudere (anche perché la pubblica amministrazione siciliana, invece di pagare i debiti con le imprese, paga i precari).

Questo scenario pone il rinnovo dei contratti del precariato a rischio di impugnativa. Anche se l’impatto sociale potrebbe essere tremendo.

 


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