Fiaccolata per Danilo, travolto da un pirata della strada Intitolata al giovane l’aula studio di Medicina dell’Ersu

È lunga e silenziosa la fiaccolata di ragazzi e ragazze che percorre la
Cittadella universitaria di Catania per arrivare all’attraversamento pedonale che dalla circonvallazione porta all’interno dell’edificio frequentato ogni giorno da centinaia di studenti. Le fiaccole si spengono proprio dove lo scorso 24 luglio ha perso la vita il 25enne Danilo Di Majo, «brillante studente di medicina barbaramente ucciso da un pirata della strada mentre tornava a casa», come si legge sulla targa con cui ieri pomeriggio l’aula studio Cittadella dell’Ersu è stata intitolata al giovane promettente medico.

«
Per un cretino è finita la nostra felicità – commenta la mamma di Danilo, Fina Rampello, accompagnata dal marito Giuseppe. Mi sento ancora confusa e frastornata, è come se mio figlio fosse fuori per uno stage o per l’Erasmus e tornerà a casa, mi manca in modo viscerale e non posso pensare che non faremo insieme il viaggio per la sua laurea, magari a Parigi».

Mamma Fina aveva un rapporto intimo con il suo unico figlio, un
feeling tanto speciale da spingere Danilo a rinunciare alla Bocconi di Milano e alla Cattolica di Roma per stare vicino alla famiglia ennese. «Chi sa qualcosa si rechi in Procura – dicono i legali della famiglia lanciando un appello – perché anche un minimo indizio o dettaglio che sembra inutile può servire a ricostruire la dinamica di quel giorno».

«
Danilo era un mondo a sé, una persona con cui bastava parlare dieci minuti per capire che era qualcosa di diverso dagli altri. Tanti si allontanavano, ma chi riusciva a stringere con lui scopriva il suo lato allegro e spontaneo». Così gli amici descrivono Danilo, una persona curiosa che aveva fatto della medicina la sua vita, tanto da essere il primo del suo polo. «Forse sarebbe diventato medico di famiglia perché amava stare a contatto con le persone, ma come tutti noi non era ancora convinto sulla scelta da fare», racconta Giusy Di Fazio, collega e cara amica di Danilo, che ringrazia l’amica Alessandra Di Nora e gli altri componenti del gruppo che ha organizzato l’incontro pomeridiano per aver coinvolto i colleghi, gli amici e chiunque si sentisse toccato da questa morte ingiusta.

Perché, in fondo, aggiunge la ragazza, «
poteva esserci chiunque su quelle strisce, che attraversiamo quotidianamente riscontrando sempre gli stessi problemi». L’autovelox collocato poco prima del punto in cui Danilo ha perso la vita sembra servire a poco. La soluzione per i frequentatori del polo universitario sarebbe il ripristino del ponte sopraelevato, considerato il modo più sicuro per attraversare quella brutta strada. «Abbiamo preparato una petizione in cui abbiamo già coinvolto circa settemila persone e contiamo di arrivare a diecimila prima di presentarla ufficialmente all’amministrazione».

«Questo incontro affollato dimostra che
l’università non è solo una macchina produttrice di conoscenze – afferma Lucio Di Maria – ma una comunità, un luogo di incontro dove creiamo relazioni e impariamo a condividere gioie e sofferenze altrui». «Lo abbiamo fatto prima di tutto per Danilo – continua il ragazzo – perché sentiamo molto la vicinanza ai familiari e vogliamo che vedano cosa Danilo ha creato. E poi per chiedere che l’attraversamento venga ripristinato come segno che noi, che amiamo questa città e vogliamo cambiarla, veniamo ascoltati quando segnaliamo qualcosa che non va e per spingere chiunque sappia qualcosa sull’incidente a parlare».

«
Intitoliamo quest’aula al giovane Danilo perché quanto è accaduto rimanga forte nella memoria di ognuno di noi e si riesca a rimettere in sicurezza queste strutture che accolgono tanti ragazzi – osserva Giuseppe Sessa, presidente della scuola di Medicina – come padre devo essere certo che qui dentro a mio figlio non può succedere niente».

«Il giorno del funerale ho fatto una promessa, che Danilo non venisse dimenticato – aggiunge il presidente dell’Ersu
Alessandro Cappellani – è giusto che questa aula non venga assegnata a un vecchio professore perché chiunque entri qui deve sapere cosa ha tolto la vita a un ragazzo stimato da tutti».

Sono parole cariche di emozione quelle di
Martina Rampello, amica d’infanzia di Danilo che, in una lettera, racconta del primo incontro con l’amico all’età di cinque anni, le gite sulla neve o a mare, le risate e i momenti bui condivisi con «il bambino con gli occhi azzurrissimi».

«Un’altra mente brillante, un altro studente di Medicina è scomparso a causa del gesto di uno sciocco», commenta con rabbia
Claudio Condorelli, fratello della ventiquattrenne Ornella, collega di Danilo morta nel 2016 a seguito di un incidente stradale sulla Catania-Messina. «Non siamo qui perché probabili vittime – continua il giovane dell’associazione Io guido e basta nata dopo l’incidente di Ornella – ma per renderci conto che siamo tutti probabili cause, che in un battito di ciglia possiamo distruggere delle vite, quando basterebbe metterci un po’ di attenzione e civiltà».

«
Da ora in poi faremo tutto per due, gli esami, le lauree, i traguardi che raggiungeremo – afferma la rappresentante dei colleghi di corso. Per qualcuno Danilo era uno stimato collega, per altri un grande amico. Sarà comunque ognuno di noi e ci aiuterà a riflettere sul fatto che ogni persona che incontriamo sul nostro percorso è un dono da non lasciarsi scappare».


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