Favara, le indagini sull’omicidio di Carmelo Ciffa Chiamato a lavorare dal responsabile del market

Se a Milano si parla dell’opportunità di avere le palme a piazza Duomo, a oltre 1500 chilometri più a sud, a Favara, si indaga partendo da una che era morta da tempo. È quella a cui stava lavorando Carmelo Ciffa, il 42enne di Porto Empedocle ucciso a colpi di arma fuoco il 26 ottobre. Ciffa si trovava davanti al supermercato Paghi poco di corso Vittorio Veneto quando, intorno all’ora di pranzo, qualcuno lo ha sorpreso mentre rimuoveva la pianta. L’uomo ha tentato la fuga all’interno dell’esercizio commerciale, morendo pochi minuti dopo.

Nonostante la palma facesse parte del patrimonio pubblico, quel giorno la vittima non stava lavorando per conto del Comune. A escluderlo sono, infatti, i vertici dell’ente locale, con i quali Ciffa non sarebbe mai entrato in contatto. L’ipotesi che invece in questi mesi si è fatta via via strada è quella secondo cui il 42enne sarebbe stato chiamato da uno dei responsabili del supermercato, che conosceva Ciffa. L’uomo, poco dopo il delitto, sarebbe stato trasferito in un altro punto vendita. «Non lavora più da un po’ qui – ammette la persona che ha preso il suo posto nel market -. Dove si trova adesso? Non lo so, veniamo spostati spesso». Mentre qualcuno in paese dichiara che «non si vede in giro da un po’». MeridioNews ha cercato ulteriori riscontri contattando la direzione di Paghi poco, senza però ricevere fino a oggi risposte in merito all’incarico dato a Ciffa il giorno dell’omicidio.

L’inchiesta è presto passata in mano ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Il motivo è legato al passato della vittima. Ciffa era pregiudicato per fatti di droga e per una rapina effettuata a inizio 1997 in una banca di Casteltermini, per la quale fu condannato a tre anni e undici mesi di carcere. L’assalto alla filiale del Banco di Sicilia fu compiuto insieme a Giuseppe Grassonelli, esponente dell’omonima famiglia mafiosa a cui Ciffa sarebbe stato vicino. Per conto del clan, infatti, Ciffa si sarebbe occupato anche di estorsioni.  

Il nome di Ciffa, in passato, è stato fatto dal collaboratore di giustizia Pasquale Salemi. Che nel 1998 lo cita in merito ai fatti che precedettero la morte di Calogera Cuffaro Piscitello, titolare di un supermercato a Porto Empedocle, uccisa la sera del 5 ottobre 1991, durante un tentativo di rapina. Per quell’omicidio furono fermati due 17enni di Palma di Montechiaro – coetanei all’epoca di Ciffa – fermati in una sala giochi di San Leone, dopo una segnalazione anonima giunta alla polizia. «A Giuseppe Messina (condannato all’ergastolo per mafia e omicidi nel processo Akragas, ndr) che cercava informazioni sulle cause dell’omicidio – dichiara Salemi – Grassonelli gli aveva riferito che, qualche giorno prima, Giacomo Traina aveva dato una pistola a un suo amico, tale Ciffa; e che dopo l’omicidio quello gli aveva risposto di non averla più». Un mese dopo, lo stesso collaboratore tirò in ballo Ciffa come autore dell’omicidio. «A commetterlo furono due stiddari, quello che ora si trova in carcere e tale Ciffitedda, vale a dire Ciffa», specifica Salemi. Aggiungendo di aver saputo da Grassonelli che era «una persona molto pericolosa».

Questo per quanto riguarda il passato di Ciffa. Su quello che invece è accaduto pochi mesi fa, gli inquirenti continuano a lavorare, mantenendo il massimo riserbo sui risultati investigativi. Tra le ipotesi al vaglio, nei giorni successivi al delitto, ci sarebbe stata anche quella di un legame con la strage di Liegi, in Belgio, dove a metà settembre è stato ucciso il 28enne di Porto Empedocle Mario Jakelich, mentre è rimasto gravemente ferito il 40enne favarese Maurizio Di Stefano


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