Il fondatore di 800A Records e Indigo Music si racconta, dagli esordi al progetto della residenza artistica e turistica che ha fatto rivivere un palazzo storico in centro. «Puntiamo sulle identità artistiche capaci di rendersi indipendenti rispetto alle influenze musicali o alle mode del momento»
Fabio Rizzo, guru della musica indie made in Palermo Dal Pan del diavolo al sogno Indigo: «Scommesse vinte»
«La passione è energia imprescindibile del nostro percorso ogni giorno, ma di certo non basta». Queste sono le parole di Fabio Rizzo, musicista, produttore, autore, ma soprattutto fondatore di due realtà cittadine adesso consolidate: 800A Records e Indigo Music.
Da dove viene l’idea di creare un’etichetta indipendente? Quando e come sono stati mossi i primi passi di questa lunga avventura?
L’idea è saltata fuori nel 2008. Già da qualche anno con le mie band Waines e The Second Grace mi occupavo direttamente della produzione artistica e stavo facendo delle importanti esperienze di auto-produzione e promozione con le quali sono entrato in contatto con realtà indipendenti di tutta Italia. In quegli anni stavo anche lavorando come autore e regista per Rai Radio2, per cui nel momento in cui ho potuto contare su un po’ di budget ho voluto provare l’esperienza di produrre qualcun’altro. E così, insieme all’amico, autore teatrale e scrittore Davide Enia, abbiamo fondato la 800A Records: il primo lavoro fu il fortunatissimo EP d’esordio de Il Pan del Diavolo e da allora non ci siamo più fermati.
800A è stata ed è una delle realtà più affermate per quel che riguarda la musica indie a Palermo. Come hai selezionato le vostre uscite e quale tipo di ricerca adoperi per lavorarci?
La nostra è un’etichetta basata totalmente sulla produzione artistica. Abbiamo investito negli anni per avere le nostre attrezzature, i nostri spazi di produzione e dare forma direttamente alla musica dei nostri artisti. Questo ci ha permesso di farci identificare per un suono ben preciso. Per la selezione delle uscite non c’è un criterio di genere esatto, l’importante è che mi colpisca a pelle e questo di solito accade solo in presenza di una grande identità artistica, che sappia rendersi indipendente soprattutto rispetto alle proprie influenze musicali o alle mode del momento. Sono molto attaccato al lavoro di Alessio Bondì: non solo Alessio mi colpì moltissimo per i motivi che ho detto prima, ma in più c’era la grande sfida del dialetto palermitano, stravinta da lui e da tutti noi che ci abbiamo creduto.
Ii chiederò adesso di farmi una sorta di playlist eterna, una specie di colonna sonora senza la quale non potresti andare avanti sia nella tua vita che nel lavoro.
Qualunque cosa dell’epoca d’oro del jazz, tra gli anni ’40 e metà dei ’60. Se devo citare due dischi in particolare: Milestones di Miles Davis e Giant Steps di John Coltrane. Poi direi Ray Cooder, che ha influenzato moltissimo il mio stile chitarristico, basato soprattutto sulla chitarra slide, ma anche per il suo lavoro di produttore in giro per il globo, dal sud degli States, a Cuba, all’Africa. Inoltre nella mia playlist ideale metterei anche tanta musica africana: Fela Kuti, Mulatu Astatke e Ali Farka Toure su tutti. Poi c’è l’elettronica raffinatissima di Nicolas Jaar, Jon Hopkins, Caribou, Four Tet e James Holden.
Allontaniamoci dalla storia di 800A per introdurne un’altra a te cara, Indigo Music.
Indigo è prima di tutto lo spazio che sognavamo: un luogo dove poter lavorare alla nostra musica in stanze luminose, spaziose e attrezzate, nel centro storico di Palermo, a Palazzo Lampedusa. Abbiamo concepito Indigo come residenza artistica e turistica, per cui oltre alle stanze attrezzate per il nostro lavoro c’è anche una suite a disposizione di turisti e viaggiatori e una foresteria dedicata a musicisti e artisti. È ovviamente anche la sede delle nostre due etichette 800A Records e 800Hz Records e presto ospiterà incontri e workshop non necessariamente legati al mondo della musica. Siamo cinque soci, oltre a me ci sono: Oriana Guarino che si occupa di management artistico e della gestione della società; Maddalena Inglese che si occupa di video e gestisce la residenza artistica e turistica; Donato Di Trapani, arrangiatore, produttore artistico e A&R dell’etichetta elettronica 800Hz Records e infine Francesco Vitaliti che è il sound engineer e responsabile tecnico della struttura.
Valorizzare i luoghi storici e ricrearne al suo interno dei rifugi sonori, degli studi di produzione, degli spazi di lavoro è un processo suggestivo ma costoso.
Penso che dopo gli ultimi anni di crisi economica e grande instabilità internazionale questo sia un periodo particolarmente interessante per una città come Palermo, per posizione geografica, appeal internazionale e una innegabile energia nonostante i suoi problemi atavici. Ci è sembrato quindi il momento giusto per fare con Indigo un’operazione di grande visibilità nazionale e non solo e i risultati di questi primi sei mesi di attività ci danno ragione e ci spingono a rilanciare lo sforzo.
Per alcuni anni hai vissuto fuori da Palermo, a livello musicale quali differenze trovi tra questa e le città d’oltre mare soprattutto Italiane?
Ho vissuto qualche anno a Bologna dove ho imparato i fondamenti del mio lavoro. Poi con la Rai ho lavorato a Milano, Roma, Torino e New York, e da ognuno di questi luoghi ho portato con me esperienze fondamentali per poter costruire qualcosa da Palermo. Il limite di questa città è essere geograficamente periferica rispetto al baricentro della musica in Italia. Questo però ha finito per essere anche una virtù, perché se in altre città più blasonate c’è più tendenza ad aderire ai clichet artistici del momento, da queste parti è come se si fosse meno sensibili a determinate mode. Gli artisti che da Palermo si sono affermati sulla scena indipendente nazionale negli ultimi anni hanno delle peculiarità tutte loro, basti pensare a quelli di cui ti ho parlato prima, il Pan del Diavolo, o lo stesso Alessio Bondì.