Ex province, risorse solo per due mesi di stipendi Vinciullo: «Senza soluzione, Finanziaria non passa»

Soldi sufficienti a pagare gli stipendi dei dipendenti solo a gennaio, in alcuni casi al massimo di quelli di febbraio. Si parla delle ex province e delle risorse stanziate in Bilancio al momento. La denuncia parte dal presidente della commissione Bilancio all’Assemblea Regionale Siciliana, Vincenzo Vinciullo, secondo cui «le risorse destinate dal governo regionale nella Finanziaria, alle ex Province sono del tutto insufficienti e non contribuiscono ad aiutare gli enti ad uscire dalla crisi in cui si dibattono da tempo a causa dal prelievo forzoso imposto dallo Stato».

Mentre i servizi sono garantiti a intermittenza e gestiti male e gli enti sono commissariati da anni, di proroga in proroga, la politica siciliana è impegnata a farsi in quattro per un ritorno al voto diretto con suffragio universale, a differenza di quanto prevede la legge in questo momento, e cioè che le nuove governance dovrebbero essere elette per secondo livello, cioè attraverso il solo voto degli amministratori locali, senza coinvolgere i cittadini.

Secondo Vinciullo, le risorse in Bilancio in questo momento, bastano «solo per pagare gli stipendi di gennaio e, in alcune province, anche quelli di febbraio. Ma come faranno – si chiede ancora il deputato Ncd – a sopravvivere le ex Province e le famiglie dei lavoratori dal primo marzo in poi? Occorre, quindi, intervenire immediatamente. Il governo, con un emendamento, ci dica dove vuole prendere queste risorse, altrimenti, come Commissione, saremo costretti ad intervenire in maniera autonoma, recuperando almeno ulteriori 50 milioni di euro, che sono le risorse minime necessarie per consentire il pagamento degli stipendi ai lavoratori delle nove province siciliane. Se non si trova una soluzione per i lavoratori, la Finanziaria non può passare».

A rischiare maggiormente sarebbero le province di Ragusa, Siracusa ed Enna, che già lo scorso anno hanno potuto versare gli stipendi grazie al salvagente da 20 milioni di euro lanciato in extremis dalla Regione. I funzionari della provincia aretusea sembra che non abbiano ancora ricevuto corrispettivi per il 2017. Va un po’ meglio a Catania, Messina e Agrigento, che dovrebbero garantire gli stipendi almeno per il primo semestre, mentre riusciranno a galleggiare Caltanissetta, Trapani e Palermo, che possono ancora contare su dei residui dai bilanci precedenti.

Ammette la gravità della situazione anche l’assessora alle Autonomie Locali e Funzione Pubblica, Luisa Lantieri, secondo cui, in effetti, il rischio di non arrivare a pagare gli stipendi sarebbe abbastanza concreto. Ma annuncia anche che la Sicilia rientrerà nella ripartizione nazionale dei fondi destinati alle ex Province: una boccata d’ossigeno, insomma, considerato che a causa dei ritardi nell’approvazione della legge di riforma degli enti di area vasta, lo scorso anno l’Isola è rimasta tagliata fuori dalla suddivisione delle pur esigue risorse.

Ma se sul fronte del personale i dubbi in piedi restano ancora molti, non va meglio guardando ai servizi. A inizio settimana è stata Forza Italia a chiedere un ritorno alle Province del servizio di assistenza agli studenti diversamente abili: «Ci batteremo in Assemblea – ha sottolineato il capogruppo, Marco Falcone – affinché le competenze in materia, che la maggioranza ha assegnato con arroganza alla Regione, ritornino agli enti intermedi. L’assistenza agli studenti disabili è una priorità. Il governo regionale si assuma le proprie gravissime responsabilità e ponga rimedio».

Durissimi anche i sindacati, spaventati all’idea di «rivedere il film scorso anno». Secondo Saverio Cipriano, coordinatore regionale dell’area Democrazia e Lavoro della Cgil, «questa situazione non può continuare, anche perché l’esito referendario è stato chiaro: i cittadini vogliono che i servizi una volta garantiti dalle Province tornino a funzionare. Il sistema Province, a livello nazionale, è passato da 20 miliardi di euro agli attuali 4,8, è davvero un disastro. È necessario che venga eliminato il prelievo forzoso e siano rifinanziati i servizi, a prescindere da quale sarà il nuovo sistema elettorale. Un argomento che, a fronte del disastro sotto gli occhi di tutti, ci appassiona ben poco».


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