I dipendenti degli enti intermedi si scagliano contro i ritardi nell'approvazione della norma, che a questo punto compromette il piano di esuberi dai liberi consorzi. Intanto nuovo stop da Roma alla riforma: la riforma regionale dovrà allinearsi alla legge Delrio. Ardizzone: «Nuovo stop non ci voleva»
Ex Province, oltre mille funzionari diffidano Crocetta I sindaci metropolitani saranno quelli del capoluogo
In materia di ex Province, liberi consorzi e città metropolitane, i guai per il governatore Rosario Crocetta non finiscono mai. Sono partite, infatti, da quattro ex Province altrettante diffide indirizzate al primo inquilino di palazzo d’Orleans e firmate da una valanga di funzionari provinciali. La prima è stata quella del libero consorzio di Ragusa, sottoscritta da 340 dipendenti, poi è stata la volta di Caltanissetta, con circa 150 firme, e a seguire Palermo, dove a insorgere contro il presidente della Regione sono stati circa 400 dipendenti. Partirà oggi, invece, la diffida da Messina, corredata da oltre 450 firme.
In totale oltre 1300 dei 4.300 dipendenti delle ex Province siciliane insorgono contro il governatore. Il rischio, secondo i funzionari, sarebbe quello di non arrivare in tempo ad avviare i processi di mobilità e ricollocazione del personale entro la data del 31 dicembre 2016 «prevista dal legislatore nazionale». La legge di stabilità, infatti, prevede che nel passaggio alle città metropolitane almeno il 30 per cento della spesa per il personale venga tagliata, mentre si arriverà a un taglio del 50 per cento nella transizione verso i liberi consorzi.
Numeri che, chiaramente, mettono in allarme i lavoratori, nonostante Renzi si sia impegnato a non far perdere il lavoro a nessun dipendente delle Province. Dove sta dunque l’inghippo secondo i funzionari? Mentre a livelli nazionale è stata prevista una proroga di due anni ai precari degli enti locali, proprio per permettere alla pubblica amministrazione il riassorbimento del personale in esubero nelle ex Province, in Sicilia, invece, il piano di assunzione dei precari dei Comuni è già in fase operativa. «Che ne sarà a quel punto di noi?», si chiedono i dipendenti – con contratto a tempo indeterminato – degli enti intermedi.
«Nella prospettiva di dichiarazione di esuberi, (per via della cronica mancanza di risorse delle ex province siciliane) – si legge nelle diffide – per il principio di pari opportunità con i colleghi di rango nazionale, si ravvisa la necessità che agli scriventi sia consentita, a fronte del clamoroso ritardo del legislatore regionale nel processo di recepimento della riforma nazionale, una ragionevole proroga del superiore termine, al fine di evitare processi di mobilità destinati a esaurirsi per causa del ridotto lasso di tempo utile alla ricollocazione dei lavoratori».
Insomma, i tempi per portare a compimento la riforma stringono. E i lavoratori non vogliono rischiare di essere loro a pagarne le conseguenze. E se non bastassero le diffide già arrivate a palazzo d’Orleans, una nuova missiva è giunta ieri pomeriggio nelle stanze del presidente. A inviarla, il sottosegretario agli Affari Regionali, Gianclaudio Bressa, che ha annunciato che il ricorso alla Corte costituzionale non verrà ritirato. Insomma, Crocetta ci ha provato. E fino all’ultimo tentativo, l’Assemblea regionale ha approvato la riforma delle Province superando i vizi di costituzionalità delle precedenti versioni della norma, tranne che in un punto: quello sull’elezione del sindaco metropolitano, che la legge Delrio prevede coincida col sindaco del Comune capoluogo, mentre i deputati siciliani avrebbero fatto eleggere in seconda battuta. Ma ecco arrivare un nuovo stop da palazzo Chigi.
La norma, in un valzer infinito tra Palermo e Roma, dovrà approdare quindi per l’ennesima volta a Sala d’Ercole. Una notizia che non ha certo sorpreso il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, che bacchetta Crocetta: «Non si è percepita l’importanza della norma – dichiara – anzi si è insistito, per ben due volte, a non allinearci ai paesi europei e al resto d’Italia. Martedì – continua – convocherò la conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari per decidere quando l’Aula potrà occuparsi della modifica della norma che, indipendentemente dal volere del governo regionale, questa volta dovrà essere coerente con il quadro normativo nazionale ed europeo».
Dal primo inquilino di Palazzo dei Normanni arriva infine un avvertimento. «È ormai chiaro ed evidente – conclude Ardizzone, in una sonora sconfessione a Crocetta – che d’ora in avanti i rapporti con il Governo nazionale non potranno più essere lasciati alla discrezionalità del governo regionale».