Si è barricato dentro palazzo dei Leoni, sede della città metropolitana di Messina, e ha cominciato lo sciopero della fame. Nuova eclatante protesta del sindaco metropolitano Cateno de Luca che ha deciso di protestare contro l’insufficienza delle somme stanziate per le ex Province siciliane. I 140 milioni di euro per il 2019 – fissati dall’accordo tra Stato e Regione – sono giudicati insufficienti dal primo cittadino per salvare i nove enti di area vasta dell’isola.
In queste ore in commissione Bilancio della Camera dei Deputati si sta discutendo un emendamento che prevede l’assegnazione di 140 milioni di euro per l’anno 2019 sulla base dell’accordo raggiunto tra Stato e Regione lo scorso 15 maggio attraverso l’utilizzo del Fondo di sviluppo e coesione. In sostanza si evita il default attingendo ai fondi per gli investimenti. Risorse giudicate insufficienti, secondo De Luca servono 350 milioni di euro. Ecco perché con un atto di protesta De Luca ha deciso di chiudere la sede istituzionale, barricarsi al suo interno e cominciare lo sciopero della fame ad oltranza, nell’attesa di risposte. Per poi annunciare: «Non mi resta che avviare la dichiarazione di dissesto. Ed è un meccanismo irreversibile: se la città metropolitana di Messina non andrà avanti, nessun altro andrà avanti nessuno. Scriveremo alla Corte dei Conti per chiedere di verificare come si sta lavorando nelle altre città metropolitane».
Così, bersaglio numero uno diventa l’assessore all’Economia Gaetano Armao. «Deve andare a casa», attacca il sindaco. Armao ha condotto le trattative col governo nazionale e ha chiuso l’accordo che adesso è in discussione alla Camera: 140 milioni verrebbero prelevati del Fondo di coesione e sviluppo e di questi, ricorda De Luca, «solo 100 sono destinati alle ex province, i restanti vanno alla regione. Altri 10 milioni verranno prelevati dai fondi previsti per interventi strutturali che non saranno destinati alle ex province, ma sempre alla Regione». Contro Armao la questione è anche politica. Nei giorni scorsi era stato il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè (che sempre più rinsalda l’asse con De Luca) a definirlo «un ex assessore». Ma De Luca ne ha anche per Bernadette Grasso, assessora regionale alle Autonomie locali: «Se è vero che sei stata messa da parte dall’assessore Armao, ora devi prendere una posizione».
Sulle ex province si incrocia anche l’aspetto delle elezioni dei consigli e dei presidenti dei liberi consorzi. L’Ars ha deciso di far slittare il voto, approvando una proposta formulata dal Gruppo Misto, dall’Udc, da Fratelli d’Italia, dai Popolari e Autonomisti e da Sicilia Futura e che rientrava tra gli accordi previsti dall’ormai famoso patto della Madonnina siglato da De Luca con Miccichè. La decisione dell’Ars ha scatenato la rabbia del presidente Nello Musumeci che oggi presenterà un emendamento per fare marcia indietro e stabilire una data per le elezioni.
«Musumeci – è l’affondo di De Luca stamattina – non inneschi un cortocircuito istituzionale che non ha precedenti nella storia della democrazia siciliana e si concentri per risolvere il problema finanziario. Solo dopo sarà legittimo chiedere al Parlamento siciliano di modificare la decisione assunta e magari garantire lo svolgimento delle elezioni ad ottobre 2019. Senza il rinvio fisiologico – conclude – si deciderà di celebrare il funerale delle ex Province».
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