Il presidente della Regione in una nota spiega le motivazioni che lo hanno portato alla decisione di commissariare le tre Città metropolitane. Misura che segue la legge con cui l'Ars, ad agosto, ha reintrodotto le elezioni dirette: «Lo Stato vuole impugnarla, ma fino ad allora sarei io il responsabile della mancata sostituzione»
Ex Province, Crocetta revoca i tre sindaci metropolitani «Applico la legge, non è una ritorsione contro Orlando»
Nessun sassolino nella scarpa né tantomeno ritorsioni contro chi negli ultimi mesi lo ha criticato pesantemente. Solo la volontà di applicare la legge e, se possibile, evitare di ritrovarsi a rispondere di responsabilità per conto terzi. Questa, secondo Rosario Crocetta, è l’unica chiave di lettura per interpretare il decreto di commissariamento delle tre città metropolitane. Provvedimento che di fatto porterà alla revoca dei sindaci delle tre principali città siciliane dal ruolo di guida degli enti di area vasta, così come invece deciso dal momento in cui in Sicilia era stata adottata la legge Delrio.
Parte da qui l’ultima pagina – almeno fino ad ora – della saga ex Province. La legge approvata ad agosto scorso dall’Ars, infatti, ha previsto non solo l’azzeramento della riforma così come immaginata da Crocetta in questi anni, ma anche un passo indietro rispetto alla normativa nazionale con la reintroduzione delle elezioni dirette di presidente e consiglieri. Ciò di fatto ha portato alla necessità di sostituire Leoluca Orlando, Enzo Bianco e Renato Accorinti, i quali, essendo primi cittadini dei tre capoluoghi, in base alla legge Delrio, avrebbero guidato anche gli enti intermedi. «Sono profondamente rammaricato che la semplice applicazione di una legge da me non condivisa e persino col mio palese parere contrario – scrive il presidente – venga vista come la guerra di Crocetta a Orlando, Bianco e Accorinti. Per togliere ogni dubbio, ho chiesto un parere all’ufficio legislativo e legale della Regione».
Sulla possibilità che il governo nazionale intervenga una volta ancora sulle norme approvate dall’Ars, Crocetta non si scompone: «Abbiamo appreso in via informale che lo Stato intende impugnare la normativa regionale – continua la nota -. Sulla base di tale presupposto, i sindaci metropolitani ritengono che possa essere evitato il decreto di commissariamento. Per giurisprudenza acquisita e per diritto, una norma è incostituzionale non quando la si impugna ma per espressa sentenza della Corte». Agire diversamente, secondo il governatore, potrebbe peraltro essere rischioso. «Se i sindaci metropolitani fossero decaduti e domani la Corte Costituzionale dovesse respingere il ricorso di incostituzionalità promosso dallo Stato – prosegue Crocetta – il rischio più serio sarebbe quello della nullità degli atti adottati da tali sindaci, con un piccolo particolare, che essendo i medesimi non responsabili della loro mancata decadenza che è ascrivibile solo e soltanto a me, il responsabile civile e penale degli atti nulli adottati sarei io».
Ipotesi questa che Crocetta non si sente di prendere in considerazione. E nel dirlo sembra alludere a quanto gli è stato chiesto in queste settimane dai vertici del Partito democratico, nel corso delle trattative che hanno portato alla definizione delle liste per le elezioni regionali nell’Isola. «Possono Orlando e Bianco chiedermi anche questo ennesimo sacrificio? Può chiedermi il governo nazionale di assumere su di me una responsabilità così grande, in presenza di un parere legale netto?», conclude il presidente.