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Ex pm Natoli chiede scusa alla famiglia Borsellino

«Chiedo scusa alla famiglia Borsellino e alla Signora Agnese». Così scrive, con le maiuscole, l’ex presidente della Corte d’appello di Palermo, Gioacchino Natoli, in una lettera diffusa dal suo legale, l’avvocato Fabrizio Biondo. Il riferimento è alle frasi intercettate in un dialogo avvenuto nella sua abitazione e rilanciate dalla trasmissione di Massimo Giletti Lo stato delle cose del 22 settembre. «Giletti – precisa Natoli – ha ritenuto doveroso dare conto di una intercettazione, avvenuta dentro casa mia, nella quale, parlando con mia moglie e sua figlia, ho pronunciato parole di cui mi dispiaccio profondamente nei confronti dei figli e della vedova del compianto Paolo Borsellino», sono le parole con le quali l’ex pm Natoli chiede scusa alla famiglia Borsellino.

Il contesto giudiziario e le accuse

L’ex magistrato, già pm a Palermo, è oggi indagato a Caltanissetta per il mancato approfondimento di indagini trasmesse dalla Procura di Massa Carrara nel 1991, legate al filone Mafia e appalti. In questo quadro è stato intercettato sia nelle conversazioni telefoniche con l’ex collega Roberto Scarpinato, oggi senatore del Movimento 5 Stelle, sia tra le mura domestiche. «Non prendo qui posizione sulla barbara divulgazione di frasi pronunciate nel contesto più privato che esista – aggiunge Natoli –. Siccome, però, quelle parole sono ormai pubbliche e hanno provocato comprensibile, immenso dolore in chi di dolore ne ha già provato troppo, voglio chiedere pubblicamente scusa ai familiari di Paolo Borsellino, che non meritavano certo quest’ulteriore supplizio».

Disperazione e rabbia

Nella lettera Natoli spiega la cornice emotiva in cui sarebbero maturate quelle frasi: «Vorrei solo evidenziare che quelle parole sono state pronunciate a distanza di qualche giorno da quando ho saputo di essere indagato per l’infamante ipotesi di favoreggiamento aggravato alla mafia»: notizia sconvolgente, che mi ha prodotto tale e tanta disperazione e rabbia da farmi perdere lucidità e senno».

E ancora: «Disperazione perché, a quasi ottant’anni, tutto avrei pensato, dopo una vita trascorsa a combattere la mafia, fuorché di poter essere indagato per averla favorita. Rabbia, perché l’inchiesta è stata preceduta da un violentissimo attacco da parte dell’avvocato Fabio Trizzino, che nessuno dei figli del dottor Borsellino (che ho visto crescere e ai quali, in particolare a Manfredi, sono sempre stato vicino) ha invitato, quanto meno, a maggiori cautele verbali».

Le scuse finali alla famiglia Borsellino

La chiusura è un ritorno alla richiesta di perdono: «In questo alterato stato emotivo, sconvolto da disperazione e rabbia, mi sono scappate – tra le mura di casa mia – parole che, in un momento di lucidità, non avrei mai detto, semplicemente perché non le penso né le ho mai pensate. E mi scuso soprattutto per aver tirato in ballo, d’impeto, anche la Signora Agnese, che con garbo, decoro e sobrietà ha sempre custodito la memoria del marito, tramandandone i valori».


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