Etna, il business della cenere vulcanica Comuni in crisi, la Regione non stanzia fondi

Piove sui centri ionici ricoperti nelle ultime settimane dalla cenere vulcanica dell’Etna. E i lavori di pulizia delle strade si fermano: troppo pesante la sabbia bagnata. Soprattutto per le casse dei Comuni, quasi dappertutto a secco di liquidità o al limite del dissesto. Ieri mattina i sindaci degli undici centri colpiti e i rappresentanti della Provincia di Catania sono stati ricevuti a Palermo dal direttore generale della Protezione Civile, Calogero Foti. Tema dell’incontro le possibili soluzioni per affrontare l’emergenza. Le amministrazioni propongono la formazione di una struttura sovracomunale, un consorzio che gestisca direttamente i mezzi necessari alle opere di raccolta della cenere: bobcat, camion e spazzoloni. L’acquisto del materiale spetterebbe al dipartimento di protezione civile regionale.

Foto scattata a Giarre

La soluzione avanzata dai Comuni non avrà attuazione nell’immediato, ma è stata presa in considerazione per il medio termine. «La protezione civile – spiega il sindaco di Riposto, Carmelo Spitaleri al termine dell’incontro – al momento non ha fondi da mettere a disposizione dei Comuni. Si fanno carico, però, di istituire un tavolo tecnico insieme a noi e alla Provincia per avviare una riforma strutturale, acquistare i mezzi, per cui hanno già preparato dei preventivi, e ristabilire le competenze». L’eventuale stanziamento di somme per l’emergenza spetterebbe adesso alla giunta regionale, di cui però all’incontro di oggi non era presente nessun rappresentante. Tempi lunghi, considerando anche che gli stessi Comuni aspettano dalla Regione gli stanziamenti per le spese effettuate nel 2011, sempre a causa della caduta della cenere.

Nel frattempo i sindaci dovranno provvedere autonomamente. Come? «Siamo costretti a ricorrere ai nostri mezzi finanziari, ma onestamente non so dire come faremo», ammette il primo cittadino di Sant’Alfio, Salvatore Russo. Problema comune in tutto l’hinterland. A Milo, Piedimonte Etneo, Santa Venerina, Zafferana, Acireale, Sant’Alfio e Fiumefreddo fino ad ora le amministrazioni non hanno provveduto a seri interventi di pulizia delle strade. Nessun incarico a ditte esterne quindi, ma operai comunali a lavoro per pulire le piazze principali, i municipi e le scuole, soprattutto nei giorni precedenti alle elezioni del 24 e 25 febbraio. Ma l’evento parossistico del 28 e la pioggia degli ultimi giorni hanno riportato la situazione all’anno zero. «Non ci sono fondi – spiega Mario Caltabiano, dell’ufficio tecnico di Milo – da soli non ce la facciamo. L’Etna è di tutti, ma chi ne subisce i danni ha bisogno di aiuto». Soltanto nel biennio 2011-2012 le spese dovute alla caduta di cenere sono state ingenti: circa 8mila euro a Piedimonte, 10mila euro a Sant’Alfio e Santa Venerina, quasi 500mila euro a Zafferana dove sono state raccolte 500 tonnellate di sabbia, 240mila a Giarre.

Ancora Giarre

Il comune ionico, insieme a Riposto, è quello che nelle eruzioni del 2013 ha subito i danni peggiori. Dopo la prima pioggia di lapilli, nelle piazze del centro per ogni metro quadro si è raccolto un chilo e mezzo di sabbia. Il preventivo di spesa previsto per ripulire la città è di 250mila euro. Somma dalla quale al momento è escluso il conferimento nelle apposite discariche, che merita un capitolo a parte. «E’ un tetto massimo, stiamo seguendo i lavori ma è difficile adesso quantificare. Speriamo di non superare i 220mila euro e con la restante parte pagare la discarica», spiega Gaetano Bonaccorso, caposervizio della protezione civile comunale. A Giarre l’amministrazione ha affidato a nove ditte la pulizia di strade e piazze (si tratta della Marcon impianti, Soesi, Nucifora Alfio, Grasso Servizi, Ionia Ecoservice, Mostaccio Angelo, Leotta Giuseppe, Torrisi Mario s.r.l. e Lo Faro Alfia Rita), e ad altre quattro (Elios Costruzioni, Cles Costruzioni, Le Mura Salvatore, To.Pa Costruzioni) l’incarico per tetti, terrazze e grondaie degli edifici comunali. Una cifra esagerata secondo molti cittadini. «Perché non si acquistano dei mezzi piuttosto che incaricare delle ditte esterne che apporterebbero delle ulteriori spese che l’ente non è in grado si sostenere?», ha chiesto in una nota l‘associazione Città Viva. A fine estate, su richiesta del consiglio comunale, era stato presentato un preventivo da parte dell’ufficio di protezione civile. «Avevamo suggerito degli acquisti per sopperire alla prima emergenza – spiega Bonaccorso – un camion, un bobcat, spazzoloni, soffiatori e dieci scarrabili, anche di seconda mano, per un totale di 150mila euro». Proposta caduta nel vuoto.

Gli altri Comuni ad aver già incaricato ditte esterne per la pulizia sono Riposto, dove sono stati spesi 22mila euro per gli interventi successivi alla prima caduta di cenere il 19 febbraio, e Linguaglossa. Qui la spesa è stata di 30mila euro, di cui circa 4mila solo per conferire in discarica i 3.474 quintali di sabbia raccolti. La sabbia non può essere usata come materiale di costruzione. «Alcuni la utilizzano per coprire le tubazioni negli scavi», precisa un tecnico. Il business della raccolta della cenere arricchisce quini le aziende locali, che solitamente non vengono scelte con gara d’appalto, ma direttamente dai sindaci, tra quelle che offrono la disponibilità. L’altra categoria che ne trae vantaggio economico è quella dei proprietari delle discariche, dove il costo di conferimento è all’incirca di 1 euro ogni cento chili, 10 euro a tonnellata. «Ma il prezzo varia a discrezione del privato e può arrivare anche fino a 30 euro a tonnellata»,  specifica Alfredo Scuderi, responsabile del servizio di protezione civile di Zafferana. Stamattina il comissario straordinario della Provincia, Antonella Liotta, ha emesso un’ordinanza indicando un elenco di siti sparsi per la Provincia per lo smaltimento della sabbia. «La corretta applicazione dell’ordinanza permetterà di conferire la sabbia vulcanica e lapilli in aree attrezzate alla riconversione dei materiale e diventerà un’opportunità per non gravare sulle
abituali discariche e sui bilanci dei Comuni», si legge nell’ordinanza. Ma le ditte specializzate vanno comunque pagate e le spese ricadono sempre sui Comuni. «Noi facciamo pagare 1 euro esclusa l’Iva al 21 per cento per ogni quintale di sabbia», spiegano dall’Imprefer di Linguaglossa, una delle imprese autorizzate. Non esistono sconti in nome dell’emergenza.

La provincia di Catania è l’altro attore non protagonista di questa vicenda. All’ente provinciale, oltre alla pulizia delle strade di sua competenza, così come l’Anas per quelle statali, spetterebbe la manutenzione anche di tutta la viabilità. Lo afferma la legge finanziaria regionale del 2010 all’articolo 37: «La provincia regionale provvede altresì alla manutenzione della viabilità danneggiata da attività eruttive di vulcani e alla rimozione dei detriti delle ceneri e dei lapilli», si legge. Norma tuttavia mai attuata e contestata dall’ente, contro cui diversi Comuni hanno presentato decreti ingiuntivi. Adesso la patata bollente passa nelle mani del governatore Rosario Crocetta e della sua giunta che, anche alla luce del piano di soppressione delle province, dovranno ristabilire oneri e competenze.


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Il Comune di Giarre prevede di spendere 250mila euro per la pulizia delle strade e degli edifici pubblici. Linguaglossa ha già pagato 30mila euro, Riposto 22mila. La pioggia di cenere che da settimane colpisce i centri ionici mette a dura prova i Comuni già con le casse a secco. Ieri alla Regione un incontro per stabilire le strategie future, ma nessuna copertura finanziaria immediata. Intanto è scontro tra Comuni e Provincia mentre gli unici ad arricchirsi sono i privati proprietari dei siti di smaltimento e le ditte di pulizia

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