«La mia eruzione preferita è la più distruttiva di tutte, che durò 122 giorni». Stefano Branca, il direttore dell’osservatorio etneo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia non ci deve pensare nemmeno un attimo. Tra tutti i casi raccolti nel database Dante (Database of Etna’s historical eruptions) degli oltre 2500 anni di storia eruttiva dell’Etna, la […]
Foto di osservatorio etneo Ingv
Etna, la storia di 2500 anni di eruzioni. Ingv: «Una risorsa dinamica e accessibile a tutti»
«La mia eruzione preferita è la più distruttiva di tutte, che durò 122 giorni». Stefano Branca, il direttore dell’osservatorio etneo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia non ci deve pensare nemmeno un attimo. Tra tutti i casi raccolti nel database Dante (Database of Etna’s historical eruptions) degli oltre 2500 anni di storia eruttiva dell’Etna, la sua scelta ricade per quella del 1669. L’eruzione considerata la più devastante – iniziata l’11 marzo, si concluse più di quattro mesi dopo – che distrusse e seppellì decine di centri abitati, arrivando fino al mare in corrispondenza dei quartieri occidentali di Catania. «Un’intensa e prolungata attività di fontana di fuoco dalla bocca principale – si legge nella descrizione – Una grande colata lavica lunga 17 chilometri si diresse verso sud raggiungendo la costa e distruggendo i paesi di Guardia, Malpasso, Camporotondo, Potieli, San Pietro, Misterbianco, Monpilieri, Fallichi, Plache, San Giovanni Galermo e la parte occidentale della città di Catania», così viene descritta nel database Dante dove sono state sistematizzate tutte le eruzioni dell’Etna degli ultimi 2500 anni.

Dalla prima eruzione raccontata nella storia a quella documentata dallo storico Diodoro Siculo (morto nel 20 avanti Cristo); da quella che fermò i Cartaginesi dall’avanzare su Catania fino all’eruzione dalla quale fuoriuscì una colata lavica che minacciò Zafferana Etnea e portò, per la prima volta a deviare il flusso del magma. Ci sono tutte nel database realizzato dalle sezioni dell’Ingv di Catania e di Pisa. «E sarà una tabella dinamica che andrà avanti all’infinito – spiega a MeridioNews Stefano Branca, che è uno degli autori della ricerca – perché la aggiorneremo ogni anno con i nuovi eventi». Un lavoro che ha l’obiettivo non solo di monitoraggio vulcanologico con l’analisi dei dati, ma ha soprattutto un intento divulgativo. «Lo abbiamo pensato come una risorsa accessibile a tutti – racconta il direttore dell’osservatorio etneo dell’Ingv – per diffondere la conoscenza scientifica delle eruzioni dell’Etna». Nel database online, infatti, sono messi insieme in un’unica piattaforma i diversi dati già pubblicati in vari cataloghi «molti dei quali – sottolinea Branca – di difficile accesso per un pubblico non specializzato».

Dante è suddiviso in due intervalli temporali: dal VI secolo avanti Cristo al XVI secolo dopo Cristo e poi dal XVII secolo a oggi. «Il primo intervallo – illustra al nostro giornale il direttore dell’osservatorio etneo – è basato su dati geologici, stratigrafici, tefrostratigrafici e geocronologici derivati dalla carta geologica dell’Etna del 2011 e dai suoi successivi aggiornamenti. La parte che arriva fino ai giorni nostri, invece – aggiunge – si basa su dati estratti dalle numerose documentazioni scientifiche disponibili in letteratura, integrati con i dati del monitoraggio vulcanologico degli ultimi cinquant’anni». Un lavoro che sarà sempre in itinere con aggiornamenti annuali della piattaforma. «Una raccolta che non serve solo a soddisfare la curiosità di storici, appassionati e dei cosiddetti maniaci dell’Etna – specifica Branca – ma che ha lo scopo di accrescere le conoscenze per aumentare la consapevolezza della pericolosità vulcanica. Più si è coscienti – conclude – e più si percepiscono i rischi e si può agire di conseguenza per prevenirli».