Foto dal dossier "Erosione costiera in Sicilia" di Legambiente Sicilia

Erosione delle coste, Legambiente Sicilia: «Situazione grave, ma la politica continua a sollecitare sanatorie»

Un’isola che si sta desertificando e che sta perdendo le proprie coste. Del primo fenomeno – vasto per proporzioni e a quanto pare difficilissimo da frenare – sappiamo già da qualche anno, la portata del secondo è apparsa invece più chiara il 12 luglio scorso, quando la componente siciliana di Legambiente – una delle maggiori associazioni ambientaliste del nostro Paese – ha presentato il dossier Erosione costiera in Sicilia – Tra danni, sfide e soluzioni. Secondo il Piano di assetto idrogeologico siciliano del 2021, «il 76,5 per cento della costa siciliana è a rischio erosione – dice il dossier di Legambiente Sicilia – In particolare il 43,6 per cento è a rischio elevato – per il quale sono possibili danni edilizi – e il 32,9 per cento è a rischio molto elevato, per il quale sono possibili gravi danni edilizi e umani». Le cause sono diverse, ma quello che ha «inciso di più negli ultimi 30 anni – continua il dossier di Legambiente Sicilia – sono stati gli interventi di artificializzazione e cementificazione, sia legali che illegali, realizzati lungo le nostre coste».

Ma in concreto cosa vuol dire erosione delle coste? «Vuol dire che abbiamo sempre meno spiagge sabbiose», dice a MeridioNews Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia. «Il fenomeno dell’erosione colpisce maggiormente questo tipo di spiagge. Praticamente – continua Castronovo – le mareggiate invernali trascinano sabbia e ciottoli a fondo, ma in primavera e in estate le spiagge non ce la stanno facendo più a ricostituirsi, non sono più nelle condizioni». Il dossier dell’associazione ambientalista spiega il perché. «In primavera e in estate il mare dovrebbe restituire alla spiaggia materiale sabbioso che viene anche da altre fonti, per esempio i fiumi – dice Castronovo – ma questi sono sempre più oggetto di interventi di pulizia fatti male». Castronovo parla di «barriere rigide che hanno rubato sabbia» e di «tratti di lungomare fatti sulla sabbia e non più su, più a monte».

Se vengono realizzate delle infrastrutture come queste a non troppa distanza dalla battigia – cioè dalla riva – «le onde trovano una barriera contro la quale si infrangono, quando invece dovrebbero poter arrivare più in fondo». In pratica le onde si infrangono contro queste barriere con troppa potenza, che non può essere sfogata proprio perché la spiaggia non è lunga abbastanza. «Per questo motivo – dice il presidente di Legambiente Sicilia – le onde prelevano più materiale sabbioso e lo portano al largo»; se non ci fossero quelle infrastrutture, le onde potrebbero andare più in profondità, potendo così sfogare la loro potenza: secondo Legambiente Sicilia, in questo modo preleverebbero molto meno materiale sabbioso e la spiaggia non si ridurrebbe.

Oltre al cambiamento climatico – «gli eventi estremi sono ormai all’ordine del giorno», dice Castronovo – l’erosione delle coste siciliane sembra essere causata in gran parte dalle infrastrutture costruite a ridosso delle spiagge. Secondo il dossier presentato da Legambiente Sicilia, il 56,4 per cento delle coste della nostra Regione è stato cancellato dall’avanzata del cemento legale e illegale: parliamo di case – abusive e non – di strutture ricettive, di ristoranti, «ma anche di strade, di lungomare e di servizi pubblici come i depuratori realizzati a ridosso dei tratti di costa – dice Castronovo al nostro giornale – Tutto ciò ha antropizzato la costa siciliana», nel senso che l’azione dell’essere umano è arrivata dove non sarebbe dovuta arrivare. «La legge regionale 78 del 1976 – che tra l’altro era una legge per lo sviluppo del turismo, ricorda Castronovo – aveva l’obiettivo di tutelare la nostra fascia costiera dalla speculazione edilizia in atto in quegli anni. Prima del ’76 si è fatto di tutto e di più», dice il presidente di Legambiente Sicilia.

Il dato, secondo Castronovo, è che «la nostra classe politica non ha lo stesso sentimento e la stessa lungimiranza di coloro che produssero la legge del 1976, anzi continua a sollecitare sanatorie». Inoltre «in quegli anni si è verificata la manomissione di alcuni fiumi – continua Castronovo – Sono state sottratte ghiaia e sabbia ai corsi d’acqua e sono state utilizzate per alimentare la speculazione edilizia legale e illegale lungo la fascia costiera»; ghiaia e sabbia che invece – come detto – servono alla spiagge per ricostituirsi dopo le mareggiate invernali. Inoltre il dossier di Legambiente Sicilia dice che «paradossalmente le opere marittime che più sistematicamente hanno concorso all’alterazione del regime delle nostre spiagge e al loro degrado sono proprio quelle nate da intenti e da richieste di difesa della costa rispetto all’avanzante fenomeno erosivo. Ci riferiamo – continua il documento – alle famigerate scogliere artificiali (radenti, a pettine, parallele, soffolte o comunque realizzate)».

Per quanto riguarda le strade costruite praticamente sulla spiaggia, Castronovo racconta al nostro giornale «un caso esemplare, quello del lungomare di Torrenova», in provincia di Messina, «un caso tra il serio e il faceto». «È stato realizzato entro i 150 metri dalla battigia», cosa che la legge 78 del 1976 vieta, «però è stato possibile farlo perché questa strada è stata fatta passare come pista ciclabile». Secondo il dossier di Legambiente Sicilia, infatti, il Comitato regionale dell’urbanistica avrebbe rilevato l’impossibilità di costruire quel lungomare, «ma al tempo stesso offre la scappatoia: “Destinatela a pista ciclabile”, così la si può ritenere opera diretta alla fruizione del mare». Quindi viene concessa la deroga, perché l’opera viene considerata pista pedonale e ciclabile, «però rispetto al progetto originario la strada è larga 12 metri e non otto – dice Castronovo – inoltre la pista ciclabile è larga solo un metro e mezzo»; elementi, questi, che secondo lui palesano l’escamotage utilizzato.

«Inoltre – continua Castronovo – il sindaco di Torrenova ha fatto un’ordinanza per la quale il lungomare è considerato carrabile dalle 8 alle 22», come se «si trattasse di una strada destinata al traffico di mezzi motorizzati – dice il dossier di Legambiente Sicilia – e non invece una pista ciclabile e pedonale». Ma Castronovo aggiunge un altro elemento a supporto della tesi dell’escamotage: «All’inaugurazione – alla quale erano presenti autorità civili (c’era anche il futuro presidente della Regione, Schifani), militari e religiose – la nuova pista ciclabile e pedonale è stata inaugurata da un gruppo di auto storiche». Castronovo dice che Legambiente Sicilia ha «segnalato che quella strada sarà distrutta – perché in prossimità della linea di costa – e abbiamo suggerito di farla più a monte, sopra un aranceto che doveva essere salvato e sul quale ora, invece, è in atto una lottizzazione», cioè la frammentazione di un terreno che viene effettuata con lo scopo di edificare.

Secondo il dossier di Legambiente Sicilia, in 15 anni la nostra Regione ha perso il 6 per cento delle coste. Nei prossimi anni la Sicilia ha in programma interventi per circa 860 milioni di euro destinati a opere di contrasto e di mitigazione del dissesto idrogeologico. Il timore dell’associazione, però, è relativo al potenziale spreco di risorse. «L’ufficio del commissario per il dissesto idrogeologico – ricorda Castronovo – è stato oggetto di un’indagine penale e l’ex commissario, Maurizio Croce, è stato arrestato per fatti di corruttela». Secondo il presidente di Legambiente Sicilia «il pericolo di scelte sbagliate da parte di uffici che gestiscono un’ingente somma di denaro – con procedure di somma urgenza – è dietro la porta». Su questo punto Castronovo dice che l’associazione vigilerà e chiederà «un incontro con il commissario per il dissesto idrogeologico, Lizzo» per capire che tipo di interventi sono previsti; «così capiremo quali sono compatibili con i piani di adattamento, che sono necessari anche in ragione degli effetti dei mutamenti climatici. Di questo – continua Castronovo – si deve tenere assolutamente conto».

L’associazione ambientalista dice di rivendicare «una legge organica sull’erosione costiera, che individui in maniera puntuale quali sono i criteri e i modelli da adottare per fare interventi di contrasto all’erosione costiera, di mitigazione dei dissesti e di adattamento ai mutamenti climatici». Legambiente Sicilia dice che «si dovrebbe intervenire sulle costruzioni abusive» e che l’associazione è «particolarmente convinta che nel raggio di 300 metri dalla battigia non si debba realizzare nessuna opera. Inoltre – continua il presidente Castronovo – qualsiasi intervento a difesa dell’erosione costiera dev’essere fatto in funzione del bene economico, sociale e culturale da difendere. Se una strada è in erosione ed è continuamente soggetta a distruzione a causa delle mareggiate – dice – è inutile fare interventi per ripristinarla: si facciano le strade parallele più a monte». Allo stesso modo, gli interventi a difesa della costa «si facciano laddove è necessario farli perché c’è un valore economico, sociale e culturale importante; valore per il quale – conclude Castronovo – i costi sono commisurati ai benefici che se ne possono trarre. Non si deve continuare a perseverare nell’errore».


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