Avvocato 43enne, Stefano Battiato è figlio del sindaco che guidò la cittadina a fine anni Ottanta. Oggi si presenta con una coalizione di area moderata. E non mette in considerazione la possibilità di non arrivare almeno al ballottaggio. «Un'ipotesi molto difficile», dichiara a MeridioNews
Elezioni comunali a Lentini: Battiato il figlio d’arte «Mi faccio guidare dalla devozione per sant’Alfio»
Consigliere comunale uscente di opposizione, l’avvocato 43enne Stefano Battiato è sostenuto da un raggruppamento di sette liste civiche di area moderata. Figlio dello storico esponente locale della Democrazia cristiana, che fu anche sindaco fra il 1989 e il 1990, Battiato è di estrazione politico-culturale di centrodestra e si presenta come alternativa al Partito democratico.
Perché ha scelto di candidarsi a sindaco?
Non l’ho scelto. Mi sono messo a disposizione di un gruppo di formazioni politiche di natura civica, che ha individuato in me la persona più adatta a ricoprire questo ruolo. Riconoscendomi come consigliere comunale più rappresentativo dell’opposizione, il più agguerrito direbbe qualcuno.
Quali sono i punti centrali del suo programma? A che cosa la città non può più rinunciare?
La città non può più rinunciare a risolvere problematiche e problemi, che sono due cose diverse. La problematica più urgente a cui trovare una soluzione è il dissesto finanziario. Noi penseremo al risanamento del bilancio con l’individuazione di una ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. Poi metteremo mano al piano regolatore per dare alla città la possibilità di una espansione commerciale, sfruttando la posizione strategica di snodo fra le tre province della zona orientale. I problemi cui rimediare subito sono quello idrico, nel quartiere Sopra Fiera, dove l’acqua arriva solo fino alle 18 e il rifacimento della via Etnea, per cui è già stato stanziato un finanziamento che la precedente amministrazione non ha saputo sfruttare.
Qual è la figura politica o tecnica (nazionale o internazionale) a cui si ispira?
Sono tante le persone che ho ammirato nel corso della mia formazione politica, e che poi mi sono cadute dal cuore. Adesso preferisco non ispirarmi a nessuno, ma farmi guidare solo dall’amore per la mia città e dalla devozione per Sant’Alfio.
In caso non riuscisse ad andare al ballottaggio, con chi si alleerebbe eventualmente nel secondo turno?
Ritengo difficile l’ipotesi di non rientrare nel ballottaggio. E, quindi, faccio il discorso inverso: cercherei di avere un confronto democratico e programmatico per portare la coalizione a essere rappresentativa del 50 per cento più uno degli elettori.
Qual è l’avversario che teme di più?
Non temo gli avversari, temo me e la mia coalizione nella misura in cui dovessimo perdere l’orientamento e commettere degli errori strategici e di impostazione programmatica. Voglio tenere ferme la lucidità e la razionalità che finora sono state il nostro faro.
Un pregio e un difetto della precedente amministrazione.
L’amministrazione uscente ha avuto il grande difetto di accentrare in modo totalitario il ragionamento politico e il potere amministrativo escludendo tutti dalle scelte. Il pregio lo riconosco alle persone che, nonostante i fortissimi contrasti vissuti all’interno del consiglio comunale, sono riuscite a scindere la politica dai rapporti personali.
Lei è figlio di un ex sindaco democristiano. Essere figlio d’arte è un peso o un valore aggiunto?
Sono cresciuto a pane e politica e credo che questo mi avvantaggi fortemente perché ho appreso metodi e idee di orientamento. L’esperienza fa tanto e, a differenza di quello che crede qualche candidato, essere giovani non è una garanzia per rappresentare il cambiamento o per una buona amministrazione.
La sua è una coalizione molto ampia e variegata, è un limite o una ricchezza?
È stato il naturale epilogo di Rinascita leontina che per dieci anni ha rappresentato il super partito del centrodestra che coordinava tutte le anime dell’area moderata. Abbiamo voluto aprire a tutte le forze sane della città, indipendentemente dal fatto che fossero di centro sinistra o centro destra. Non è semplice perché siamo sette liste e il dialogo è molto serrato. Il confronto e il processo dialettico per arrivare a una decisione democratica e non imposta sono molto complessi, ma più che vederlo come un limite lo considero una ricchezza.
Gli elettori dell’area di centrodestra dovranno scegliere se schierarsi con lei o con Dario Saggio. Chi sceglieranno? E perché?
Saggio ha forzato troppo la mano. In realtà, non c’è stato un confronto politico che ha visto una spaccatura dell’area moderata, come quella che si è creata nel centrosinistra. Quella di Saggio è una iniziativa isolata che non rappresenta nulla di paragonabile a quello che rappresento io.
Le vostre candidature separate potrebbero favorire gli altri candidati?
Non credo, semmai può ridurre per noi le possibilità di vincere al primo turno. Saggio non lo vedo come una minaccia perché non rappresenta un’area ma solo se stesso.