Era il 1998 quando Santo Caruso è entrato per la prima volta da politico nell'aula consiliare del suo Comune: era stato eletto al senato cittadino. Da allora sono passati vent'anni e, nel frattempo, nel 2013 è diventato il primo cittadino santantonese. Il sindaco del dissesto, secondo molti. «Abbiamo sistemato i conti», replica a MeridioNews
Elezioni Aci Sant’Antonio, Caruso a caccia del bis «Presto una nuova isola ecologica in via Fucini»
Eletto per la prima volta nel 1998 come consigliere comunale di Aci Sant’Antonio, nel 2013 lasciava il suo incarico da segretario scolastico per essere proclamato sindaco della città del Carretto siciliano. Oggi Santo Caruso, sposato con due figli, ci riprova. «Convinto dal gruppo che mi ha sempre sostenuto e da molti cittadini». Per il sindaco uscente le priorità stavolta riguarderebbero la manutenzione stradale e il miglioramento della raccolta differenziata. Nell’agenda degli impegni anche la realizzazione dell’isola ecologica in via Fucini. «Voglio dare continuità con quanto di buono fatto finora»: su questa linea Caruso prova a riconfermarsi. Ma stavolta la sfida, per il politico sostenuto dal Partito democratico, stavolta è più avvincente che in passato: a questa tornata di elezioni amministrative santantonesi, ci saranno da superare il centrodestra tutto unito su Antonio Di Stefano, il Movimento 5 stelle forte della visibilità nazionale che si rifletterà anche su Raimondo Ferlito, e il civico Giuseppe Micalizzi.
Santo Caruso ci riprova. Perché ha deciso di concorrere nuovamente alla poltrona di primo cittadino?
«Penso che sia necessario dare continuità all’azione amministrativa che è stata intrapresa in questi cinque anni. Convinto anche dal gruppo che mi sostiene e dal consenso che ho avuto da parte di molti cittadini».
Lei da alcuni è stato definito il «sindaco del dissesto». Adesso la cittadina di Aci Sant’Antonio è uscita dalla grave crisi finanziaria? Qual è la salute dei conti dopo la sua amministrazione? Sarà possibile alleggerire il carico fiscale dei residenti?
«Abbiamo ereditato una situazione tale che ci ha portato a decisioni sicuramente dolorose. Finalmente dal primo gennaio del 2018 siamo usciti dal dissesto. Adesso c’è la possibilità di abbassare le tasse: abbiamo già iniziato dalle spese di segreteria e man mano agiremo gradualmente, con un particolare occhio di riguardo alle fasce più deboli. Lo stato attuale del bilancio ci dice di un attivo di un milione e mezzo. Possiamo dire di essere in grado di riuscire a pagare i fornitori regolarmente. Ma, cosa molto importante, siamo riusciti ad approvare il bilancio di previsione entro i termini stabiliti dalla legge».
Molti cittadini accusano la sua amministrazione di non essersi concentrata sulle frazioni. Inoltre regnano ancora discariche in periferia. Quali saranno le prossime manovre su questi fronti?
«Penso di avere dato dignità a tutto il territorio. Non ho mai fatto distinzione tra centro e frazioni. Alcuni interventi come la riqualificazione delle piazze e quelli di raccolta delle acque piovane sono partiti proprio a Santa Maria la Stella. Stessa cosa per la raccolta differenziata. Certamente, non passa inosservato il problema delle discariche ancora presenti nelle zone di confine con altri Comuni. Per questo stiamo già attivando sei postazioni mobili di videosorveglianza: un iter iniziato a novembre e che potrà avere inizio in questi giorni».
Manutenzione stradale. Molte sono ancora le strade dissestate.
«Per noi la manutenzione deve mirare a interventi radicali, e non a semplici rattoppi. Abbiamo fatto interventi limitati nel tempo che riguardavano zone ben precise: una su tutte la manutenzione fatta in via Spirito Santo, tra le due rotatorie. C’è ancora tanto da fare, come per esempio i lavori alla circonvallazione. La sistemazione delle strade è prioritaria e con essa la segnaletica. Stiamo pensando anche di dotare le strade di appositi rallentatori. Tutte iniziative che non venivano fatte da vent’anni».
Nei loro programmi elettorali, i suoi avversari parlano del bisogno di rilanciare il turismo e di voler dare un ampio risalto alle politiche giovanili: c’è da fare di più su questi versanti?
«In questi anni ci siamo concentrati molto sulle attività culturali, specialmente per quello che riguarda la letteratura, con diverse presentazioni di libri. Abbiamo cercato di rilanciare la promozione del carretto siciliano – simbolo di Aci Sant’Antonio – con l’apertura del Museo. Qui, attraverso un’associazione locale, garantiamo le visite ai turisti e il mantenimento della Bottega del carretto siciliano. Abbiamo riaperto la Villa comunale. Punteremo a creare centri d’aggregazione soprattutto nelle frazioni. Un grande aiuto per le varie attività aggregative è stato dato dalle tante realtà presenti sul territorio. Potevamo fare ancora di più, ma le restrizioni che ci ha imposto il dissesto finanziario non ci hanno aiutato».
Raccolta differenziata. Cosa fare per implementarla? L’anno scorso aveva aperto all’ipotesi di lanciare l’impianto di Pirolisi. C’era stata soltanto la volontà di avviare il progetto, poi bloccato sul nascere dagli attivisti perché produrrebbe elevate dosi di diossina: l’ipotesi che l’impianto torni in discussione è sul campo?
«Oggi i Comuni devono fare i conti con le politiche messe in atto dalla Regione che sicuramente non aiutano. Noi abbiamo superato abbondantemente la soglia del 35 per cento di differenziata, sotto la quale potevamo andare incontro a sanzioni. Stiamo aumentando la raccolta dell’umido, ma spero che la Regione ci venga in aiuto. La gestione dei rifiuti è a pieno regime: dobbiamo migliorare il rapporto delle utenze non domestiche, penso alle utenze commerciali, e implementare le premialità per i cittadini virtuosi, incluso chi fa il compostaggio: per loro c’è uno sgravio del 20 per cento sulla bolletta. Dall’otto per cento del 2013, oggi siamo arrivati al 42 per cento. Stiamo istituendo un’isola ecologica itinerante. In più c’è la possibilità di creare una nuova isola ecologica grazie a un finanziamento della Regione: la struttura dovrà nascere in via Fucini. L’impianto di pirolisi ormai credo sia definitivamente accantonato».
A novembre del 2017 lo Sprar che ospitava alcuni richiedenti asilo è stato chiuso per un contenzioso tra la cooperativa che lo gestiva e la diocesi che possedeva i locali. Il Comune poteva fare di più affinché non venisse chiuso? Se si ripresentasse l’occasione, sarebbe disposto ad accogliere dei migranti?
«La cooperativa che gestiva il plesso non era in regola con il Durc, con un saldo negativo di 70mila euro circa, quindi il Comune non poteva dare avvio ai pagamenti, ce lo impone la legge. La carenza di strutture non è da sottovalutare, perché dopo il contenzioso tra la cooperativa e la diocesi abbiamo avuto difficoltà anche a reperire i locali per dare alloggio ai migranti. La cultura dell’accoglienza fa parte del mio modo di essere: io e coloro che mi sostengono siamo sempre disponibili. Però ci devono essere condizioni dignitose: sia per i migranti sia per i lavoratori».