Edison Pulse 2017 fa tappa in città Premio di 200mila euro per start up

Anche quest’anno le start up siciliane sono tra le protagoniste del concorso nazionale Edison Pulse, organizzato dall’omonimo colosso del settore dell’energia. Stamattina il contest ha fatto tappa a Palermo, alla Galleria d’Arte Moderna: presenti l’amministratore delegato di Edison Energia Alessandro Zunino, il sindaco Leoluca Orlando, il rettore Fabrizio Micari, il neopresidente della Camera di Commercio nonché leader degli industriali Alessandro Albanese e l’assessore regionale all’Energia Vania Contrafatto.

Il concorso mette in palio 200mila euro, un programma di supporto e di incubazione in un acceleratore di impresa per un mese e una campagna di comunicazione ed è aperto alle start up, ai team informali composti da almeno tre persone e alle imprese sociali che presenteranno idee innovative negli ambiti di Energia (soprattutto produzione e stoccaggio delle rinnovabili), Smart Home (gestione intelligente dell’ambiente domestico), Consumer (e-commerce e costumer care) e Ricostruzione Sisma (rivolto alle popolazioni colpite dal terremoto nel Centro Italia). Tra i premi, anche la possibilità di stringere una partnership con Edison per lo sviluppo congiunto del prodotto o servizio proposto. Le iscrizioni sono aperte fino al 28 aprile 2017 sulla piattaforma www.edisonpulse.it dove è possibile presentare e raccontare con video, testi e foto il proprio progetto.

Alla prima edizione del 2014 i vincitori nelle tre categorie Energia, Sviluppo sociale e culturale e Smart Communities furono tutti siciliani: la traversina ferroviaria ecocompatibile della Greenrail, il villaggio di turismo etico di Fiori di Campo sorto in un bene confiscato alla mafia a Marina di Cinisi e l’app Park Smart. Anche quest’anno la pattuglia isolana si presenta agguerrita. Rossella Corrao, professoressa associata di Architettura tecnica e Innovazione tecnologica all’ateneo del capoluogo ha fondato lo spin off accademico Smart Bulding Skin, incubato presso Arca, insieme a due giovanissimi dottori di ricerca, Luisa Pastore e Marco Morini, e all’ingegnere elettrico Santi Cucco.

«Ho iniziato a fare ricerca in questo campo nel 2008 – racconta – e abbiamo fondato questa start up nel 2013 affittando un ripostiglio (letterale, ndr) dentro l’incubatore Arca. Siamo quattro soci e due dipendenti, con un’età media sui 35 anni. Abbiamo brevettato dei mattoni fotovoltaici per le facciate e le coperture degli edifici in grado di produrre energia pulita dal sole – spiega la co-fondatrice di SBskin -. I blocchi sono realizzati con un componente solitamente noto come vetro cemento, dal quale abbiamo eliminato però il cemento inserendo un sistema di assemblaggio a secco, così da consentire la realizzazione di pannelli pre-compressi, capaci di resistere all’azione del vento o di un terremoto. Questi blocchi sono dotati di cinture termiche e celle fotovoltaiche di terza generazione che, rispetto al pannello classico, producono il 60 per cento di energia in più all’anno anche in presenza di luce diffusa o poco orientata, fanno risparmiare energia e hanno il vantaggio di essere colorati e trasparenti. Inoltre i blocchi sono smontabili e riciclabili e non hanno solo la funzione fotovoltaica ma anche altre come l’isolamento termico o la schermatura solare».

«Il progetto è stato selezionato da Forbes e presentato al Mit di Boston – sottolinea la docente -. La nostra sfida adesso è riuscire a vendere il prodotto: siamo disponibili a fare le prime installazioni pilota e a testare il nostro prodotto sia nel caso di piccoli edifici che sulle pensiline degli autobus. Abbiamo già fatto un test presso la sede dell’assessorato regionale all’Energia di viale Campania, dal quale è venuto fuori un risparmio energetico del 30 per cento. Entro quest’anno vorremmo commercializzare la prima linea di prodotto, più semplice e non ancora integrata col fotovoltaico».

In competizione c’è anche la Supercritical Energy creata da Giuseppe Caputo, che punta a risolvere «il problema dell’impatto ambientale degli inceneritori e dei termovalorizzatori attraverso una tecnologia basata sull’acqua supercritica» eliminando quindi le emissioni nocive come le diossine o il particolato e favorendo la produzione di metano da immettere in rete. Nella prima fase la start up Supercritical Energy intende rivolgersi ad aziende ospedaliere, università, laboratori di analisi cliniche e istituti di ricerca che producono in media fino a 500 tonnellate annue di rifiuti con costi di smaltimento fino a 1,5 euro al chilo. E poi c’è CrisisLab di Ugo Cerrone e Mauro Pillitteri, che dal 2012 utilizzano i social media per innovare le modalità di comunicazione del rischio in materia di protezione civile e sicurezza e fornire consulenza, formazione e soluzioni tecnologiche a enti, organizzazioni e comunità: un progetto che ha già attirato l’interesse del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile.

In coda non è mancata la polemica sul destino delle tante start up che nascono ma poi rischiano di disperdersi nei meandri della burocrazia e di non trasformarsi in aziende strutturate per la carenza di risorse: «A volte quello che manca è l’ultima fase, quella degli investimenti – sottolinea il presidente dell’ente camerale Albanese -. Prima di parlare di start up dobbiamo chiederci se creiamo i presupposti perché le start up possano diventare impresa o chiederci come il territorio attrae gli investimenti e perché alcune imprese, come hanno fatto la Fiat o l’Ansaldo Breda, se ne vanno, e ancora se i fondi della programmazione europea vengono spesi tutti e bene, visto che purtroppo una parte dei bandi è ferma al palo. Per rendere questo territorio più vivibile occorre una totale sburocratizzazione: garantendo tempi certi le imprese arrivano».

Lacune che Contrafatto ha attribuito sostanzialmente alla burocrazia, colpevole, a suo dire, di imbrigliare perfino i vertici delle istituzioni: «La politica spesso è bloccata dalla macchina burocratica – sostiene l’assessore all’Energia -, che è un elefante che si muove con estrema lentezza. Per quanti atti di indirizzo possiamo scrivere e per quante regole possiamo fare applicare, poi dobbiamo fare i conti con questa macchina, che non è diretta dalla politica. Non solo il grande malaffare ma anche il malaffare spicciolo blocca i procedimenti e i tempi delle procedure, che invece dovrebbero essere esenti da certe influenze. Finché non cambierà la cultura del lavoratore del settore pubblico, che deve lavorare per tutti e non per i propri interessi, temo che anche la politica potrà fare ben poco». «E allora la politica cambi i vertici della burocrazia, rimuova i direttori che non fanno niente o fanno male e confermi quelli che fanno bene», è la controreplica di Albanese. 


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