C’è un episodio di Fleabag, serie tv inglese in bilico tra la comicità e il dramma, in cui la protagonista affronta il suo parrucchiere in difesa della sorella Claire, rimasta traumatizzata da un taglio mal riuscito che la fa sembrare «una matita» (cit). In quella che molti hanno ritenuto una delle scene più esilaranti della serie, Fleabag (così si chiama la protagonista) si precipita nel famigerato salone di Anthony, autore del misfatto. In risposta al tentativo del parrucchiere di liquidarla con un «i capelli non sono tutto nella vita», lei con convinzione afferma «hair is everything», «i capelli sono tutto». «Vorremmo che non fosse così, per poter pensare a qualcos’altro ogni tanto», continua, «ma è così. I capelli fanno la differenza tra una buona giornata e una cattiva giornata. I capelli sono tutto, Anthony».
Adesso, io, come Anthony, faccio il parrucchiere da oltre 30 anni, ma al contrario di lui non posso che essere d’accordo con Fleabag e, riflettendoci… potete biasimarmi? I capelli non sono mai solo capelli e questo è storicamente vero. Simbolo di potere, fertilità, stile, i capelli dicono molto più di noi di quanto immaginiamo, da dove arriviamo e dove vogliamo andare. Affidiamo spesso a loro il compito emozionale di comunicare a noi stessi e agli altri le nostre velleità, il nostro carattere, i nostri desideri. Così, come fili con cui ricamiamo le trame delle nostre esistenze, i capelli ci raccontano storie di vita e ci donano forza, sicurezza, sfrontatezza, facendo perciò la differenza tra una buona e una cattiva giornata.
La scena di Fleabag che vi raccontavo prima si conclude con una nota bizzarra ed estremamente interessante: Claire chiede ad Anthony di recuperare il modello di riferimento che gli aveva mostrato entrando in salone, nel tentativo di sostenere la tesi della sorella. Quindi Anthony glielo mostra e la verità appare schiacciante: il modello è pressoché identico al taglio effettivamente realizzato su Claire. Così Anthony esordisce in modo lapidario con un «se vuoi cambiare la tua vita, cambia la tua vita. Non accadrà qui dentro». Con quest’ultima battuta, il parrucchiere abbatte in modo divertente l’aspettativa di un makeover radicale costruita fino a quel punto e ci fa riflettere su quale parte del cambiamento che spesso si cerca possa davvero avvenire in un salone.
Non mi dilungherò sul fatto che la bravura di un parrucchiere stia nell’adattare un “taglio modello” alla persona e non il contrario (scusa, Anthony), perché ci vorrebbe un articolo a sé. Dirò piuttosto che certo, un nuovo taglio non può essere la soluzione a tutto. Però, come si vede negli episodi successivi, il taglio di Claire non ha magicamente cambiato la sua vita, ma resta il fatto che lei ha cambiato la sua vita dopo aver cambiato capelli. Coincidenze? E quindi? E quindi non esiste una verità assoluta, quando si tratta di capelli non c’è una scienza esatta. Ma comunque bisogna dirlo: senza essere così invasivi o permanenti come, ad esempio, la chirurgia estetica, i capelli ci consentono di osare e ritoccare in modo leggero la nostra anima, le nostre ambizioni, il nostro tendere. Ed è un gioco sostenibile. Chi vuol esser bella sia.
Salvo Filetti, hair designer a capo di Compagnia della Bellezza, porterà la sua idea di bello come specchio dell’anima, lontano da mode effimere ma contestualizzato nella società in cui viviamo.
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