Divisi a Roma ma insieme in Sicilia? I progressisti ci credono Ma la crisi potrebbe aiutare il centrodestra a ricompattarsi

Le Presidenziali 2022, le primarie del fronte progressista siciliano, erano state presentate da tutti gli attori in scena come un modo per dimostrare agli elettori che il candidato presidente della Regione della coalizione «non sarebbe stato scelto dai tavoli romani, ma dai cittadini siciliani», come recita il refrain scandito più e più volte durante questo inizio di campagna elettorale. Eppure proprio i tavoli romani rischiano di riflesso di fare saltare il banco. La divergenza di opinioni tra le frange nazionali di Partito democratico, rimasto fedele nel sostegno a Mario Draghi, e Movimento 5 Stelle, che al governo Draghi sembra voler dare il colpo di grazia, si sono visibilmente divise. Decretando la fine di quello che più che un matrimonio dal futuro florido – come era stato narrato – sembra ormai una frequentazione occasionale, un match su Tinder

Una rottura che crea non poche preoccupazioni in Sicilia, soprattutto in chi in quelle primarie ci ha creduto: negli alleati del fronte, che pur da spettatori terzi, temono inevitabili ripercussioni date dall’improvvisa mancanza di una base politica, venuta meno con la crisi di governo che si sta consumando in queste ore a Roma. Intanto, però, dai quartier generali siciliani di Partito democratico e Movimento 5 Stelle la voce arriva unanime: «Si va avanti». Lo dice Anthony Barbagallo, segretario regionale del Pd, lo dice Nuccio Di Paola, referente regionale dei pentastellati, così come lo dice anche il suo collega Luigi Sunseri. Il Movimento comunque dovrebbe riunirsi domani per discutere dell’immediato futuro, ma la sensazione è che il responso sarà lo stesso di ieri sera. D’altra parte non c’è alternativa: la macchina delle primarie è avviata, con decine di migliaia di siciliani che hanno già espresso la propria preferenza online. Concludere tutto con un «abbiamo scherzato, vi faremo sapere» potrebbe non entusiasmare particolarmente l’elettorato, giusto per usare un eufemismo.

Intanto, i 5 stelle si sono affrettati a disinnescare qualunque tentativo di accostare la crisi in atto a Roma – e il mancato voto pentastellato alla fiducia nei confronti del governo Draghi – all’annullamento delle ultime due tappe del tour dei tre candidati in gioco per le Presidenziali. «L’annullamento dell’incontro di domani a Catania, previsto per le presidenziali22 – si legge in una nota degli organi stampa del Movimento – è dovuto esclusivamente alle condizioni di salute di Barbara Floridia, positiva al Covid. La connessione con quanto accaduto a Roma non c’entra. Le presidenziali vanno avanti». Ma se sul fronte progressista siciliano lo scenario nazionale pare non dividere, su quello del centrodestra addirittura unisce. Il primo a prendere la palla al balzo, dopo la ritrovata condivisione di intenti di Berlusconi, Salvini e Meloni è il leghista Vincenzo Figuccia, che pur reduce da qualche grana col suo partito, prova a prevedere gli eventi futuri e addirittura prospetta tuoni e fulmini elettorali di cuffariana memoria: «Ci sono tutte le condizioni per il centrodestra in Sicilia di ripetere un risultato come il 61 a zero del 2001 alle prossime elezioni politiche. La legislatura volge alla sua fine e Draghi guiderà probabilmente un governo con le Camere sciolte. La Sicilia sarà dunque ancora laboratorio per un centrodestra unito che possa riconquistare il Paese e la Regione. Diventa molto probabile che l’elezione del presidente della Regione e del Parlamento siciliano coincida con il voto per l’elezione della Camera e del Senato». 

Previsioni plausibili o meno, di certo c’è che anche questi avvenimenti spianano la strada verso la ricandidatura di Nello Musumeci, alla luce del fatto che così come il centrosinistra ha costruito la sua campagna elettorale sulla distanza dai tavoli nazionali, sul fronte opposto non si è mai fatto mistero della forte influenza esercitata dagli ambienti romani sulle decisioni che contano. E persino l’avversario interno più agguerrito di Musumeci, il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, secondo fonti interne al suo partito, si troverà a doversi misurare con il parere di Silvio Berlusconi, che parrebbe essere intenzionato a dare il proprio placet all’appoggio di un centrodestra unito nel candidare il governatore uscente. 


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