Dissesto, modificato l’emendamento Salva-Catania Ma servono i 400 milioni di euro chiesti al governo

Due commissioni parlamentari spaccate sullo stesso tema: l’emendamento Salva-Catania al decreto Milleproroghe, alla fine passato con il voto contrario del Partito democratico. Stamattina agli organismi della Camera che si occupano di Affari costituzionali e Bilancio è arrivato il documento dei deputati del Movimento 5 stelle Giuseppe Buompane e Vittoria Baldino. Obiettivo: tirare fuori dal rischio dissesto economico-finanziario il Comune di Catania. Almeno per un po’. Il testo presentato è facile e vuole rispondere, senza però farlo appieno, alle criticità del precedente emendamento: la scadenza per la ulteriore rimodulazione del piano di riequilibrio al 24 settembre 2018 era troppo difficile da rispettare per il Consiglio comunale di Catania. Così era necessario – come peraltro proposto già al Senato ma senza successo – spostare il limite temporale un po’ più in là: al 30 novembre. A questa svolta si aggiunge, inoltre, che le verifiche della Corte dei conti previste dalla legge possono iniziare solo dopo l’approvazione del bilancio consuntivo 2018. Cioè, visti i termini di legge, a partire dal 30 aprile 2019

Secondo il testo approvato dalle due commissioni, i revisori dei conti del Comune dovranno comunque scrivere le loro relazioni semestrali sullo stato di attuazione del rientro dal debito. Ma, a queste condizioni, giusto per tenere d’occhio le finanze di Palazzo degli elefanti. Altro punto che viene integrato nel nuovo emendamento riguarda i tempi di pagamento della pubblica amministrazione: anche se non vengono rispettati i canoni richiesti dalla legge – 90 o 60 giorni per versare quanto dovuto ai fornitori – questo non è motivo, dice il testo, di mancato rispetto delle prescrizioni del Tuel sul dissesto. Detta così sembra quasi la soluzione definitiva, ma per capire che è ancora troppo presto per tirare un sospiro di sollievo bisogna guardare all’emendamento «assorbito» da quello approvato: a proporlo è stata l’onorevole Stefania Prestigiacomo, che già festeggia il salvataggio di Catania con tutta la compagine di Forza Italia. «Un successo enorme, una misura che consentirà all’attuale giunta Pogliese di risollevare le sorti di una Catania messa alle corde dal malgoverno del centrosinistra che evidentemente – aggiunge con malizia l’ex ministra – avrebbe voluto il dissesto tant’è che ha votato contro… Povero Enzo Bianco».

Un emendamento viene considerato «assorbito» quando il testo approvato è di più ampio respiro. L’emendamento di Prestigiacomo, dunque, dovrebbe essere considerato «incluso» in quello che oggi è stato validato dalle commissioni Bilancio e Affari costituzionali. In quest’ultimo, però, manca un passaggio che per Catania è fondamentale: «Senza che rilevi il mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi fissati dal piano». Una frase che sarebbe servita a togliere ogni potere alla delibera della Corte dei conti di Palermo che, lo scorso 23 luglio, ha dichiarato che per Catania sussistono le condizioni di dissesto economico-finanziario. Servirà, dice qualcuno, un’interpretazione autentica del ministero dell’Interno per garantire che l’emendamento sia sufficientemente chiaro da rendere quasi nulle le parole della magistratura contabile. Ma anche questo potrebbe non bastare.

C’è poi da considerare che, per dirla semplicemente, finora i conti sono stati fatti senza l’oste: il Comune di Catania non può farcela senza quell’aiuto dal governo ipotizzato dal vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini durante la sua visita ferragostana. Pare che Palazzo degli elefanti abbia chiesto al governo circa 400 milioni di euro, anche se non in un’unica soluzione. Vincolati a un cronoprogramma stringente, fatto di scaglioni da rispettare e obiettivi da raggiungere. Un po’ come i pagamenti a Sal (stato di avanzamento dei lavori) previsti da alcuni bandi pubblici. L’idea è una sorta di «cantiere Catania», con l’obiettivo non di costruire ma di smontare un grattacielo di difficoltà economiche. Come se non ci fosse già abbastanza carne sul fuoco, il Comune non può mancare l’appuntamento del 22 settembre: è quella la data in cui scadranno i termini per la presentazione del ricorso contro la delibera del dissesto. Il sindaco Salvo Pogliese e il vicesindaco Roberto Bonaccorsi osservano il lavoro dell’avvocato Agatino Cariola a cui è stato dato mandato di scrivere alle Sezioni riunite della Corte dei conti, a Roma, contro la decisione già presa dai giudici contabili di via Notarbartolo, a Palermo. La partita è ancora da giocare.


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