Divani, materassi, frigoriferi e materiale di risulta, tutti dentro all'area portuale etnea. Sinistra ecologia e libertà e l'associazione pescatori marittimi e professionali denunciano il degrado in cui versa il molo Crispi, nell'indifferenza dell'autorità portuale. Che, interpellata, risponde: «Queste sono strumentalizzazioni». E annuncia una conferenza stampa venerdì mattina. Guarda il video
Discarica a cielo aperto al porto di Catania I pescatori: «Vogliamo un’isola ecologica»
Un divano e una poltrona fanno bella mostra di sé all’interno del porto di Catania. Alle spalle del molo Crispi, per la precisione, accanto a un materasso con le molle a vista e a un vecchio frigorifero. È una discarica a cielo aperto quella che hanno denunciato questa mattina Marcello Failla ed Enrico Giuffrida di Sinistra ecologia e libertà, assieme a Fabio Micalizzi, presidente regionale dell’associazione pescatori marittimi e professionali. «È come se in un grande albergo fossero puliti solo la hall e l’ingresso afferma Micalizzi E la situazione è diventata pesantissima». Per questo hanno presentato un esposto alla procura della Repubblica etnea. «La spazzatura è sotto gli occhi di tutti sostiene Failla Non c’è bisogno di cercare una risposta dalla stessa autorità portuale che in tutti questi mesi è stata completamente assente».
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«Elettrodomestici e materiale edile lasciano intendere che alcune ditte abbiano fatto dei lavori al porto e che poi abbiano lasciato tutto qui», racconta Giuffrida. Che prosegue: «I pescatori chiedono da tempo un’isola ecologica all’interno del porto, per poter debitamente smaltire i loro rifiuti e nessuno ha dato loro risposte». Primo tra tutti Santo Castiglione, presidente dell’autorità portuale. Il suo entourage si è rifiutato di rilasciare dichiarazioni sulla discarica: «È stato strumentalizzato tutto», dichiarano. E per ulteriori risposte rimandano a una conferenza stampa, venerdì mattina.
È la seconda volta in pochi mesi che pescatori e politici di Sel lamentano il degrado in cui versa l’area portuale: «Stiamo come porci», denunciavano i lavoratori a marzo. E aggiungevano: «Così non possiamo più andare avanti: chiediamo punti luce e acqua, ormeggi, attracchi sicuri per i pescherecci e raccolta differenziata». In un posto in cui mancano perfino i bagni.