Disabile psichica stuprata all’Oasi di Troina, l’operatore sanitario resta in carcere

La III sezione penale della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’operatore socio sanitario di Troina (in provincia di Enna) che, nel 2020 in pieno lockdown e in piena zona rossa, aveva violentato e messo incinta una 26enne affetta da grave disabilità psichica, ricoverata nell’istituto Oasi di Troina. L’uomo, oggi 40enne, sposato e padre di un figlio, era stato condannato in primo grado, dal tribunale di Enna, a dieci anni di carcere – ridotti poi a sette anni e sei mesi in Appello – che continuerà a scontare, dato che non è mai stato scarcerato, dopo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso presentato in Cassazione.

A presentare la denuncia alla squadra mobile di Enna, assistita dall’avvocata Eleanna Parasiliti Molica era stata la madre della giovane disabile psichica, che, grazie a un’indagine condotta anche attraverso il ricorso all’esame del dna, portò all’arresto dell’operatore in tempi rapidissimi. «Non è stato uno stupro, mi ha provocato ed è accaduto solo una volta». Così aveva detto nel corso dell’interrogatorio il 40enne assistito dall’avvocata Eliana Maccarrone. Una tesi che non ha retto, portando i giudici alla sentenza. Lo stesso direttore sanitario dell’Oasi di Troina, Michelangelo Condorelli, aveva spiegato che «la ragazza è affetta da una grave disabilità psichica che non le permette di avere coscienza di sé e nemmeno di elaborare un discorso». Nessuna informazione in più sulle patologie specifiche ma, di fronte alla domanda sulla possibilità di un consenso, il direttore era stato categorico. «Non credo proprio, non ha nemmeno percezione del suo stato di gravidanza». 


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