L'uomo si era offerto di strisciare il cartellino per conto del collega, impossibilitato ad accedere ai locali in cui si trova la macchinetta. Il settore Risorse umane: «Prassi deprecabile perché non è possibile far utilizzare o consegnare ad altri il proprio tesserino»
Dipendente aiutava collega disabile a timbrare badge Il Comune lo sanziona, ma il giudice archivia il caso
Una storia che ha davvero dell’incredibile, quella accaduta a Giuseppe Giambruno, dipendente comunale in forza al corpo di polizia municipale di Palermo, colpevole di aver aiutato un collega disabile, Emanuele Di Bella, affetto da poliomelite con gravi limitazioni della deambulazione. Quest’ultimo, infatti, era stato autorizzato a parcheggiare nell’area condominiale dell’ufficio, come si legge nella sentenza, in modo da potere raggiungere agevolmente la propria postazione di lavoro a piano terra, sprovvista però dell’apparecchio di timbratura. Di Bella avrebbe dovuto salire le scale, operazione impossibile per un disabile e strisciare il proprio badge nella macchinetta che si trova nell’atrio. Un gesto «caritatevole» nei confronti del collega che è costato caro a Giambruno denunciato e sottoposto a processo con l’accusa di aver utilizzato un badge non suo ma quello del Di Bella.
Ma oltre al danno la beffa perché il Comune ha avviato un’azione sanzionatoria nei suoi confronti, come si legge nel procedimento disciplinare a firma del settore risorse umane, in quanto «è prassi che l’utilizzo del badge altrui e la consegna dello stesso per le più svariate esigenze, legittime o meno deve essere adeguatamente sanzionata sotto il profilo disciplinare». E aggiungendo anche che «questo comportamento compromette l’accertamento dell’effettiva presenza in servizio dello stesso lavoratore».
A questo punto la vicenda giudiziaria, che sembrava sfavorevole per il dipendente, ha preso una piega diversa, in quanto il giudice ha deciso di archiviare il caso. «Non sono emersi elementi utili a comprovare in alcun modo una responsabilità penale – si legge nella sentenza – tanto che non si emette avviso di conclusione di indagini; ciò in considerazione del fatto che già in prima lettura degli elementi di accusa raccolti non emergeva prova della sua responsabilità in relazione al tipo di attività lavorativa e, comunque, non idonei a sostenere l’accusa in giudizio».
Rimane però l’amaro in bocca in quanto il Comune, sulla base dell’applicazione della riforma Madia, come viene scritto nella lettera di avvio della procedura disciplinare, ne ha confermato la sanzione del rimprovero scritto al lavoratore. Tutto davvero sconfortante in quanto leggi, codicilli e regolamenti, purtroppo, non considerano e non prevedono, soprattutto, la variabile dell’aspetto umano.