Dietro le bombe di Gaza c’è il controllo dei giacimenti di gas. E l’Italia intanto vende armi a Israele…

L’OBIETTIVO DI QUESTA GUERRA E’ IMPEDIRE CHE LA RUSSIA ENTRI IN QUESTO TERRITORIO. L’ACCORDO TRA PUTIN E IL PRESIDENTE PALESTINESE ABBAS. L’ACCORDO SOTTOSCRITTO TRA IL NOSTRO PAESE E GLI ISRAELIANI NEL 2005 TENUTO NASCOSTO AL PARLAMENTO. E L’ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE?

L’articolo 11 della Costituzione recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali….”. Proprio a conferma di questo principio (e per fare chiarezza su alcuni scandali per il coinvolgimento di una filiale statunitense di una grande banca italiana nella vendita illegale di armi all’Iraq di Saddam Hussein), nel 1990 è stata approvata una legge, la n. 185, che prevedeva ulteriori controlli in materia di importazione ed esportazione dei sistemi di armamento da e per l’Italia. Questa legge impedisce che sistemi d’arma italiani possano essere venduti a Paesi in conflitto o che violino gravemente i diritti umani. (a destra, foto tratta da 2duerighe.com)

Nei giorni scorsi i telegiornali sono stati riempiti di notizie circa le stragi causate da bombardamenti israeliani su Gaza, molti di questi su siti “civili” e non su obiettivi militari (tra questi, una scuola costruita proprio grazie ai soldi del governo italiano). Una violenza ingiustificata che ha portato alcuni a prendere provvedimenti drastici: c’è stato chi, come il Brasile, ha richiamato il proprio ambasciatore in Israele, dicendo che “il governo brasiliano considera inaccettabile l’escalation di violenza. Condanniamo fermamente l’uso sproporzionato della forza da parte di Israele a Gaza”.

Pochi sono stati invece i commenti delle organizzazioni internazionali, almeno fino a quando non è stata votata una mozione che prevedeva l’intervento dell’ONU (peraltro blando). Ma l’aspetto più importante, che molti notiziari hanno cercato (invano) di tenere nascosto, è che questa decisione è stata approvata con una maggioranza alquanto risicata a causa dell’astensione o del voto negativo di molti Paesi.

Tralasciando il voto negativo degli USA (i cui rapporti economici e militari con il governo israeliano evidentemente vanno al di là dei principi umanitari), ciò che avrebbe dovuto sorprendere è il fatto che si sono astenuti dal votare a favore della missione “esplorativa” (nessuna sanzione o messa in mora, solo una missione per capire come stanno realmente le cose – ammesso che non lo si sappia già) molti dei paladini della Pace e del rispetto dei Diritti Umani nel mondo, dal Regno Unito alla Germania, dalla Francia al Giappone fino all’Italia.

I nostri rappresentanti (anche se in realtà non lo sono, essendo stati eletti con un sistema elettorale incostituzionale) non hanno voluto autorizzare l’intervento dell’ONU per verificare che in un conflitto che dura ormai da oltre mezzo secolo non venissero commesse vere e proprie stragi. Perché?

Forse la spiegazione è da cercare nel fatto che i rapporti commerciali tra Italia e Israele sono quanto mai prosperi e gli scambi di merci e informazioni aumentano anno dopo anno. Ma la cosa più importante è che uno dei settori più interessanti per gli scambi tra il nostro Paese e Israele riguarda proprio gli armamenti e l’intelligence.

Mentre venivano promossi e pubblicizzati accordi “puliti” tra Israele e il Governo Italiano (“Le Autorità israeliane apprezzano anche la coerente e ferma linea di condotta da parte di tutte le nostre Istituzioni nel contrastare l’insorgenza dell’antisemitismo in ogni sua possibile forma. L’Italia, dal canto suo, è da sempre impegnata a favorire il processo di pace in Medio Oriente, sostenendo l’attuazione del percorso fissato nella Road Map, che dovrebbe portare alla creazione di uno Stato palestinese, che conviva con Israele pacificamente e in sicurezza all’interno di confini internazionalmente riconosciuti. L’Italia, a tal proposito, ritiene che il processo di pace debba fondarsi sulla rinuncia alla violenza e sul riconoscimento reciproco delle parti, da un lato condannando fermamente ogni atto di terrorismo, incluso il lancio di razzi sulle città israeliane di confine…” si dice in nella pagina ufficiale dell’ambasciata italiana in Israele), i due Governi facevano grandi affari in settori come la fornitura di armi e armamenti (dagli M-346 “Master” prodotti da Alenia Aermacchi ai velivoli di pronto allarme “Gulfstream 550” ai sistemi satellitari elettro-ottico ad alta risoluzione di seconda generazione “Ofeq” e molto altro ancora) e stipulavano accordi militari (come quello riportato nella legge n. 94 del 17 maggio 2005). Accordi che prevedono scambi di armi e tecnologie per miliardi di Euro, ma anche accordi di “assistenza” reciproca.

Il tutto dietro una oculata triangolazione con gli USA (non a caso unico Paese ad aver votato “NO” per l’intervento dell’ONU in Israele e primo partner commerciale del Paese mediorientale).

In base agli accordi, Italia e Israele “collaboreranno di comune accordo e in conformità con le rispettive leggi ed impegni internazionali, al fine di incoraggiare, agevolare e sviluppare la cooperazione nei settori militare e della difesa”. Collaborazione che riguarderà, tra l’altro, l’”importazione, esportazione e transito di materiali militari e di difesa,[….] organizzazione delle forze Armate, struttura e materiali di reparti militari e gestione del personale, formazione/addestramento…”.

Il 2 dicembre 2008, poche settimane prima dell’operazione israeliana «Piombo fuso» a Gaza, anche la Nato ha ratificato il «Programma di coo-perazione individuale» con Israele. Da allora gli scambi, non solo di merci, ma anche di informazioni e di know-how tra Italia e Israele si sono intensificati. Meeting e visite di cortesia si sono sommate a importanti esercitazioni militari bilaterali sia in Italia (le ultime in Sardegna) che in Israele (l’ultima ad Haifa).

Ma il settore più importante è stato, ed è, l’import e l’export di sistemi d’arma, secondo molti in violazione della legge italiana che disciplina il commercio di tecnologie belliche e che vieta le vendite a Paesi belligeranti o i cui Governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali dei diritti umani. Le forze israeliane dal 1967 sono impegnate su più fronti di guerra e occupano ancora buona parte della West Bank.

L’accordo sottoscritto nel 2005 tra Italia e Israele si compone di 11 articoli e di un memorandum segreto. Secondo molti questo memorandum sarebbe stato tenuto segreto anche al Parlamento per “motivi di sicurezza”. Se questo è vero, nessuno, neppure i vari esemplari di HOMO POLITICUS che hanno votato quella legge o i capi di Governo che si sono succeduti negli ultimi anni, sa esattamente fino a che punto si sia spinta la collaborazione militare tra Italia e Israele.

Ma perchè molti Paesi stanno “coprendo” le stragi israeliane? La religione non c’entra niente (ebrei in molte parti del mondo hanno manifestato contro le stragi di Gaza). Né c’entra l’omicidio dei tre ragazzi che secondo alcuni media avrebbe scatenato la reazione (smisurata e ingiustificata) degli israeliani.

La causa di questa strage è il controllo sui giacimenti di gas al largo di Gaza. Il 23 gennaio 2014 il presidente palestinese Abbas ha proposto al presidente russo Putin di rafforzare la cooperazione nel settore energetico e di affidare alla russa Gazprom lo sfruttamento dei giacimenti nelle acque di Gaza (oltre a quello petrolifero nei pressi della città palestinese di Ramallah in Cisgiordania (agenzia Itar-Tass). Il 2 giugno 2014, iniziano i contatti per ratificare l’accordo tra Russia e nuovo Governo palestinese. Solo dieci giorni dopo, il 12 giugno, tre giovani israeliani vengono rapiti e uccisi: un casus belli che innesca l’operazione «Barriera protettiva» contro Gaza.

All’origine delle stragi di Gaza non c’è nessuno spirito di vendetta né la voglia di “fare giustizia”: c’è solo la brama di impadronirsi di riserve energetiche, impedendo, allo stesso tempo, che la Russia riacquisti influenza nella regione. E per farlo Israele si sta avvalendo dell’aiuto (anche militare) di molti Paesi occidentali, Italia compresa.

Foto di prima pagina tratta da wikipost.it

 

 


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