Dal blog del «Laboratorio di ascolto musicale» riprendiamo le considerazioni di una studentessa a contatto grazie a uno del laboratori del Medialab con il mondo dei suoni di ogni giorno e con le opere fino a ieri guardate con diffidenza dei grandi compositori del passato
Diario di una studentessa che ha scoperto la musica
Fino a qualche tempo fa non avrei mai immaginato di trovarmi adesso a scrivere questo diario che ha come sfondo una bellissima branca dell’arte: la musica classica.
Come ho scritto anche nel questionario consegnato durante le prime lezioni, ho scelto di partecipare al Laboratorio di ascolto musicale un po’ per curiosità, ma soprattutto perché ho sempre amato la musica poiché riesce a rievocare in me sentimenti, immagini, pensieri, ricordi. La musica rappresenta per me un momento di evasione grazie al quale è possibile stimolare la fantasia, l’immaginazione. Ad essere sincera inizialmente non pensavo che anche la musica classica mi avrebbe regalato così forti emozioni, ma mi sono dovuta ricredere.
Frequentando il Laboratorio di ascolto musicale ho imparato molte cose: innanzitutto ho imparato a distinguere un po’ i vari compositori a seconda delle diverse caratteristiche delle loro opere, e a collocarli nel tempo; abbiamo poi fatto una classificazione delle diverse forme vocali e ascoltato musica sacra (messe, mottetti) e profana (chansons, madrigali); ho inoltre imparato qualcosa in più riguardo al pianoforte… ma soprattutto ho imparato ad ‘ascoltare’, a pensare solo alla musica, ad avere in testa solo i suoni e niente più.
Durante le lezioni abbiamo ascoltato opere di vari compositori; una delle prime lezioni è stata riservata alla musica classica del periodo Barocco (Seicento). Ci siamo così soffermati su alcune opere di Bach, Händel e altri. Abbiamo visto poi il cambiamento che la musica subisce durante il corso del Romanticismo: l’Ottocento vede il passaggio dal trionfo della forma e della regola al superamento di esse, sino allo stravolgimento del sistema tonale consolidato, alla base della cultura europea. Si assiste, nel Novecento, al modificarsi del concetto stesso di musica, non più considerata un insieme ordinato e armonico di suoni gradevoli, ma in grado di annoverare anche rumori, nuovi strumenti e tecnologie. Devo dire che la musica di questo periodo mi ha appassionata di più rispetto a quella del periodo precedente.
Interessanti sono stati i “giochi” che ci sono stati proposti durante le lezioni. Quello che mi ha colpita di più? una breve ma intensa passeggiata per il cortile esterno della facoltà, durante la quale in silenzio dovevamo prestare attenzione ai suoni/rumori che sentivamo. Sono venuti fuori suoni interessanti: dal calpestio della ghiaia, allo schiocco di un bacio, l’antifurto di una macchina in lontananza… Grazie a questo gioco, come ho detto prima, ho capito l’importanza dell’ascolto, soffermandomi a riflettere sui suoni percepiti. Penso che il mio approccio all’ascolto sia un po’ cambiato in questo senso.
Naturalmente è cambiato anche il mio rapporto nei confronti della musica classica; come ho scritto nel questionario non ero mai stata ad un concerto di musica classica ma avevo assistito a vari balletti che interpretavano le note delle opere di vari compositori. Il mio rapporto con la musica classica era quindi limitato alla danza, cioè era attraverso quest’ultima che avevo modo di ascoltarla. Adesso invece non esiste più alcuna forma di mediazione, c’è un rapporto diretto all’ascolto.
Grazie alle ore di laboratorio ho avuto modo di ascoltare brani di autori che prima non conoscevo. In particolare ho apprezzato molto la musica di Chopin, di Mozart, ma anche di Satie, Ravel.
Il dvd preparato per coloro che hanno frequentato il laboratorio è molto vario; contiene un po’ di tutto: dalla musica del Medioevo a quella del Novecento. Ascoltando il dvd a casa, ho potuto constatare, a mia grande sorpresa, che è stato apprezzato anche da una mia amica, la quale ha voluto sapere un po’ di più riguardo ai brani ascoltati e in generale riguardo alla mia esperienza a questo laboratorio.
Davvero bella è stata l’esperienza del concerto al Palazzo Biscari. Il Calefax Quintet, un giovane quintetto olandese, ha interpretato musica dal XIV secolo ai nostri giorni con uno stile assai personale, colmo di comunicatività. Il concerto è stato preceduto da una breve intervista in cui ci è stato spiegato che loro interpretano l’arrangiamento di un altro arrangiamento e non del pezzo originale (metodo che hanno chiamato passaparola) in modo che il risultato sia ancora più particolare. Ascoltare dal vivo il concerto di questi musicisti è stato molto diverso rispetto al fatto di ascoltare la musica a casa o al laboratorio. Soprattutto è stato molto bello poter vedere il loro trasporto, il loro coinvolgimento mentre suonavano e un’altra cosa che mi ha colpito è stato il loro rapporto diretto con il pubblico nell’illustrare il loro programma brano per brano.
Per concludere posso dire che se dovessi suggerire a qualcuno di ascoltare un brano di musica classica gli consiglierei Chopin, il compositore che più mi ha affascinata. Fryderyk Chopin (1810 – 1849) è considerato il più grande compositore polacco ed uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi. Fu tra i rappresentanti principali del Romanticismo e venne chiamato il poeta del pianoforte. Tuttavia nella sua musica convergono elementi di derivazione classica: l’equilibrio tra le parti, l’estrema precisione della scrittura, la perfezione stilistica. Per capire la musica chopiniana bisogna forse conoscere la sua vita, ma non è un errore dire che dalle sue opere si può capire la sua vita.
Ciò che ho apprezzato particolarmente di Chopin sono stati i suoi Valzer. Essi presentano forme svariate, e si fanno ammirare soprattutto per la raffinatezza dei temi e la ricercatezza della scrittura. Sappiamo che Chopin li pensò come brani puramente musicali, non perché fossero ballati dai membri di quella buona società parigina della quale faceva parte egli stesso, ma che non amava. Tra i momenti più efficaci dei Valzer maggiori vi sono sicuramente le “code”, in cui Chopin condensa le idee tematiche della composizione. Ci sono Valzer con spirito goliardico-spensierato e Valzer estremamente malinconici e tristi (che sono proprio quelli che rendono tale forma musicale un capolavoro).
Soprattutto mi hanno colpito il Valzer op. 18 e il Valzer op. 69 n. 2: ritengo che la prima sia un’opera piena di immensa vitalità, di freschezza, di gioia di vivere. Chiudendo gli occhi, ho avuto la sensazione di cominciare a volteggiare e volteggiare fino a rimanere senza fiato. Il secondo Valzer, invece, è un’opera molto intensa, profonda e passionale, ricca di emozione, di trasporto. È stata proprio quest’ultima una delle prime opere di Chopin di cui mi sono innamorata. Penso che Chopin nel pianoforte mettesse tutto se stesso, ed il pianoforte traduce questo con le sue opere.