Palermo, probabilmente più di altre, è la città in cui è meglio non farsi domande. Accettare che non tutto quello che si vede ha per forza una spiegazione razionale dà quasi un senso di piacevole leggerezza. E così può capitare, in una mattina qualsiasi, di passare da piazza Ballarò e trovarla invasa da tirolesi, con tanto di costumi tradizionali, cappelli di paglia adornati di fiori – finti – e grappoli di campanelle appesi alle gambe, alle caviglie, alle braccia. Sono seduti in uno dei pub-taverna della piazza e chiacchierano amabilmente sorseggiando birra, alle undici del mattino. Un signore del luogo si avvicina a loro con brandendo una macchinetta fotografica. «Cià pozzu fari na fotu?» dice, mostrando l’apparecchio ai turisti, che non si scompongono e si lasciano fotografare.
Poco distante, intanto, nei pressi di Palazzo delle Aquile, sta andando in scena un’insolita alleanza, quella tra gnuri e polizia municipale, categorie che da sempre si guardano con diffidenza. Qualcuno, probabilmente con una cicca di sigaretta, ha causato l’incendio di un cassonetto pieno di cartone in via D’Alessi, a ridosso di via Maqueda. Prontamente il padrone di un calesse si è lanciato verso il rogo, spostando il bidone verso il centro della strada e salvando così la facciata laterale dell’edificio storico che ospita la facoltà di giurisprudenza. Nel frattempo due agenti della municipale si occupavano di mettere in sicurezza l’area, allontanando le auto. «E io sugnu sempre chiddu tintu, giusto?» dice sorridendo lo gnuri a un vigile. «Eh, ma anche noi siamo intervenuti», la risposta, con tanto di sorriso ricambiato.
La mattinata non gode dei favori del meteo, che offre un cielo grigio e poco rassicurante, ma i turisti affollano mercati storici e monumenti. Non sembrano particolarmente attratti dalla scena del cassonetto incendiato. Ma, poco dopo, i tanti crocieristi che fino a quel momento erano impegnati a immortalare ogni angolo della fontana di piazza Pretoria puntano i mirini delle loro macchine fotografiche sulla strada come farebbe un plotone d’esecuzione. Oggetto della curiosità è un signore di mezza età, barba lunga, cappello rosso di lana, che cammina tranquillamente portando in spalla un cavalluccio a dondolo di cartapesta. L’uomo finisce con l’attirare anche l’attenzione della cavalla di una carrozza ferma ai Quattro Canti, ignara di essere da sempre anche lei preda abituale dei cacciatori di foto. Soprattutto per il nome che porta inciso sulla targhetta che le ricade sulla fronte: Maria De Filippi.
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