Democrazia partecipativa, istruzioni per l’uso «Non l’ha creata il M5s, si studia da 30 anni»

«La democrazia partecipativa non è stata inventata dal Movimento 5 stelle, questi temi sono studiati già dagli anni ’80. Adesso stiamo solo applicando a dei fenomeni nuovi una norma che esiste già». Andrea Patanè è dottorando in Autonomie locali dell’università del Piemonte orientale. Assieme al collega Davide Servetti ha avviato a Novara il progetto Spedd, Sperimentazione percorsi di democrazia deliberativa. Il tema verrà analizzato oggi, alle 15, nel corso di un incontro organizzato a Villa Cerami dal dipartimento di Giurisprudenza nell’ambito delle attività della cattedra Jean Monnet – Progetto di ricerca servizi pubblici, diritti fondamentali e costituzionalismo europeo. 

«Ci siamo occupati di studiare questi argomenti – spiega Patanè – perché abbiamo al momento una legislazione sia locale che nazionale che ci permette di inserire strumenti partecipativi, che però devono essere fatti propri dalle comunità». «L’esigenza è seminare il concetto di cittadinanza attiva», gli fa eco Mirko Viola, responsabile del progetto Catania Source. «Far capire alla comunità che esiste la possibilità di incidere sulle decisioni e diventare soggetti attivi».

«Di solito si tratta di idee che partono dal basso, dalle associazioni, e fanno capire che i cittadini hanno voglia di partecipare», prosegue Patanè. Che elenca anche alcuni casi in cui gli enti stanno provando ad allargare la partecipazione. «In Trentino i cittadini parteciperanno alla scrittura dello statuto regionale; Napoli ha modificato la propria carta per avviare delle forme di coinvolgimento. In Toscana le decisioni sulle opere pubbliche verranno prese consultando i residenti. Ma bisogna evitare che questa partecipazione non venga messa a frutto». Per questo motivo, secondo il dottorando, è importante analizzare il tema da diversi punti di vista: sociologico ed economico, oltre che giuridico. 

Alle falde dell’Etna Catania source ha portato a diverse iniziative: dall’avvio del progetto di chiusura domenicale del Lungomare alla pubblicazione dell’inventario dei beni comunali, passando per il tavolo convocato per discutere del nuovo appalto per la gestione del servizio di gestione dei rifiuti e il portale per conoscere gli interventi della Multiservizi. Però, avverte Viola, «queste forme di coinvolgimento, se non sono accompagnate da una cultura della partecipazione, da un cambio generazionale, producono pochi effetti». E chiarisce: «Più sono le persone che usufruiscono di questi diritti, meno potrebbero essere negati. L’amministrazione comunale non deve vedere tutto questo come un problema, ma come un’opportunità – conclude Mirko Viola – Si riduce il dissenso, perché il risultato finale è frutto di un processo condiviso». 


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Il tema sarà al centro di un incontro che si terrà oggi. «La legislazione ci permette di inserire strumenti partecipativi, devono essere fatti propri dalle comunità», spiega Andrea Patanè, esperto di Autonomie locali. E gli fa eco Mirko Viola, di Catania source: «Senza cultura della partecipazione non ci sono risultati»

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