«Almeno vogliamo ritrovare il suo corpo e dargli una degna sepoltura». Per i familiari di Daouda Diane, il mediatore culturale ivoriano scomparso da Acate (nel Ragusano) il 2 luglio del 2022, sembrano finite le speranze di ritrovarlo in vita. Ma non quelle di riuscire a fare luce su quanto accaduto un anno fa. Quando di […]
Acate, verso l’archiviazione le indagini sull’omicidio del mediatore Daouda. «Serve rappresentanza legale per i familiari»
«Almeno vogliamo ritrovare il suo corpo e dargli una degna sepoltura». Per i familiari di Daouda Diane, il mediatore culturale ivoriano scomparso da Acate (nel Ragusano) il 2 luglio del 2022, sembrano finite le speranze di ritrovarlo in vita. Ma non quelle di riuscire a fare luce su quanto accaduto un anno fa. Quando di lui si è persa ogni traccia. Le ultime sono nei due video girati con il cellulare all’interno del cementificio della Sgv Calcestruzzi Srl dove avrebbe lavorato senza contratto e inviati ad alcuni amici e parenti in Costa d’Avorio. Immagini dove il 37enne lamentava le condizioni di lavoro a cui deve sottostare e la mancanza di garanzie e sicurezze. Nel registro degli indagati, sono finiti proprio i titolari del cementificio e alcuni loro familiari accusati di omicidio e occultamento di cadavere. «Le indagini vanno ancora avanti – conferma a MeridioNews il procuratore di Ragusa Fabio D’Anna (che proprio qualche giorno fa ha lasciato la sede iblea per Caltanissetta) – ma non ci sono novità. Abbiamo vagliato varie piste diverse, ma nessuna ha portato a degli elementi utili». Intanto, di Diane nessuno parla più come di uno scomparso. Del resto, è passato più di un anno e, a conti fatti, senza nessun dato nuovo, anche le indagini pare andranno in direzione di un provvedimento di archiviazione.
Eppure, intanto, sul caso qualcosa si sta muovendo. Passi che arrivano dall’impegno che, sin dall’inizio, stanno mettendo dalla sezione locale del sindacato Usb. «Stiamo aspettando, e dovrebbe arrivare a breve – spiega a MeridioNews il segretario Michele Mililli – una risposta da parte dell’ex presidente della Camera dei deputati Roberto Fico che si era fatto portavoce per aprire un dialogo con il consolato in Costa d’Avorio». L’obiettivo delle interlocuzioni, di cui si sta occupando anche la deputata regionale del Movimento 5 stelle Stefania Campo – la stessa che aveva già presentato un’interrogazione all’Ars sulla vicenda -, è riuscire a fare avere ai familiari di Diane una delega per essere legalmente rappresentati in Italia da un avvocato. «C’è già uno dei nostri legali – chiarisce il segretario provinciale dell’Unione sindacale di base – che ha conosciuto in videochiamata i parenti di Daouda e si è messo completamente a disposizione della causa». Quella della rappresentanza legale è una questione di fondamentale importanza per i parenti, impossibilitati per questioni economiche a lasciare il loro Paese per venire in Italia, senza la quale non hanno possibilità di accedere ai fascicoli dell’indagine e, qualora si dovesse arrivare a un processo, nemmeno di costituirsi parte civile.
«Siamo in costante contatto con la moglie e il fratello di Daouda – conferma Mililli che con il sindacato ha organizzato anche una raccolta fondi per i parenti – Sappiamo che stanno male: hanno perso le speranze di ritrovarlo vivo e non riescono a spiegarsi come sia potuta succedere una cosa del genere. In effetti, è inspiegabile». E la vicenda del 37enne si porta dietro degli strascichi per gli altri lavoratori della fascia trasformata del Ragusano. «Tra i migranti impiegati nelle serre della zona, l’allerta non si attenua. C’è in loro una profonda insicurezza – commenta il sindacalista – una preoccupazione e una rabbia dovute all’incertezza su questa vicenda mista alla paura che qualcosa di simile potrebbe capitare anche a loro».