Ambiguo e sfuggente, come sempre. A Palermo, Massimo D’Alema non ha tradito il suo stile. Arrivato nel capoluogo siciliano in sostegno della candidatura a sindaco di Fabrizio Ferrandelli, non ha deluso le aspettative. Parlando del governatore Raffaele Lombardo, indagato per concorso esterno e voto di scambio, ha detto che “uno che è sotto processo non può governare”. Ma si è dimenticato di dirlo ai suoi compagni di partito, Antonello Cracolici e Beppe Lumia, i padrini di Ferrandelli, tra i maggiori sponsor del governo regionale e dai quali la richiesta di dimissioni a Lombardo non è mai partita. E che ci vogliamo fare? D’Alema è sempre D’Alema.
Rendendosi, forse, conto che il suo discorso non era del tutto lineare, ha aggiunto: “Io sono contrario a tutti i dirigenti nazionali che vengono qui e dicono cosa bisogna fare alla Regione siciliana, a me non compete. Io non ho nessuna responsabilità nel Pd”. Pressapoco la stessa cosa dice Berlusconi nel Pdl. E nessuno ci crede.
“Sono qui per sostenere il candidato scelto dalle primarie attraverso gli elettori del centro sinistra. Questa e’ la candidatura che in modo piu’ evidente rappresenta un segno di speranza verso il futuro” ha dichiarato D’Alema. Nessun riferimento alla tormentata conclusione di queste primarie e all’inchiesta della Procura di Palermo sui presunti brogli. Ovviamente. E poi, parlando della discesa in campo di Leoluca Orlando il tentativo di minimizzare il pericolo: “Il passato non interessa”. Gli risponde per le rime il senatore e coordinatore regionale dell’Idv, Fabio Giambrone: “D’Alema non cerchi di contagiare Palermo con i guai che da anni ha provocato in Puglia. Giù le mani da Palermo”.
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