Dal Sole 24 Ore una lezione di stile (e di economia) a chi straparla su una ripresa economica che non c’è

IL QUOTIDIANO DELLA CONFINDUSTRIA FA GIUSTIZIA SULLE NOTIZIE INESATTE, SE NON SBAGLIATE, CHE IN QUESTI GIORNI VENGONO FORNITE AGL’ITALIANI DA IMPROVVISATI ECONOMISTI

Risulta estremamente interessante un articolo pubblicato oggi da Il Sole 24 Ore, giornale della Confindustria. L’articolo, a firma di Marco Onado, fa giustizia di tutte le scemenze che sono state scritte in questi giorni sulla “ripresa” dell’economia italiana – che è una balla colossale – e sull’ottimismo dei cantori dell’euro, che forse, prima di parlare, dovrebbero osservare un po’ meglio i veri ‘numeri’ dell’economia italiana.

Già il titolo dell’articolo è indicativo: “Ognuno per sé e la Bce per tutti. Ma a rimetterci sono le imprese”.

“I problemi finanziari dell’Europa – scrive il Sole 24 Ore – sono ben lungi dall’essere risolti e il prezzo più alto oggi lo stanno pagando le imprese, in particolare quelle piccole e medie dei Paesi periferici, a cominciare dall’Italia”.

Questo è il primo passaggio importante per gli “ottimisti” che magari pensavano che l’economia italiana era la Fiat: al contrario, la spina dorsale dell’economia italiana è rappresentata dalle piccole e medie imprese che l’attuale Unione europea sta sacrificando oltremodo.

Insomma, le piccole e medie imprese del nostro Paese sono in grande sofferenza. “È questo il messaggio – spiega Il Sole 24 Ore – che emerge dal consueto rapporto della Bce sull’integrazione finanziaria, che conferma che la politica monetaria aggressiva iniziata nell’estate del 2012 ha potuto eliminare il rischio di rottura traumatica dell’unione monetaria, riducendo significativamente gli spread, ma non ha – né poteva – inciso sui fenomeni che hanno di fatto ridotto ai minimi termini il mercato unico e riportato i sistemi bancari alla dimensione nazionale”.

“I flussi cross-border – scrive il quotidiano di Confindustria – a cominciare da quelli bancari, si sono ridotti drasticamente, anzi – come già documentato dal Fondo monetario – le banche dei Paesi centrali hanno migliorato i loro coefficienti patrimoniali riducendo significativamente la loro esposizione verso i Paesi periferici. Insomma, la parola d’ordine delle banche europee è: ognuno per sé (e la Bce per tutti, ovviamente)”.

“È certo un bene che gli spread siano tornati ai livelli minimi dal 2011 e che il mercato abbia riaperto le porte persino a Portogallo e Grecia – sottolinea l’estensore dell’articolo – ma si tratta di condizioni necessarie, non sufficienti per risolvere la crisi europea e sia la Bce che il Fondo non si stancano di ripetere che senza credito non ci sarà ripresa economica degna di questo nome. E il rapporto presentato ieri ci dice (meglio: conferma) che la montagna da scalare per far ripartire il credito è ancora molto alta”.

“La Bce – si legge sempre nell’articolo – aggiunge nuovi dati alla questione già nota dell’alto costo del credito per le piccole e medie imprese, dunque per il cuore del nostro sistema produttivo. A differenza di quanto è avvenuto per lo spread sui titoli governativi, le imprese dei Paesi periferici hanno visto peggiorare due tipi di spread: quello rispetto alle aziende omologhe dei Paesi centrali e quello rispetto alle aziende grandi del loro Paese. E, significativamente, né l’uno né l’altro sono diminuiti (salvo che negli ultimi mesi) mentre si riduceva significativamente il tasso sui titoli pubblici. In altre parole, l’enorme flusso di liquidità immesso dalla Bce negli ultimi due anni non ha avuto effetti benéfici, neppure indiretti, sul credito alle imprese”.

“È particolarmente significativo – prosegue l’articolo – il peggioramento delle condizioni relative all’interno dei Paesi periferici: il differenziale di tasso dei prestiti piccoli rispetto a quelli grandi è aumentato di circa 60 punti base dal 2010, mentre è rimasto sostanzialmente invariato negli altri Paesi”.

“Il credit crunch – conclude l’analisi de Il Sole 24 Ore – non allenta quindi la sua morsa: il flusso di prestiti continua ad inaridirsi e le condizioni appaiono sempre restrittive”.

Dal quotidiano della Confindustria non arriva solo una lezione di stile a chi fornisce informazioni economiche sbagliate agl’italiani – la ‘pupiata’ della ‘ripresa’ che non c’è -: arriva anche una lezione di economia a chi continua a celebrare i fasti di un euro che in Italia ha portato solo grandi disastri economici e finanziari.


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