Il maxi-sequestro di martedì notte è arrivato pochi giorni dopo un altro fermo nei pressi di Riposto. La sensazione è che il mercato parallelo che si muove lontano dal sistema delle quote sia ripartito. In ballo ci sono profitti importanti a fronte di rischi esigui
Dal Palermitano a Ognina per i tonni di contrabbando Il porto catanese punto di riferimento per mezza Sicilia
Dal borgo marinaro di Porticello, nel piccolo comune palermitano di Santa Flavia, a Ognina. Oltre 250 chilometri. È la distanza che lunedì sera è stata percorsa dal 42enne che, intorno alla mezzanotte, è stato fermato dalla guardia di finanza poco dopo essere uscito dal porticciolo etneo. Al bordo del furgone guidato dall’uomo, i militari della sezione navale hanno trovato 19 esemplari di tonno rosso, per un peso complessivo di oltre tre tonnellate. Si tratta del secondo sequestro nel giro di pochi giorni effettuato dalle forze dell’ordine lungo la costa ionica. Domenica notte, nove pesci della stessa specie erano stati intercettati nei pressi di Riposto dalla guardia costiera. Il tutto è avvenuto quasi in concomitanza con l’apertura della campagna di pesca che in tutta Europa è regolata dal sistema delle quote, meccanismo che – ufficialmente per tutelare la presenza nei mari di uno dei pesci più ricercati nei mercati internazionali, con la diffusione della cultura del sushi – concentra in poche mani il diritto di catturare i Thunnus thynnus Linnaeus. Chi non ha quote, non può pescare tonni rossi.
Così come accade in tutti i settori interessati da business particolarmente redditizi, anche in questo caso, esiste un mercato di contrabbando che riempie i banconi delle pescherie di tutta la Sicilia. Il fenomeno, ogni anno, interessa tanti punti d’approdo dell’isola e anche l’anno scorso aveva visto Ognina protagonista di diversi sbarchi e relativi sequestri. La sensazione è che la situazione possa presentarsi inalterata anche in questa stagione. Anzi, c’è di più. L’avere appurato che l’acquirente dei tonni non era catanese, ma arrivasse dall’altra parte della Sicilia, ha portato gli investigatori a ipotizzare che il piccolo porto catanese possa essere diventato un punto di riferimento per buona parte dell’isola. A comprare sarebbero anche commercianti del Messinese. Ognina, inoltre, non sarebbe l’unico punto di sbarco. I tonni rossi verrebbero scaricati, il più delle volte in orari notturni, anche dalle parti di Pozzillo e Stazzo, entrambe frazioni marinare di Acireale. Stando a quanto risulta a MeridioNews sarebbero più di uno i pescherecci che impegnati nella pesca illegale.
Il 42enne conducente del furgone è risultato lavorare per una ditta individuale intestata a una 41enne, che ha sede legale a Santa Flavia (Palermo) e ha come oggetto sociale la vendita all’ingrosso di pesce, ma a cui fanno riferimento anche diversi punti vendita al dettaglio a Bagheria. Secondo le stime della guardia di finanza, il pesce sequestrato avrebbe potuto fruttare più di 40mila euro. Ed è dietro queste cifre che starebbe il motivo per cui tanti commercianti decidono di cercare di accaparrarsi il tonno rosso rivolgendosi al mercato clandestino. A fronte di guadagni importanti, il rischio che si corre è quello di una multa di poche migliaia di euro. Si tratta, infatti, di infrazioni punite con sanzioni amministrative ma che non prevedono segnalazioni di profili penali in procura. Il gioco, insomma, vale la candela. A confermarlo sarebbe stato lo stesso conducente che avrebbe ammesso ai finanzieri che la possibilità di un sequestro era stata messa in conto dal proprio datore di lavoro.
Intanto, si attende il responso delle analisi effettuate dai veterinari dell’Asp, a cui spetterà stabilire se i 19 pesci sono idonei al consumo umano. Qualora così fosse, i tonni, che attualmente si trovano chiusi in una cella frigorifera sigillata del Mercato agroalimentare, verranno donati al Banco alimentare. La prassi di dare in beneficenza la merce sequestrata è stata introdotta da qualche anno, dopo che per lungo tempo la norma prevedeva che i pesci venissero messi all’asta. Un iter che, però, troppo spesso avrebbe consentito agli stessi commercianti coinvolti nel sequestro a rientrare in possesso dei tonni, tramite l’utilizzo di prestanomi.