Da Santa Venerina alla Cina, un tecnico giramondo Pappalardo si racconta: «Trattato da professionista»

Settemilacinquecento chilometri, in linea d’aria. È questa la distanza tra Santa Venerina e Bayannur, Mongolia Interna (una regione della Cina), a due passi dal confine tra Repubblica Popolare Cinese e Mongolia. Una città di un milione e settecentomila abitanti a circa due ore di volo da Pechino, sconosciuta ai più. Lo era, fino a qualche mese fa, anche per Salvatore Pappalardo, 33 anni, tecnico reduce dall’esperienza con lo Sporting Viagrande (Promozione) nella scorsa stagione, come allenatore in seconda. La volontà di esplorare nuovi confini e di trovare giusta dignità e retribuzione al suo lavoro lo ha spinto a lasciare nuovamente la Sicilia, dopo avere allenato nella stagione 2016-2017 in una squadra giovanile di Maiorca (Spagna).

«Circa due anni fa – racconta Pappalardo a MeridioNews – ho cominciato a leggere di importanti investimenti e di nuove opportunità lavorative, in paesi come Cina, Emirati Arabi e Stati Uniti. Su internet non c’è un vero posto dove poter trovare un contatto con queste realtà, se non a pagamento. Così – prosegue il mister – ho cominciato a vedere se ci fosse qualcosa su Facebook, trovando il gruppo Allenatori in Cina. Dopo un paio di candidature andate a vuoto, lo scorso aprile sono stato scelto, prendendo poi contatto con la scuola di Bayannur grazie a Michele Luzi, mio predecessore».

Il suo ruolo è quello di insegnare calcio in un istituto superiore ad indirizzo sportivo. Un lavoro arrivato dopo un iter burocratico estenuante, per ottenere tutti i documenti necessari a potersi trasferire in Asia. La volontà, a livello governativo, è quella di espandere il calcio ad ogni angolo della Cina. «Parto da una programmazione stagionale – specifica Pappalardo – che poi si declina in obiettivi mensili e settimanali. Accompagno inoltre l’attività in campo con interventi formativi a carattere teorico. La scuola mette a disposizione aule cineforum, computer e quant’altro. In generale faccio due sedute giornaliere – prosegue l’intervistato – una al mattino e una al pomeriggio per cinque giorni a settimana. Il sesto dipende da eventuali partite».

Il calcio, in Cina, non gode del seguito e della conoscenza che possono vantare i paesi europei e sudamericani. Le difficoltà, nel lavoro di tutti i giorni, non mancano affatto: in primis, a livello comunicativo. «Nessuno dei ragazzi ha un livello di inglese sufficiente – ammette il mister – così devo sempre avvalermi del mio interprete che, per quanto sia bravo nella traduzione, non possiede un linguaggio tecnico». Ci sono anche problemi di natura attitudinale: «I miei alunni non hanno, almeno qui, alcuna idea dei principi di allenamento. Ho dovuto modificare, per questo, programmazione e metodi di lavoro. Nonostante il governo spinga a una diffusione maggiore, il calcio a Bayannur – ricorda Pappalardo –  è solo un passatempo. Non c’è neanche una squadra che rappresenti la città nei campionati cinesi». 

La convivenza con temperature che a gennaio possono anche arrivare a -20° non è problematica. Ciò che conta, nel valutare la qualità della vita, è ben altro: «Finalmente qui  – osserva con orgoglio il tecnico etneo – riesco ad essere trattato come un professionista dell’insegnamento del gioco, in tutti i sensi». A mancare sono, chiaramente, gli affetti: «La mia ragazza – ricorda Salvatore – il mio cane e qualche uscita con gli amici più cari». La Sicilia però, nonostante un’esperienza al Calcio Catania come allenatore dei portieri nelle giovanili, non è nei suoi orizzonti : «Ho già fatto l’errore di rientrare dalla Spagna nella scorsa stagione: a meno di proposte veramente importanti, non tornerò in Italia». La forza di coltivare i propri sogni, è proprio il caso di dirlo, permette di valicare barriere ai più insormontabili.


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