Da Roma 900 milioni a Sicilia, ne mancano 500 Ardizzone: «Soldi nostri, nessuno ci fa cortesie»

A ottobre era scattato il campanello d’allarme perché nella manovra finanziaria non c’era nemmeno un euro destinato alla Sicilia. Poi si era fatto affidamento sugli emendamenti. E in effetti stanotte i relatori della legge di Stabilità ne hanno presentato uno che interessa da vicino la Regione: 900 milioni di euro destinati da Roma a Palermo per il 2016. La somma, si spiega, viene assegnata anche «alla luce dell’adempimento nel 2015 da parte della Sicilia degli impegni in materia di contenimento delle spese e a condizione di un aggiornamento dell’intesa Stato-regione siciliana in materia di contenimento della spesa 2016». All’appello però mancano ancora 500 milioni di euro. Era infatti di 1,4 miliardi di euro la somma necessaria per chiudere il bilancio. 

«È un fatto gravissimo che il bilancio della Regione non sia ancora arrivato all’Ars – ha tuonato il presidente dell’Assemblea regionale, Giovanni Ardizzone -. Io mi sono stancato di fare richiami, il governo deve venire in aula. Ho letto che ci sarebbe un emendamento per la Sicilia di 900 milioni di euro e non per un miliardo e 400 milioni alla legge di stabilità nazionale, ma di cosa stiamo parlando? Sono soldi nostri, nessuno ci fa delle cortesie – ha aggiunto – confermo che così lo Stato è vampiro, e se qualcuno vuole fare il maestrino in politica in Sicilia pontificando dall’alto di un posto al Parlamento nazionale se lo può togliere dalla testa, qui non ci sono fessi». 

Il miliardo e 400 milioni chiesto a Roma è figlio di un lungo confronto tra governo siciliano e nazionale, segnato anche da momenti di forte tensione. La cifra insufficiente di 900 milioni è arrivata come una doccia fredda. Tuttavia, spiegano fonti del Pd all’Ansa, sarebbe ancora un «cantiere aperto» l’emendamento presentato dai relatori. «È in corso un impegno massiccio da parte dei parlamentari siciliani dem, ma anche di Udc, Ncd, del sottosegretario Davide Faraone e del governo con in testa il presidente Rosario Crocetta e l’assessore all’Economia Alessandro Baccei, per far sì che alla Sicilia sia assegnato quanto le spetta», si sottolinea. 

Se così non fosse quali sarebbero le conseguenze? Prova a fare i conti il presidente della commissione Finanze dell’Ars, Vincenzo Cinciullo. «Se non arriveranno da Roma i 500 milioni che il governo ha sottratto, saremo costretti ad applicare un taglio lineare del cinque per cento su tutte le voci del prossimo bilancio», spiega all’Agi. Per Vinciullo la soluzione «ormai inevitabile è andare a votare l’esercizio provvisorio del bilancio. È l’unica soluzione tecnica – ha precisato – per poter chiudere il bilancio prima possibile in attesa che da gennaio si possa intervenire con una soluzione mirata». In realtà un’alternativa ci sarebbe tocca ancora una volta la Sanità, non tagli, ma una riduzione dal 49 al 42 per cento della partecipazione della Regione alle spese. «Il decreto Bindi – continua Vinciullo – allora ci aveva penalizzati con l’innalzamento dell’aliquota, oggi abbiamo ampiamente dimostrato che il bilancio della sanità è in pari, la Sicilia non deve essere più punita, si riporti la quota di compartecipazione a quella delle altre regioni».

Rincara la dose Riccardo Savona, vicepresidente della commissione. «Se passa questo emendamento, la Sicilia non ce la fa, non ci sarebbero i soldi per i trasferimenti ai Comuni. Noi incassiamo solo 10 miliardi l’anno, 6 miliardi e mezzo li diamo alla sanità, paghiamo i mutui, e lo Stato si trattiene un miliardo e 300 milioni. La Sicilia è bloccata». 


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