«Ormai da anni abbiamo perso la dignità dello stipendio. I soldi arrivano senza una cadenza stabilita e a importi variabili. Una volta 200, un’altra 400, ma devi insistere, starci dietro, elemosinare. Io non vedo uno stipendio intero da sei mesi, e ho tre figli. Qualche collega si è dovuto vendere la casa per andare avanti». Everisto è un autista delle ditta Buda e Sag, con sede a Giarre. Lui e gli altri 17 dipendenti la disperazione hanno cominciato a conoscerla ormai tanti anni fa. «La più piccola dei miei figli ha 12 anni ed è stata abituata a crescere nelle limitazioni: questo non si può fare, questo neanche. Senza lo stipendio, io sono un soggetto inaffidabile per le banche, non posso avere credito. E non posso neanche sospendere il mutuo per la casa». Il decreto Cura Italia dà questa possibilità, vista l’emergenza coronavirus, ma solo per chi è in regola con le rate. «Io ne ho sei arretrate. E la beffa è che avanzo circa 20mila euro dalla ditta, ma nel Cud risulta che questi soldi li ho incassati».
«A dicembre abbiamo scioperato e sono arrivate nuove promesse – gli fa eco Gianni, un collega – da quattro mesi ci dicono: i soldi ora arrivano, stanno arrivando. Io sono separato, devo pagare il mantenimento e non l’ho potuto fare. Per questo ho subìto pure denunce penali. E in questa emergenza, con l’azienda che non prende neanche i soldi degli abbonamenti, la situazione non può che peggiorare».
Il dramma dei lavoratori delle due società di autotrasporto giarresi è la punta di un iceberg. Per Buda e Sag i problemi non nascono certo dal Covid-19, e sono strutturali. «L’azienda Buda non è in regola né col Durc, né con Equitalia», conferma Antonio Natale, direttore di Anav Sicilia, l’associazione che rappresenta le ditte di autotrasporto. Tesi confermata anche dall’assessorato regionale alle Infrastrutture. Irregolarità che hanno bloccato i pagamenti, previsti da contratto, della Regione: le ultime liquidità versate risalgono al secondo trimestre del 2019. In questi giorni è in corso un’interlocuzione tra il dipartimento Infrastrutture, l’Anav e l’azienda.
«La Regione ha due strade – spiega Natale – o aspetta che la società rientri dai debiti e presenti un Durc positivo, o si sostituisce all’azienda e paga al suo posto Inps ed Equitalia con i soldi che dovrebbe dare per contratto alla società». Per il sindacato Faisa-Cisal ci sarebbe pure una terza strada: «Che la Regione, con un pizzico di buon senso, paghi direttamente i 18 lavoratori o quanto meno eroghi immediatamente un congruo acconto per evitare eventi non controllabili, dovuti all’esasperazione». Una soluzione prevista dalla legge. Ma nelle ultime ore, mentre sembrava prendere corpo la sostituzione della Regione alla società, l’azienda avrebbe invece preso ulteriore tempo per la dilazione del debito.
Nelle ultime settimane la crisi si sta espandendo a macchia d’olio in tutto il settore. «Molti lavoratori non prendono stipendi da cinque mesi, soprattutto nell’Agrigentino la situazione è pesante», denuncia Sergio Crisafulli, portavoce del sindacato Faisa-Cisal. Oggi i collegamenti sono ridotti al minimo e solo nelle fasce orarie stabilite dalle ordinanze della Regione. In Sicilia metà delle entrate delle ditte di trasporto arrivano dal contratto con la Regione (che ne ha confermato il pagamento integrale) e metà dallo sbigliettamento, che adesso è quasi azzerato (per coprire queste perdite, le associazioni di categoria chiedono alla Regione un fondo straordinario).
I lavoratori dall’1 aprile e, per nove settimane, sono in cassa integrazione. E dopo? Il futuro di un settore che nell’isola conta tremila dipendenti diretti e il doppio con l’indotto, è nebuloso. «Pensare che tra poco tutto tornerà alla normalità è follia – spiega Antonio Graffagnini, presidente regionale dell’Anav – Anche quando si sbloccherà la mobilità delle persone, il distanziamento dentro i mezzi pubblici verrà mantenuto. Questo significa che su un autobus viaggeranno venti persone. E per rispondere alla domanda serviranno più autobus, più personale. I costi raddoppieranno».
Intanto un emendamento al decreto Cura Italia, in via di approvazione definitiva, stabilisce che le attuali concessioni devono essere prorogate per almeno 12 mesi a partire dalla fine dell’emergenza. In Sicilia le proroghe non sono una novità, anzi sono una prassi a cui da più parti si è chiesto di mettere fine. Servirebbe, finalmente e per la prima volta, una gara pubblica. A questo, da mesi, lavora la Regione che ha fatto sedere al tavolo le associazioni di categoria e i sindacati. Ma l’emergenza coronavirus rischia di fare saltare tutto. «Quando si appronta un bando di gara – sottolinea Graffagnini – serve definire i servizi minimi. Ma adesso tutto è rivoluzionato, bisogna riformulare le offerte del trasporto. Anche perché, a mio avviso, serviranno almeno due anni prima di tornare alla normale remuneratività del servizio».
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