Da Castelbuono al Fermilab di Batavia, la storia di Marina «Felice di partire, ma spero di poter tornare a lavorare qui»

Da piccola voleva fare la dottoressa. Con il camice bianco tra le corsie di un ospedale. A 26 anni Marina Scialabba, lunghi capelli ricci e un sorriso che contagia, è già un ingegnere meccanico. Con una borsa di studio internazionale in tasca. A febbraio volerà negli States. A Batavia la attende il Fermi National Accelerator Laboratory (Fnal), ovvero la casa delTevatron, l’acceleratore di particelle più potente al mondo fino al 2010, anno in cui anno in cui è stato spodestato dall’Lch del Cern. Non chiamatela, però, un cervello in fuga. «Sono molto entusiasta, non vedo l’ora di partire – racconta a MeridioNews -. Spero di poter tornare in Italia a lavorare, sfruttando qui quello che ho imparato in America. Certo, so che non è facile perché nel nostro Paese la meritocrazia spesso fa fatica ad affermarsi».

Nove settimane negli Usa che potrebbero cambiare per sempre la sua vita. Un’opportunità da cogliere al volo. Lo sa bene la 26enne nata a Castelbuono, piccolo centro del Palermitano, che suona la tastiera e che nel marzo del 2014 ha tagliato il traguardo della laurea all’Università del capoluogo. Attraverso un concorso nazionale si è aggiudicata un assegno messo in palio annualmente daCni (Consiglio nazionale ingegneri), Scuola superiore di formazione professionale per l’ingegneriae ordini professionali territoriali d’intesa con l’Issnaf, la Italian Scientists and Scholars in North America Foundation. L’unica palermitana nell’elenco deiventiquattrovincitori, tra i quali ci sono anche altri due ingegneri siciliani, appartenenti agli ordini provinciali di Siracusa e Catania.

«Mi auguro sia un trampolino di lancio per la mia carriera – dice Marina, iscritta all’Ordine degli ingegneri di Palermo -. Di certo sarà un momento formativo che mi darà tanto sia da un punto di vista professionale che personale». Felice e spaventata. «In positivo» si affretta a precisare. Perché l’esperienza sul campo a Batavia è «un treno che capita una volta nella vita, so che mi aspetta un mondo completamente diverso. Nell’immaginario collettivo le città in America appaiono gigantesche, molto più grandi delle nostre metropoli. Sarà un bel cambiamento che un po’ mi destabilizza, ma non vedo l’ora di partire».

Nel celebre centro Fermilab intitolato a Enrico Fermi, con sede a poche miglia da Chicago, dovrà svolgere uno studio sui rivestimenti interni delle grandi strutture tubolari e, in particolare, sulle loro caratteristiche meccaniche e termiche. «Conoscerò i dettagli soltanto dopo il mio arrivo – dice la giovane castelbuonese –. Partecipare alle attività di un centro di ricerca così prestigioso mi permetterà di mettere alla prova e ampliare le conoscenze acquisite durante gli studi accademici». Dopo la laurea Marina ha insegnato in una scuola e poi per sette mesi ha lavorato in un’azienda che forniva servizi di saldatura e carpenteria industriale ad altre società come ingegnere. Un contratto non rinnovato, come capita spesso oggi. «Adesso ho ripreso a insegnare in due istituti tecnici di Palermo e Termini Imerese». 

Un lavoro che le piace, assicura, ma «da grande voglio fare l’ingegnere. È quello per cui ho studiato e spero di poterlofare in Italia». Perché la fuga di cervelli è «un fallimento per il Sistema-Italia», soprattutto perché la formazione dei giovani universitari italiani non ha nulla da invidiare a quella dei colleghi stranieri. «L’Ateneo di Palermo garantisce, almeno nel mio settore, un’ottima formazione – assicura – . Purtroppo in molte aziende c’è una sorta di pregiudizio nei confronti delle università del Sud. Così tanti ragazzi emigrano per completare i loro percorsi di studio e avere maggiori chance lavorative».

Una mobilità a senso unico nella maggior parte dei casi. Legata a un mercato del lavoro che risente negativamente di «una crisi che è innanzitutto etica e di sistema ed è questo il primo motivo per cui spesso si parla di fuga di cervelli» spiega Giovanni Margiotta, presidente dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Palermo. È stato lui insieme allo storico ex presidente Renato Cannarozzo ha consegnare nei giorni scorsi alla ventiseienne una medaglia del Cni, affidata a Margiotta durante il recente congresso nazionale degli ingegneri a Venezia. «L’unica vera speranza sono i giovani – spiega – perché, come dice una massima attribuita ad Albert Einstein, nessun problema può essere risolto dallo stesso livello di coscienza che lo ha creato. Sappiamo che all’estero i meritevoli sono premiati, ma le esperienze formative dei nostri giovani nelle grandi realtà internazionali rappresentano un’occasione potenziale anche per il nostro Paese». 

Insomma, per il presidente dell’Ordine degli ingegneri di Palermo l’auspicio è che possa esserci «un’onda di ritorno, che un giorno i giovani possano portare in dote alla nostra comunità nazionale le competenze maturate all’estero e con nuova linfa contribuire alla ripresa e allo sviluppo». Ma perché ciò avvenga è «indispensabile che la politica si sforzi di creare condizioni favorevoli». Per il rientro dei cervelli e il progresso del Paese.


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