Claudio Tamagnini, 61 anni, ha lasciato figli, nipoti e la sua azienda agricola per partecipare alla missione che vuole rompere il blocco imposto dal governo israeliano. Stanotte la più grande delle imbarcazioni è stata fermata. Senza l'uso della forza, dicono fonti di Gerusalemme. «È un sequestro in acque internazionali», denunciano gli attivisti
Da Alcamo a Gaza, sulla Freedom Flotilla La spedizione attaccata stanotte da Israele
A 61 anni ha lasciato figli e nipoti e la sua azienda di agricoltura biologica ad Alcamo ed è salito sulla nave Juliano II per partecipare alla terza edizione della Freedom Flotilla. Claudio Tamagnini, pacifista e attivista No Muos, è l’unico italiano a far parte della spedizione che ha la missione di interrompere il blocco israeliano al porto di Gaza, ridotta alla fame per la mancanza di cibo, energia e servizi essenziali. Il sessantenne di Alcamo ha assistito a quanto successo stanotte, quando la più grande delle imbarcazioni, il peschereccio svedese Marianne, è stato abbordato dall’esercito israeliano e condotto nel porto di Ashdod. Le uniche notizie ufficiali arrivano da fonti israeliane che parlano di azione senza uso della forza. Ma il portavoce in Italia della Freedom Flotilla, Tiziano Ferri, denuncia: «Abbiamo perso i contatti alle due, quando le navi si trovavano ancora in acque internazionali, a 100 miglia di distanza da Gaza, seguivamo la posizione in tempo reale. È un’azione di pirateria, l’equipaggio è stato sequestrato. Ma la comunità internazionale non reagisce, non chiede spiegazioni a Israele, cosa sarebbe successo se fosse stato un Paese non simpatico a fare la stessa cosa?».
Secondo quanto riferisce il rappresentante siciliano del Coordinamento di solidarietà con la Palestina, Zaher Darwish, Tamagnini ha mandato un messaggio audio alla moglie nei minuti successivi all’abbordaggio israeliano. Avrebbe descritto quanto successo con poche parole. «Ha detto: “hanno attaccato la Marianne, noi stiamo invertendo la rotta”», racconta. La conferma arriva anche da un altro componente dell’equipaggio, Ehab Lotayef, ingegnere egiziano e attivista per i diritti umani che da 25 anni vive in Canada: «Sono a bordo di Rachel (una delle tre imbarcazioni più piccole che accompagnavano il peschereccio svedese ndr) – ha scritto – stiamo tornando verso la Grecia. Il piano originale per questa flottiglia era quello di avere tre imbarcazioni che dovevano arrivare a Gaza e tre che le accompagnavano. Solo una imbarcazione e quelle che la accompagnavano sono riuscite a partire finora. Marianne, la prima imbarcazione, è stata intercettata dagli israeliani qualche ora fa e per quello che ne sappiamo li stanno portando verso Ashdod. Noi, delle imbarcazioni che accompagnavano, Rachel, Vittorio e Juliano II stiamo tornando indietro verso la Grecia, come da piano originale».
A bordo della Marianne, tra gli altri ci sono l’ex primo ministro tunisino Moncef Marzouki, un parlamentare israeliano, Basel Ghattas, e un’europarlamentare spagnola, Ana Miranda, oltre a giornalisti della tv araba Al Jazeera, della neozelandese MaoriTv, e diversi freelance. «Non abbiamo avuto nessuna notizia perché Israele, come sempre, scherma le comunicazioni prima dell’assalto», spiega Tiziano Ferri che si dice preoccupato per le loro condizioni. «Anche nel 2010, quando dieci membri dell’equipaggio vennero uccisi, Israele aveva assicurato in un primo momento di non aver usato la forza, la stessa cosa tre anni fa quando gli attivisti sono stati attaccati con pistole elettriche».
Prima di partire per Gaza, la Freedom Flotilla ha fatto sosta a Palermo e Messina, dove ha ricevuto il sostengo del governatore Rosario Crocetta, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e di quello di Messina Renato Accorinti. È a loro che l’organizzazione chiede adesso di intervenire per fare pressione sul governo italiano. «Accorinti ha promesso che si farà sentire – spiega Darwish – noi chiediamo al presidente della Repubblica, al premier Matteo Renzi e a Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera dell’Ue di convocare l’ambasciatore israeliano per chiarire quanto successo». Finora nessuno ha chiesto spiegazioni. «Il primo ministro israeliano – sottolinea Ferri – aveva dichiarato apertamente che avrebbe arrestato e rispedito a casa gli attivisti e che lo avrebbe fatto in acque internazionali. Quando un governo fa queste affermazioni senza alcun timore, cosa può succedere ai suoi privati cittadini?».