È alta la vigilanza degli agenti su reati che viaggiano in rete: dal bullismo allo stalking, dall'adescamento all'estorsione. Alcuni fenomeni sono stabili mentre altri in aumento, come il cryptolocker, un malware che blocca i dati del computer e richiede una somma in denaro per la chiave di decifratura
Cyberstalking, virus e ricatti: l’allarme della polizia postale Meno casi di sex estortion ma crescono episodi di hacking
Pedopornografia, cyberbullismo e sex estortion. Questi sono solo alcuni dei reati sui quali la polizia postale, assieme alla pedopornografia online e all’adescamento di minori, mantiene alta l’attenzione e che controlla costantemente passando al setaccio il web. Molti di questi fenomeni sono stabili mentre altri, invece, crescono inesorabilmente, come per l’hacking. Ad accendere i riflettori su questi casi sono gli uffici di polizia postale e delle Comunicazioni Sicilia Occidentale di Palermo: i reati di violazione di sistemi informatici sono in netta ripresa, aumentati del 15 per cento rispetto allo scorso anno. Parallelamente, cresce l’attività di contrasto alla criminalità informatica in generale come testimoniano i numeri raggiunti nel 2017: tra il capoluogo e provincia, sono 87 le persone denunciate in stato di libertà, delle quali sette per pedopornografia, otto per hacking, 32 per financial cybercrime e 23 per reati contro la persona. Quattro soggetti, inoltre, sono stati arrestati e, in un caso, proprio per pedopornografia.
Ad impensierire maggiormente gli agenti della polizia postale sono soprattutto i reati che riguardano i minori. Tra questi, c’è anche il cyberbullismo, un fenomeno «sotto controllo e stabile», assicura la polizia del capoluogo. Lo scorso anno sono stati denunciati quattro atti persecutori per «un uso aggressivo dei social, ma senza conseguenze gravi». Le indagini sono ancora in corso, puntualizzano dagli uffici, e coinvolgono minorenni di età superiore ai 14 anni: si tratta per lo più di episodi che riguardano l’uso di piattaforme social meno diffuse – che garantiscono l’opportunità di interagire in forma anonima con i profili registrati – ma non tutte collaborano volontariamente con le forze di polizia. Normalmente ad agire è sempre una persona, raramente il gruppo, quasi sempre conoscenti o amici della vittima, perché non viene scelto un profilo a caso. È il «lato virtuale del bullismo reale: siamo in contatto con le scuole e gli insegnanti per una corretta prevenzione con i giovani – sottolineano le forze dell’ordine -, ma sarebbe molto meglio evitare i social che consentono di agire in anonimato».
Un altro esempio di uso violento delle piazze virtuali è il cyberstalking: nella totalità dei casi le vittime sono donne – nel 2017 si contano 10 episodi – e quasi sempre i molestatori hanno un punto di contatto reale con la vittima – dall’ex fidanzato al vicino di casa – e agiscono con identità fittizia. Un’attività che prende di mira quasi esclusivamente gli uomini è, invece, la sex extortion, il cui trend, però, è in forte calo: lo scorso anno sono stati denunciati 45 episodi, il 30 per cento in meno dell’anno precedente (85 nel 2016). In questi casi, gli utenti adescati sui social sono invitati in chat private dove si consuma la provocazione sessuale, e poi scatta il ricatto: per evitare che le immagini intime siano diffuse sul web, viene chiesta una somma in denaro. Ma «quasi nessuno paga perché tutte le vittime denunciano, spesso il giorno stesso – spiegano gli agenti – Forniamo tutti i consigli tecnici per porre rimedio, ma dopo la segnalazione ai gestori della piattafoma, il video viene rimosso subito».
In crescita lenta ma costante, invece, i fenomeni collegati all’hacking, in particolare al cryptolocker: si tratta di un malware (un software malevolo) che cripta i dati del computer e richiede il pagamento di una somma in denaro per la chiave di decifratura. Un fenomeno «in espansione perché chi utilizza questo stratagemma lo diffonde attraverso delle mail anche se l’infezione non è automatica: occorre cliccare su un link. Si calcola che nel 2017 ci sono stati 127 casi accertati (107 nel 2016), in pratica 11 casi al mese (nove l’anno precedente). Un fenomeno che può essere contrastato soprattutto per mezzo della prevenzione.
«Il pericolo maggiore non riguarda tanto l’utente domestico – mettono in guardia gli agenti -, ma un’attività, soprattutto quelle più piccole che sottovalutano il rischio. In caso di contagio, però, il virus può intaccare tutti i dati dell’azienda mettendola in ginocchio». Un rischio che tocca da vicino chi lavora molto con la posta elettronica: come è capitato a un piccolo operatore turistico nel Palermitano che ha perso tutti i dati. Per mettersi al riparo, la polizia postale consiglia quindi di aggiornare costantemente antivirus e antimalware e, nel caso si custodiscano sul proprio disco dati importanti, «il backup è fondamentale ma in pochi lo fanno. Un fenomeno ormai diffuso da molti anni – concludono – ma si continuano a ignorare gli allarmi».